Le ricette, la storia e dove trovarli. A Torino e in provincia (non solo durante le Feste)
L’Epifania come da copione tutte le feste si porta via. E lo fa con un bel corredo di dolci, tradizione della Befana, da mettere nella calza e da gustare a tavola.
Iniziando dalla focaccia, il dolce tipico del 6 gennaio, la cui origine sembra essere antica, forse molto più del panettone. Ne esistono diverse varianti e si tratta di una specie di «pane dolce» decorato sulla superficie. Focacce che si producono un po’ in tutto il Piemonte, dalla Val di Susa al Cuneese e all’Alessandrino, dove si chiama «fugassa col carsent». La Fugassa ‘d la Befana, iscritta nell’elenco dei Prodotti alimentari tradizionali della regione è rotonda, a forma di margherita, colore dorato, sapore dolce e superficie cosparsa da mompariglia, le piccolissime palline di zucchero. Un dolce di convivialità, grazie a quella fava nascosta in uno dei «petali»: tradizione vuole che chi trova la fava avrà fortuna e soldi per tutto l’anno, a patto che paghi la focaccia stessa. La tradizione di inserire una fava nelle focacce dell’Epifania si ritrova in Europa lungo una vasta fascia che va dal Piemonte fino alla Catalogna e al Portogallo, pur in varianti diverse, come in Francia con la «galette des rois», omaggio ai Re Magi, che spesso all’interno nasconde invece della fava la figurina di un re.
A Torino la focaccia è prodotta nelle panetterie e nelle pasticcerie, e si trova anche il dolce francese, per esempio da Bel&Bon, bottega di specialità francesi di via Vanchiglia e alla pasticceria Cabaret di via dei Mercanti.
Altra tradizione il carbone dolce, quello che si mette nella calza della Befana per i «bambini cattivi». Facile da trovare nelle panetterie e pasticcerie, è anche semplice da fare in casa essendo un composto di albumi e zucchero. Immancabile pure il torrone, specialità antica (pare esistesse già nell’antica Grecia, come cibo energetico per gli atleti) che ha fatto mille giri, è arrivato da noi dalla Spagna e ha la sua roccaforte storica a Cremona: sarebbe stato servito la prima volta nel 1441 per le nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, ispirato alla forma della torre campanaria della città, il Torrazzo, da cui ha preso il nome. Ma anche il Piemonte ha il suo primato in fatto di torrone, merito delle nocciole «tonde e gentili». Così il torrone delle Langhe, magari morbido e pure ricoperto di cioccolato, è diventato un‘eccellenza e vanta grandi nomi, da Relanghe di Ceretto all’Antica Torroneria Piemontese Sebaste dal 1885, a Barbero dal 1883.
Ultima ma non ultima una specialità che è solo nostra: il cri-cri. Ovvero quelle deliziose praline rotonde, cuore di nocciola tostata e attorno cioccolato fondente, ricoperte da microsfere di zucchero e avvolte nella carta stagnola colorata. La storia le fa nascere a fine Ottocento a Torre Pellice, idea del confettiere Giuseppe Morè. La leggenda romantica ne attribuisce il nome a una sartina torinese, Cristina, e a un fidanzato che la chiamava Cri e le regalava sempre quei dolcetti, i suoi preferiti. Quasi spariti fino agli anni ’50, quando il confettiere Sebastiano Garofalo acquisisce la Icaf, piccolo laboratorio torinese che li produceva e li rilancia. Anche i cri-cri sono un Pat, Prodotto alimentare tradizionale del Piemonte e li hanno riscoperti molti pasticceri. Così si trovano da Dall’Agnese in corso Unione Sovietica, da La Perla in via Catania, da Ziccat, da Piemont Cioccolato, ma anche da Eataly in sacchetti firmati dall’Antica Torroneria e li produce pure Pastiglie Leone. Per la Befana, assolutamente perfetti.
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