Il mercato del lavoro rallenta e travolge i giovani italiani

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Il mercato del lavoro italiano rallenta ancora. E pur rimanendo a livelli record, continua a fare su e giù come sulle montagne russe. Travolgendo, come sempre nei momenti di crisi, soprattutto i giovani.

Dopo l’aumento degli occupati di ottobre seguito alla frenata di settembre, a novembre 2024 l’Italia torna a perdere posti di lavoro. Non tanti, a dir la verità: l’Istat certifica una riduzione mensile dello 0,1 per cento, pari a tredicimila unità. Ma il vero problema continua a essere il calo dei disoccupati (meno ventiquattromila) – quelli che un lavoro non ce l’hanno e lo cercano – quasi totalmente compensato dalla crescita degli inattivi (più ventitremila), ovvero quelli che non un lavoro non ce l’hanno ma non lo cercano neanche. Un travaso che va ad alimentare il bacino degli scoraggiati del mercato del lavoro italiano. Soprattutto tra i giovanissimi: solo nella fascia tra i 25 e i 34 anni, il tasso di inattività è cresciuto dell’1,2 per cento in un solo mese.

Il tasso di disoccupazione, al 5,7 per cento a novembre, è sì il più basso da quando esistono le serie storiche. Ma non è una notizia positiva, perché nell’ultimo anno il tasso di inattività è cresciuto dello 0,7 per cento, raggiungendo la soglia del 33,7 per cento, la più alta d’Europa.

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Con il risultato preoccupante che in un anno gli inattivi sono cresciuti tanto quanto gli occupati: +323mila contro +328mila. Anzi, in termini percentuali crescono quasi più del doppio rispetto ai nuovi posti di lavoro, con +1,4 per cento di occupati e +2,6 per cento di inattivi nei dodici mesi.

E sono i giovani a subire di più la debolezza del mercato. In un mese, i giovanissimi fino a 24 anni perdono ventinovemila posti di lavoro, con diciassettemila inattivi in più e altrettanti disoccupati in meno. Quelli che cercavano un lavoro e non l’hanno trovato, dunque, hanno smesso di cercarlo. Peggio ancora tra i 25 e i 34 anni, tra i quali si contano trentaseimila occupati in meno e gli inattivi sono aumentati di settantaquattromila unità. L’occupazione cresce solo tra gli over 35, con più diciannovemila occupati. E soprattutto tra gli over 50, con più trentatremila occupati.

A contare non è solo l’invecchiamento della popolazione e la permanenza dei lavoratori senior nelle azienda dovuta all’aumento dell’età pensionabile. Perché anche al netto della componente demografica, si vede che sono gli under 35 a perdere terreno, con una riduzione degli occupati dell’1,7 per cento e un aumento degli inattivi del 5,1 per cento. Mentre gli over 50 guadagnano un più 2,9 per cento di occupazione e vedono ridurre gli inattivi del 3,8 per cento.

Non è un caso, allora, che a diminuire siano unicamente i contratti a termine, concentrati soprattutto tra i giovani. Il calo degli occupati di novembre, rispetto al mese precedente, si deve infatti alla continua emorragia di contratti a tempo determinato (-58mila in un mese), mentre aumentano ancora quelli a tempo indeterminato (+28mila). In un anno, i contratti stabili aggiuntivi sono mezzo milione in più, mentre quelli a termine si sono ridotti di 280mila unità. Tra gli autonomi, invece, se ne contano 108mila in più (la domanda è quante di queste partite Iva in più siano vere e quante invece nascondano rapporti di lavoro subordinati).

Dato positivo è invece l’aumento dell’occupazione femminile, che in Italia resta pur sempre la più bassa d’Europa. A novembre tra le donne si registra un aumento di ventunomila posti di lavoro e un calo del tasso di disoccupazione di 0,2 punti. A differenza degli uomini, le donne occupate in un anno sono aumentate più delle inattive (+200mila contro +168mila). Mentre, dopo il boom di ottobre, calano gli occupati tra gli uomini (meno trentaquattromila), segno probabilmente della difficoltà dell’industria (dove il lavoro maschile è concentrato), in cui aumentano i tavoli di crisi e il conseguente ricorso alla cassa integrazione – anche se l’Inps ha deciso di modificare il calendario delle diffusioni dei dati da mensile a trimestrale e quindi l’ultimo dato sulle ore di cig è stato pubblicato a fine ottobre.

Il tasso di occupazione totale resta quindi stabile al 62,4 per cento, al suo record da mesi, ma sempre il più basso d’Europa. Quello di disoccupazione scende al 5,7 per cento, toccando anche questo un record al ribasso. Ma il focus dovrebbe essere posto sul tasso di inattività, salito ormai al 33,7 per cento. Segno di un mercato fortemente polarizzato. Se da una parte c’è chi cerca lavoro e lo trova, un terzo della forza lavoro italiana non ha un lavoro e ha anche smesso di cercarlo. Soprattutto tra i più giovani.



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