“Sistematico ossequio alle disposizioni impartite da referenti politici o professionisti della sanità”

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Un sistema per garantire la vittoria del concorso o, comunque, un buon piazzamento nella graduatoria. Per i giudici del Tribunale penale di Perugia “la prova circa l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla sistematica manipolazione” di un ingente numero di procedure concorsuali nella sanità regionale è ampiamente provata.

In quasi mille e trecento pagine i giudici hanno motivato il perché sussisterebbe il reato associativo per gli imputati Valorosi (3 anni in totale), Bocci (2 anni e 7 mesi) e Barberini (3 anni) che avrebbero operato come “un’organizzazione strutturata inequivocabilmente adatta al conseguimento del programma criminoso”. La corte ha spiegato così perché si è arrivati alle condanne (ma anche a diverse assoluzioni e ricalibratura delle accuse) nell’ambito del processo per i presunti concorsi truccati nella sanità regionale. Solo nei confronti dei tre imputati, perché per gli altri sei ai quali era contestata l’associazione, non si è arrivati alla certezza, pur nei comportamenti non appropriati, che avessero agito in tal modo. L’indagine, ricordiamo, aveva portato alla caduta della giunta presieduta da Catiuscia Marini (condannata a 2 anni di reclusione, ma esclusa dal reato associativo). L’ex direttore generale Duca deve ancora essere processato avendo ottenuto lo stralcio per motivi di salute.

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Le condanne in primo grado sono state: Catiuscia Marini 2 anni, Gianpiero Bocci 2 anni e 7 mesi, Maurizio Valorosi 1 anno, Luca Barberini 3 anni, Eleonora Capini 1 anno e 4 mesi, Marco Cotone 9 mesi e 10 giorni, Potito D’Errico 2 mesi, Rosa Maria Franconi 1 anno e 4 mesi, Patrizia Mecocci 1 anno e 4 mesi, Walter Orlandi 1 anno 9 mesi e 10 giorni, Mario Pierotti 1 anno 9 mesi e 10 giorni, Domenico Riocci 2 mesi, Alessandro Sdoga 1 anno e 4 mesi, Antonio Tamagnini 1 anno, Simonetta Tesoro 1 anno e 4 mesi, Elisabetta Ceccarelli 1 anno e 4 mesi, Patrizia Borghesi 2 anni, Mauro Faleburle 1 anno e 4 mesi, Massimo Lenti 1 anno e 4 mesi, Antonio Tullio 10 mesi, Alvaro Mirabassi 1 anno e 4 mesi.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a carico di Diamante Pacchiarini, ex direttore dell’ospedale di Perugia difeso dall’avvocato Maria Mezzasoma, coinvolto nell’inchiesta sui concorsi truccati nella sanità regionale.

La Cassazione ha confermato la condanna a 1 anno e 6 mesi di reclusione per falso, annullando senza rinvio la parte relativa all’abuso di ufficio che è stato nel frattempo depenalizzato.

Pacchiarini è stato il primo condannato nell’ambito del processo sui concorsi truccati. La Procura generale aveva chiesto il riconoscimento dell’associazione per delinquere, ma l’ipotesi accusatoria è stata rigettata dalla Cassazione per inammissibilità.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Nicola Pepe, David Brunelli e Chiara Peparello, Alessandro Diddi, Francesco Falcinelli, Francesco Crisi, Riccardo Leonardi, Franco Libori, Maria Mezzasoma, Diego Ruggeri, Fulvio Carlo Maiorca, Marco Brusco, Delfo Berretti, Flavio Grassini, Luca Gentili, Claudio Lombardi, Manlio Morcella, Roberto Spoldi, Massimiliano Sirchi, Nicola Di Mario, Riccardo Leonardi, Nicodemo Gentile, Antonio Cozza, Anna Giulia Arena, Manuela Prudani, Lorenzo Filippetti, Edoardo Maglio, Roberto Bianchi, Barbara Mischianti, David Zaganelli, Emilio Bagianti, Fernando Mucci, Chiara Casaglia, Vincenzo Bochicchio, Marco Brambatti, Valeria Passeri, Barbara Di Nicola, Giuseppe Montone, Ilario Taddei, Giuseppe Valentino, Bruna Pesci, Giovanni Spina, Paolo Rossi, Vincenzo Perrone e Pasquale Perticaro.

Nelle motivazioni per spiegare l’associazione, i giudici Verola, Loschi e Grassi, scrivono di “una comunanza di intenti e di un programma criminoso tutt’altro che circoscritto alla gestione isolata di alcune singole, specifiche e predeterminate procedure concorsuali, la stabile collaborazione e, di conseguenza, quell’affectio societatis richiesta per l’integrazione del reato associativo” e corroborata da “una nutrita serie di contegni, cautele ed accorgimenti inequivocabilmente evocativi – vieppiù se letti congiuntamente alla circostanza della molteplicità di procedure manipolate nel circoscritto arco temporale nel quale le indagini ebbero in concreto a trovare svolgimento” nel corso del 2018 e del 2019 e che avevano portato alle accuse anche di falso, abuso e rivelazione di segreti d’ufficio.

Secondo i giudici, quindi, regge l’impianto accusatorio che aveva portato a svelare che nella “selezione del personale sanitario” era stato applicato un “sistematico ossequio alle puntuali disposizioni impartite talvolta da parte dei referenti politici, talaltra da parte di professionisti appartenenti al mondo della sanità, il tutto secondo meccanismi estremamente collaudati e ricorrenti, impietosamente immortalati nell’ambito delle intercettazioni”.

Le difese hanno 45 giorni per proporre appello e provare a smontare le accuse e le aggravanti.

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