Il terzo mandato dei governatori e lo strappo di Fdi con la Lega: «Ora tocca a noi»

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Potrebbe essere il terzo mandato dei governatori il prossimo tallone d’Achille del centrodestra. Protagonista Luca Zaia, il leghista al timone del Veneto dal 2010 e che punterebbe a un altro quinquennio. Ma un netto “no” arriva da Luca Ciriani, ministro fedelissimo di Giorgia Meloni e responsabile dei rapporti con il Parlamento. In un’intervista alla Stampa smonta l’ipotesi e respinge la proposta della Lega di un rinvio del voto in Veneto al 2026, rispetto a quest’autunno. Difficile non vedere nella doppia frenata una scelta politica.

Il partito di Ciriani, Fratelli d’Italia, non ha mai nascosto mire sul Veneto, dove da tempo ha sorpassato la Lega nei consensi. Da qui una sorta di prelazione che il ministro rivendica: «Mi pare impossibile pensare che non tocchi a noi indicare il nome», e «non per rivincita o rivalsa, ma per oggettività». Liquida come «provocazioni» eventuali puntigli dell’alleato e confida nella «discussione tra i leader» per superare l’impasse.

In realtà la battaglia contro il terzo mandato non è una novità per il governo, sostenuta anche da Forza Italia. E ha un precedente in Campania, dove “regna” Vincenzo De Luca del Pd.

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Già domani, con un ricorso alla Consulta, l’esecutivo potrebbe impugnare la legge campana che autorizzerebbe il terzo giro di De Luca, osteggiato duramente dalla leader dem, Elly Schlein. Nel Veneto la partita è diversa. E rischia di diventare un braccio di ferro con la Lega. Che non ci sta a farsi da parte, con o (più probabilmente) senza Zaia, in una roccaforte del partito.

Ciriani boccia il terzo mandato dicendo che la questione si poteva affrontare in Parlamento «con una proposta di legge, magari da parte della Lega». Invece dopo un blitz tentato dai leghisti mesi fa per inserirlo in un decreto stoppato dal Parlamento, per l’esponente di FdI «ora è difficile tornare indietro». E ammonisce: «Trovo che sia poco serio».

Un ragionamento «sbagliato» per i parlamentari più vicini a Matteo Salvini che ribattono: per guidare una regione, contano più di tutto l’esperienza e la maturità di una classe dirigente, sostengono. E qualcuno punzecchia: «Sarebbe curioso che FdI guidasse il Veneto senza avere molti sindaci lì». Casualmente l’altro pomeriggio, in una diretta social, è Salvini a ricordare i «500 sindaci» che la Lega può vantare in Italia.

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Ciriani chiude la porta pure sul rinvio del voto veneto: «Non capisco su quali basi giuridiche si potrebbe prolungare la vita di un’Assemblea legislativa né quali siano le motivazioni di carattere tecnico».

A monte della richiesta della Lega, ufficialmente ci sono le Olimpiadi invernali di Cortina per consentire a Zaia di esserci da protagonista all’accensione della fiaccola (ma per i più critici è solo un modo per prendere tempo, in mancanza di alternative al “doge” ). Altra giustificazione è che il rinvio servirebbe a contenere i costi elettorali, accorpando il voto delle amministrative che slitteranno a inizio 2026 (per non votare a ottobre 2025, non essendo in genere un mese di elezioni) a quello delle regioni in scadenza come il Veneto.

Infine, pesa nei rapporti tra alleati il freno a mano che Ciriani tira contro un eventuale rimpasto nel governo e il pressing per un ritorno di Salvini al Viminale: «Squadra che vince non si cambia. Il rimpasto non è all’ordine del giorno».

Intanto Vannacci fa sapere che per le prossime Regionali presenterà in qualche forma anche il suo simbolo “Il mondo al contrario” pur senza lasciare la Lega. 

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Le reazioni in Veneto

Per voce del ministro deputato a curare i rapporti tra governo e parlamento, l’esecutivo a trazione meloniana ha assestato l’ennesimo colpo a questo Veneto ancora leghista, che rivendica il ruolo di attore autorevole nello scacchiere della politica nazionale.

Fuorché Zaia, tra i leghisti si sono fatti sentire tutti, pur con le rispettive caratteristiche e le chiare distinzioni. Il segretario veneto del partito, Alberto Stefani, si è limitato a ricordare che «una proposta di legge sul terzo mandato esiste. L’ho presentata io ed è stato il primo atto parlamentare della Lega».

Mentre il sindaco di Treviso Mario Conte ha scelto la strada dell’arrembaggio e, sferzante, ha sentenziato: «È sacrosanto che ognuno porti acqua al suo mulino, ma qui Ciriani sta stabilendo il dove, il quando, il chi e il come. Dire no a Zaia, alle elezioni nel 2026 e a un candidato presidente della Lega non è un atteggiamento da coalizione. Evidentemente Fratelli d’Italia ha il nostro stesso desiderio di fare una corsa in solitaria».

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Aria da campagna elettorale, anche questa. Con i due candidati leghisti alla presidenza più “in rampa” che già, inconsciamente, iniziano a marcare le differenze, rendendosi capofila dei due modi di pensare la Lega e la politica.

«Per noi il Veneto è la battaglia delle battaglie» rimarca Conte, «Capisco le ambizioni di FdI e le loro rivendicazioni, a partire dalle ultime elezioni. Ma per noi il parametro di riferimento sono le amministrative, e il numero di sindaci e amministratori locali che possiamo rivendicare in Veneto dimostra in maniera chiara la nostra forza. Anche perché, tra questi, c’è Luca Zaia, il governatore più amato d’Italia».

Mentre Alberto Villanova, capogruppo del partito in Consiglio regionale, aggiunge: «Riguardo allo Zaia-quater, Ciriani si nasconde dietro un dito, dato che Fratelli d’Italia ha fatto sapere in tutti i modi di essere contrario all’abolizione del limite dei mandati. Quanto al prossimo candidato presidente, la Lega non può assolutamente perdere l’amministrazione del Veneto, ne andrebbe della nostra rappresentanza. E qui abbiamo numeri che qualsiasi altro partito di sogna».

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E quindi il solito refrain: Fratelli d’Italia sarà pure il partito più apprezzato in Veneto, come dimostrano le ultime elezioni europee e nazionali, ma, quando si parla di amministrative, allora la musica cambia. «Ma comunque, alla tornata Ue, FdI ha conquistato il 37% dei voti e la Lega il 13%. La Lega avrà tutti gli amministratori di questo mondo, ma i numeri sono questi. Ed è scontato che FdI continuerà a essere il primo partito in Veneto» il commento di Flavio Tosi, coordinatore regionale di Forza Italia. Disposto quasi al passo laterale, pur di rimarcare il ruolo subalterno della Lega, rispetto ai meloniani.

«Quello che ha detto Ciriani è semplice realismo» dice il forzista, «C’è chi racconta le favole, per cercare di tenere unite le truppe, e poi c’è la realtà. E la realtà è che, se è vero che a decidere il nome del candidato governatore sarà il tavolo nazionale, lo è altrettanto il fatto che proprio il Veneto è la regione nella quale i Fratelli sono più forti. Sono il primo partito e al Nord non esprimono nessun presidente. L’ipotesi della corsa in solitaria? Una favoletta. I partiti saranno obbligati dal tavolo nazionale a tenere la coalizione compatta» dice il coordinatore degli Azzurri, «Il rinvio delle elezioni al 2026? Non vedo perché costringere altre cinque Regioni italiane a posticipare il voto di sei mesi, per consentire a Zaia di inaugurare le Olimpiadi. Lo può benissimo fare il suo successore». E la lacerazione è servita. 

Fedriga: «Sul terzo mandato decide il consiglio regionale»

Chi comanda nel centrodestra? Sotto la cenere monta la scelta sul terzo mandato che in regione Fvg ha il favore di Lega, Forza Italia e Lista Fedriga.

FdI? No. No, almeno a leggere le parole del ministro (pordenonese) Luca Ciriani che ha ufficialmente chiuso la partita da parte del governo Meloni: «No al terzo mandato». Ha fatto di più Ciriani. Ha messo in fila le Regioni dove già la Lega governa – Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia e provincia autonoma di Trento – e ha aggiunto un sibillino (neanche troppo): «Mi pare che FdI si trovi nella posizione di avere qualcosa di più».

Tradotto: i prossimi candidati governatori li scegliamo noi. Apriti cielo. Perché FdI governa il Paese, ma c’è un emancipato Friuli Venezia Giulia dove, alle Regionali dell’aprile 2023, la Lega ha incassato il 19,3% dei voti, la Lista Fedriga il 17,7 e FdI il 18,1. E il Friuli Venezia Giulia vuole affrancarsi.

Oggi era atteso il vertice regionale del centrodestra per chiudere sulle candidature di Pordenone (Alessandro Basso di FdI) e Luca Fasan (Monfalcone Lista Cisint) e magari per sciogliere le tensioni sulla sanità, che tanto hanno infastidito il governatore Massimiliano Fedriga. Il no di Ciriani al terzo mandato ha fatto precipitare la situazione.

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Così, il vertice di centrodestra è rinviato, a data da destinarsi, fa sapere la Lega che, lette le parole di Ciriani con «sorpresa e preoccupazione», ripete che «non ci sono le basi». A giorni, poi, il Carroccio terrà un direttivo regionale straordinario, «perché l’autonomia è sacra». La reazione di FdI è immediata, con l’annuncio della candidatura di Basso a Pordenone per FdI.

A rispondere sul terzo mandato è Fedriga in persona: «Sul terzo mandato deciderà il consiglio regionale». Ce n’è abbastanza per restare in bilico sull’orlo della crisi.

Presidente, le parole di Ciriani chiudono la partita del terzo mandato?

«No. Penso che il consiglio regionale debba decidere se è favorevole o no. La Regione sugli enti locali ha competenza primaria e dunque il consiglio può e deve esercitarla. È uno dei principi dell’Autonomia che in questo caso non soltanto va esercitata, ma anche difesa, abbiamo il dovere di farlo».

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«Io continuo a governare non nella visione di un terzo, quinto o decimo mandato, ma per fare il meglio per la mia comunità, con la responsabilità che mi è stata affidata dagli elettori nel 2018 e nel 2023».

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Comunque condivide l’ipotesi?

«In linea generale sono favorevole all’idea, affinché i cittadini possano decidere da chi essere governati. Non c’è un automatismo che implica che chi ha fatto il secondo mandato, farà anche il terzo, ma c’è invece la possibilità data ai cittadini di scegliere».

Cosa pensa della scelta del governo?

«Mi pare che impedire per legge tale possibilità sia un vulnus democratico importante. Anche perché va considerato che dove non c’è l’elezione diretta e ci sono liste bloccate, non esiste alcun limite di mandato. Mi pare alquanto particolare».

È la differenza fra il consiglio regionale e il Parlamento…

«Certo. In Regione i consiglieri, che sono eletti direttamente dai cittadini, hanno il limite dei tre mandati, mentre il presidente del consiglio e la platea di parlamentari non ne hanno alcuno. Diciamo che mi sembra una concentrazione di potere: chi viene candidato a parlamentare viene deciso dallo stesso che ambisce a fare il presidente del consiglio che viene votato da chi ha deciso lui di mettere in lista».

Quindi voterebbe per il terzo mandato?

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«La riflessione va fatta a prescindere da Veneto, Campania o Puglia, dobbiamo sempre ragionare sui processi democratici, al di fuori degli interessi personali e contingenti. Io penso che i cittadini debbano poter decidere e che il Friuli Venezia Giulia ha una competenza che deve esercitare».

Non corre il rischio che il governo impugni la legge regionale?

«Il governo potrebbe impugnarla, certo, ma sarebbe particolare considerata la nostra Autonomia. Già per le Regioni a statuto ordinario una norma nazionale è molto dubbia, tanto che non prevede limiti di mandati, ma stabilisce che gli statuti regionali devono essere adeguati al limite di mandati».

Quindi si aspetta che il governo non impugni la norma?

La legge è già in calendario?

Si ricandiderebbe per il terzo mandato?

«Immagino che nel 2028 la coalizione di centrodestra deciderà se chiedermi di candidarmi e io valuterò se farlo. Se da qui al 2028 avrò ancora l’entusiasmo di oggi, mi piacerebbe, altrimenti no, farò una valutazione su me stesso. L’importante è non piegare le regole alle convenienze di uno o dell’altro».

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Le tensioni sulla sanità l’hanno irritata tanto da minacciare le dimissioni?

«No. Non prendo in considerazione gesti di irresponsabilità che per i cittadini sarebbero incomprensibili. E rinnovo l’appello all’unità e alla responsabilità di tutti, perché abbiamo un compito affidatoci dai cittadini».

Ha parlato con il ministro Ciriani in queste ore?

«No. L’ho visto qualche settimana fa e non lo sento da un po’».

Ha parlato con lui del terzo mandato?

«No, del tema si discute con il coordinatore regionale di FdI, Walter Rizzetto».

E lui come si era espresso sul tema?

«Non si è espresso. Immagino che i vertici regionali degli altri partiti gli chiederanno a breve di esprimersi».



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