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Non si ferma la corsa della cassa integrazione. A dicembre le richieste presentate dalle aziende hanno letteralmente inondato gli uffici del sindacato confermando l’escalation fotografata dai dati Inps nei primi nove mesi dell’anno, che mostrano una crescita esponenziale delle ore di cassa autorizzate, aumentate a doppia cifra, del 14% in Friuli Venezia Giulia e di ben il 50% in Veneto.
Un segnale adamantino della situazione vissuta dalle imprese, che se da un lato fanno i conti con una fase di frenata generale, che sembra investire orizzontalmente i settori, (quasi) nessuno escluso, dall’altro scontano la mancanza, quasi totale, di visibilità e per cautelarsi non hanno altra soluzione che giocare in contropiede, dotandosi in anticipo di un importante cuscinetto di ammortizzatori.
Tentativi che non hanno messo Veneto e Friuli Venezia Giulia al riparo dalle crisi, come certificano i numeri impressionanti dei tavoli gestiti a livello istituzionale.
Crisi aperte
A far la conta, in Veneto, è stato il presidente Luca Zaia alla vigilia di Natale: sono state settanta le crisi gestite dalla Regione insieme alle aziende e alle parti sociali nel corso del 2024. «Di queste – commenta la segretaria regionale di Cgil, Tiziana Basso – 28 si sono chiuse, alcune bene altre meno, una quarantina ce le portiamo nell’anno nuovo. Parliamo, a spanne, di 15 mila lavoratori coinvolti, senza contare tutte le vertenze che gestiamo direttamente nelle aziende e l’impatto che queste hanno sull’indotto».
E sulle realtà più piccole, quelle artigiane, che stanno patendo e chiedono soluzioni. «Oggi – continua Basso – abbiamo una cassa in deroga per il settore moda artigiano che è stata prorogata a gennaio. Sarà necessario prolungarla ed estenderla anche ad altri settori, da quello metalmeccanico e quello del legno, se non vogliamo arrivare alla chiusura delle aziende».
Le crisi che costellano la regione investono imprese di settori diversi, per motivi diversi. Incidono la congiuntura economica e geopolitica, la frenata tedesca e gli effetti che i due conflitti in corso hanno sui mercati, «ma ci sono anche questioni finanziarie, passaggi generazionali non riusciti, problemi strutturali» aggiunge Basso.Â
Dall’automotive alla moda
Tra le crisi che coinvolgono un numero significativo di lavoratori in Veneto, la sindacalista ricorda i casi dei marchi storici di Benetton e Coin, quello della veneziana Speedline, i cui 250 lavoratori hanno tirato un sospiro di sollievo a un passo dalla fine dell’anno essendo stata decretata dal tribunale l’amministrazione straordinaria. E poi Ceramica Dolomite, Meneghetti, Berco. Quindi Superjet International, Cantiere Navale Vittoria e Molex Zetronic (rilevata dalla famiglia friulana Fulchir dopo molti mesi difficili).
Una striscia che investe anche il lusso, come dimostra l’annuncio di Lvmh di voler chiudere a Venezia il Fondaco dei Tedeschi. «E questi sono i grandi nomi, dietro c’è un fiorire di aziende più piccole, attive nei comparti di metalmeccanica, siderurgia, automotive, tessile, legno e concia, che stanno soffrendo. La ripresa non si vede – conclude Basso – . Il 2025 sarà un anno complicato».
Le richieste del sindacato
Dal Veneto al Friuli Venezia Giulia, il numero dei tavoli di crisi arrivati in Regione nel corso del 2024 si riduce sensibilmente. Sono stati tre i casi, tutti in area giuliana, che hanno impegnato istituzioni e parti sociali: Wartsila, Tirso e Flextronics.
Risolto il primo, con l’intervento di Msc, restano gli altri due, anche se Tirso sembra – almeno stando a quando dichiarato nelle scorse ore dal presidente di Confindustria Fvg, Pierluigi Zamò – prossima alla soluzione. Prospettiva che ieri ha spinto le parti sociali a chiedere a Zamò delucidazioni al più presto, considerato che la crisi «vede oggi esposti circa 175 tra lavoratrici e lavoratori attualmente in Cig – ha denunciato il segretario di Filctem Cgil Trieste, Fabrizio Zacchigna – i quali sono ancora in attesa della liquidazione degli importi della cassa di novembre».
«Dietro a queste situazioni conclamate c’è tutta una serie di situazioni che seguiamo con attenzione. A partire da Electrolux, che tuttavia in questo periodo sta lavorando. E poi dalle aziende legate alla filiera dell’automotive» dichiara dal canto suo il segretario di Cgil Fvg, Michele Piga, che non nasconde la «forte preoccupazione per la situazione vissuta dal Friuli Venezia Giulia».
«Pur avendo un mercato del lavoro che ha retto, in regione abbiamo perso oltre 3 mila posti nella manifattura, che tradizionalmente sono posti più stabili e meglio pagati. Paghiamo così il contraccolpo della frenata della manifattura europea, che come Cgil stiamo denunciando da tempo, chiedendo unitariamente, insieme a Cisl e Uil, che si avvi con urgenza una discussione su come rilanciare la manifattura. Non è solo una questione di mercati – conclude Piga – ci vogliono investimenti di sistema, a partire dall’energia al digitale».
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