Disturbi del comportamento alimentare, ne soffrono 3 milioni di italiani

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I disturbi del comportamento alimentare, DCA, sono un complesso insieme di patologie psichiatriche che si manifestano attraverso una relazione disfunzionale con il cibo, il corpo e l’immagine di sè. Tra i principali disturbi ci sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, e il disturbo da binge-eating. Secondo il ministero della salute, si stima che in Italia siano circa 3 milioni le persone affette da un disturbo dell’alimentazione, con un aumento del 30% a partire dalla pandemia di Covid-19. La fascia d’età più colpita è quella tra i 12 e i 25 anni, con un preoccupante aumento dei casi tra i bambini, gli adolescenti e anche gli adulti. Sono questi alcuni dei temi trattati da Patrizia Todisco, psichiatra, psicoterapeuta e presidente della Società italiana per lo studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA), intervistata da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

“I dati a disposizione non sono di incidenza reale, in realtà in Italia non c’è un registro di queste patologie, possiamo individuare i soggetti che si rivolgono ai centri specialistici – ha premesso Todisco – In base ai dati clinici, sembra che la pandemia abbia delatentizzato delle situazioni che erano già predisposte. Sono patologie multifattoriali, il Covid-19 come fattore stressante ha portato soggetti già suscettibili a queste patologie a svilupparle, innescate da concause come l’isolamento e la maggiore predisposizione ai social”.
In molti pensano erroneamente che il DCA più diffuso sia l’anoressia, ma c’è un disturbo maggiormente predominante: “L’anoressia storicamente viene identificata come principale disturbo dell’alimentazione, ma non è la patologia più diffusa, perchè la più diffusa è il disturbo da binge-eating – ha spiegato – E’ una patologia che colpisce tutte le fasce d’età, caratterizzato da abbuffate, in cui i soggetti aumentano di peso perchè non compensano con digiuno, vomito o iperattività. Solo in Italia ci sono 3 milioni e mezzo di persone che soffrono di queste patologie del DCA”.

E sull’incidenza della genetica: “E’ un termine un pò ampio: chi ha già in famiglia qualcuno che ha sofferto di un disturbo di alimentazione o di un’altra patologia psichiatrica, di sicuro è maggiormente predisposto – ha specificato Todisco – La componente generica è stata evidenziata soprattutto per l’anoressia nervosa, definita metabolico-psichiatrica. Questi soggetti sembra siano costituzionalmente magri perchè hanno un pattern genetico molto diverso rispetto a quello che porta a un aumento della massa grassa”. Diversi i trattamenti che gli specialisti possono attuare sui pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione: “Sono patologie complesse e molto gravi, necessitano di un approccio multidisciplinare e integrato. Purtroppo non è sufficiente essere un bravo psicoterapeuta per approcciare a queste patologie – ha ammesso – Le persone devono sentirsi capite, non è andare solo a lavorare sul sintomo alimentare, ma sull’importanza che queste persone danno al peso, all’aspetto e al cibo sulla valutazione di sè. Bisogna andare al di là dell’apice dell’iceberg e vedere la sofferenza dove sta. Il paziente deve essere protagonista insieme a tutti i clinici”.
E su come cogliere i segnali di un DCA: “In adolescenza, una dieta improvvisa o voler fare molta attività fisica. Un indice può essere anche la mancanza di interesse verso l’esterno, non volere uscire con gli amici, oppure controllare il peso del cibo in modo molto ossessivo…Non è facile avere la collaborazione di questi pazienti – ha aggiunto Todisco – Queste patologie sono funzionali all’individuo e molto spesso vengono tenute nascoste, spesso arrivano da noi dopo anni perchè conservano la malattia che a loro sembra dare un vantaggio”. “Parlare di una guarigione definitiva nei disturbi di alimentazione è molto scivoloso. Gli studi dicono che circa un terzo dei pazienti guarisce, un terzo migliora e un terzo tende ad avere una lunga storia di malattia – ha ricordato – E’ vero che bisogna lavorare non solo sulla sintomatologia, dunque su cibo e peso, ma soprattutto sulla psicopatologia, perchè di solito ci sono associati disturbi d’ansia e dell’umore”.

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“La riabilitazione deve essere biopsicosociale, con l’unione di queste tre parti – ha ribadito – E dobbiamo distinguere tra la remissione dei sintomi, che si può avere anche, per esempio, con un innamoramento o la nascita di un figlio, e la risoluzione della psicopatologia, per cui servono lunghe terapie”. Infine, sui campanelli d’allarme per riconoscere i disturbi del comportamento alimentare e per evitare la loro insorgenza: “Per prima cosa non bisogna stressare l’attenzione su cibo e peso nelle famiglie, occorre cercare di mangiare assieme e accorgersi di come mangiano i figli. E ancora, fare molta attenzione quando un adolescente chiede di perdere peso, non deriderlo se pesa tanto e magari è goffo – ha concluso – L’attenzione verso un’alimentazione sana sì, ma non la rigidità e gli estremismi”.

(Italpress)



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