Il caso Lorenzetti: la presidente che pose fine alla stagione dei Professori

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Uno dei miei quindici lettori abituali mi ha chiesto come mai non ho ancora trattato il caso Lorenzetti, pur essendo stato un costante osservatore critico della sua Presidenza durata dieci anni.
Non ho voluto essere un corvo, perciò ho fatto passare un paio di giorni prima di esaminare il caso sotto molteplici aspetti.
C’è quello giudiziario. Sono garantista, perciò aspetto che si concluda la fase delle indagini, dell’eventuale rinvio a giudizio (piuttosto probabile) e dell’eventuale processo, prima di considerare condannata l’ex Presidente dell’Umbria.. Essere garantisti, tuttavia, non significa essere indifferenti alle conseguenze che si debbono trarre immediatamente dal provvedimento di arresto al domicilio, disposto dalla Magistratura di Firenze.
Ho accolto, quindi, con un certo favore l’annuncio che la signora Lorenzetti si è dimessa o sta per dimettersi dalla carica di Presidente dell’Italfer. Queste dimissioni erano dovute politicamente, poco importa che assumano anche il valore di un atto difensivo per ottenere la revoca degli arresti domiciliari (cadendo la motivazione del rischio di una reiterazione del reato).
Sembra anche che Il PD abbia sospeso la signora Maria Rita dall’attività di partito. Non sarebbe bastata un’autosospensione volontaria.
In ogni caso, penso che la sua carriera politica possa considerarsi conclusa, anche in caso di un’assoluzione.
Posso ora passare a trattare argomenti connessi, ma, a mio avviso, più importanti, perché investono il sistema politico, come esso è e come lo vorremmo.
Mi sono posto all’opposizione della Lorenzetti (senza mai aderire alle confuse alternative proposte dal centro destra) fin dall’inizio della sua esperienza regionale. Essa si poneva come superamento della stagione dei professori: Maddoli, Sindaco nel Comune di Perugia, Bracalente, Presidente della Regione. Era stato un esperimento molto fecondo per il coinvolgimento di esponenti politici non di professione, che, a loro volta avevano aperto la Casa delle Istituzioni ai mondi vitali dell’Università, delle professioni e della cultura. Era stato anche un modello di gestione del potere, non accentrato in una sola persona, perché riusciva a far collaborare in modo diretto e responsabile i componenti della Giunta e gli apparati amministrativi.
Non potevano essere sufficienti cinque anni per sanare il disastro antidemocratico prodotto dall’involuzione determinatasi, dopo il 1975, nel PCI umbro, con l’abbandono dell’obiettivo, condiviso da tutte le forze regionaliste, di realizzare una Regione leggera, aperta e partecipata nella gestione di alcuni settori da parte degli esponenti espressi dall’associazionismo.
I vari dirigenti comunisti dei dieci anni successivi, pensando di avere la possibilità di prendere il potere in Italia e in Umbria attraverso la via democratica, organizzarono l’asservimento delle istituzioni al progetto politico. L’opposizione democristiana dopo il 1980 non fu all’altezza della situazione, di qui il decadimento del costume politico in Umbria.
Il licenziamento di Maddoli e di Bracalente rappresentò nel 2000 il ritorno alla prassi instaurata dopo il 1975-1980. Locchi per il Comune, Lorenzetti per la Regione hanno portato alla massima raffinatezza il sistema. Il Sindaco è passato indenne sul piano personale, perché lo ha aiutato la tradizione contadina di onestà e di rispetto di certi limiti.
La signora Lorenzetti ha avuto un vera e propria ubriacatura di potenza, incoraggiata da adulatori di quarto ordine. Come si fa a chiamare Zarina un Presidente elettivo, con l’intento di richiedere un sempre maggiore protagonismo assolutistico? Perché la Signora Maria Rita non ha cacciato questi adulatori, ora pronti a crocifiggerla?
Maria Rita Lorenzetti aveva il dono di una spigliatezza senza pari, unita anche a una insolita capacità realizzatrice. Per questo motivo era sostenuta dagli ambienti imprenditoriali umbri, non meno che dalle figure apicali dell’Università. Io guardavo oltre, cioè al merito delle sue politiche.
In Maria Rita Lorenzetti ho sempre criticato la sottovalutazione delle autonomie comunali e provinciali. Esemplare è la vicenda del turismo. Una legge regionale disponeva l’affidamento della gestione alle Province. La Lorenzetti, con scarsi risultati, ha voluto accentrare in se tutte le funzioni. Con Lei, la Regione ha sprecato, con piccole misure, anche l’occasione fornita dalle leggi nazionali per realizzare un reale decentramento amministrativo. Magari sono state concesse deleghe, ma senza personale e senza dotazioni finanziarie. Perché? La risposta sta nella vicenda dell’Assessore Riommi, prima dimessosi e poi richiamato in fretta dalla Marini per garantire equilibri finanziari messi a rischio dall’imponente macchina sanitaria. Occorreva un soccorso da parte dei fondi stanziati nazionalmente per le attività delegate.
Un argomento di polemica è stato, per me, anche la sua concezione folignocentrica. Non si può certo discutere l’amore per la città natale, che si manifesta in ciascuno di noi. Siamo però andati oltre a questo sentimento legittimo, almeno in tre circostanze.
Infatti Lei ha posto in concorrenza lo scalo aeroportuale di Foligno con quello di Sant’Egidio, rallentando il decollo di quest’ultimo.
Le altre due questioni riguardano le ferrovie, quelle stesse in cui è rimasta impigliata. Mi riferisco alla feroce opposizione alla variante di Sant’Egidio della progettata linea ferroviaria ad Alta velocità e alla sotterranea opposizione al potenziamento della Foligno-Terontola. Nell’uno e nell’altro caso collaborò con le posizioni di Moretti, amministratore delegato di Trenitalia.
E’ soltanto un caso che la Lorenzetti abbia trovato una insperata nomina alla Italfer.
Un commentatore stimato, Massimo Gramellini, su La Stampa di mercoledì ha scritto cose molto giuste. Riserve avanzo su un tesi azzardata. La premessa è condivisibile. Si sostiene, infatti, che nelle società e negli enti che vanno sotto il nome di Sottogoverno, dovrebbero andare persone oneste e competenti. Gramellini aggiunge che i partiti non dovrebbero impicciarsi in queste nomine. La mia domanda è la seguente. Chi deve partecipare all’attività di selezione? I partiti no, le varie massonerie e i gruppi di potere soprattutto finanziari, si?



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