Quei canestri da primato, la risposta di Brescia all’Atalanta

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Bergamo è in testa al campionato di calcio, la Germani replica cinquanta km più in là nel basket. L’artefice di questo cammino sorprendente è seduto in panchina, si chiama Giuseppe Poeta, alla sua prima esperienza da capo allenatore dopo un percorso da giocatore atipico, un play di guizzi, pochi chili e non troppi centimetri. Una carriera dedicata a vincere la diffidenza. 

Nel raggio di 50 km e nei due sport di squadra più seguiti d’Italia, ci sono due progetti cresciuti, due primati inseguiti e due scudetti sognati. Se l’Atalanta stupisce con il calcio da Bergamo, la Germani risponde da Brescia con il basket. È una delle grandi sorprese del campionato, in testa con gli stessi punti di Trento e due più di Trapani. Fanno zero titoli in tre nella storia, ma sono davanti alla Virtus Bologna e all’Olimpia Milano.  

Brescia ha vinto le ultime sette partite di fila, venerdì 4 va a Treviso per tenere in piedi la sua incredibile marcia. In estate intorno alle potenzialità della squadra c’erano diversi dubbi, tutti spazzati via, a partire da quelli più grandi che circondavano la figura dell’allenatore, Giuseppe Poeta, il più giovane del campionato con i suoi 39 anni prima della promozione di Damiano Pilot a Scafati.

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La sua formazione

Da giocatore è stato un peso piuma, alto un metro e novanta, sotto gli 80 chili di peso. Sul parquet era uno svolazzo, figlio di un professore di religione a Battipaglia (Salerno), appassionato di giornalismo, addetto stampa della squadra locale. Il piccolo Peppe è stato cresciuto in una palestra, tra le gambe degli americani grandi e grossi che arrivavano da quelle parti. Quando Cedric Toney passò da quelle parti un giorno per un tour promozionale, chiede di poter sfidare un giocatore locale uno contro uno. Gli misero davanti il piccolo Poeta, aveva 6 anni, e quel momento venne ripreso da una tv locale. Nascita di un campione e di una miniera di aneddoti, come l’altro che racconta di un Poeta dodicenne costretto a scrivere il punteggio a mano su una lavagna per mostrarlo al pubblico: il tabellone elettronico si era rotto. 

Poeta ha smesso di giocare solo nel 2022. Pochi giorni dopo il ritiro da giocatore è partito per questa sua seconda vita, prima nominato assistente allenatore della Nazionale, un ruolo ricoperto tutt’ora, poi nello staff dei campioni d’Italia a Milano. Dovendo avere a che fare con i pregiudizi e le critiche spesso legati al passaggio in panchina per quelli che fino a tre-quattro anni prima, a volte anche meno, erano giocatori attivi, gli “allenatori in campo” diventati allenatori veri e propri. Sono i bersagli della solita accusa: non hanno fatto la gavetta. Hanno solo un modo per difendersi: i risultati. Subito. 

EPA

La trasformazione

Non una novità per Peppe, che con i pregiudizi ci ha avuto a che fare sin da giovane, abbattendoli uno dopo l’altro: dicevano che non ce l’avrebbe fatta, con quel fisico minuto dove voleva andare. Si è preso la scena con pochi muscoli e molte giocate esplosive, da Salerno a Veroli, fino alla Serie A con Teramo e poi un lungo giro d’Italia, con 120 presenze in Nazionale. Un playmaker estroso capace di raccogliere l’eredità di un altro folletto simile, quel Gianmarco Pozzecco che adesso affianca sulla panchina della Nazionale.  «Quello che esiste fra me e lui è un rapporto speciale, si è evoluto con il passare del tempo. Oggi Gianmarco è innanzitutto un amico. È stato fondamentale nella mia transizione da giocatore ad allenatore, mi ha aiutato tantissimo. Penso di essere un mix fra il Peppe giocatore e il Giuseppe allenatore. La natura è la stessa di sempre, soprattutto nei rapporti umani. Ho aggiunto ai miei metodi nella gestione di un gruppo la lezione di un un maestro come Ettore Messina a Milano». 

Ora, al suo primo incarico assoluto da capo allenatore, si trova in testa alla classifica, per rispondere con i canestri alla sfida campanilistica che arriva dai gol di Bergamo. «Sono stato molto contento della chiamata ricevuta e non ho avuto nessun dubbio a riguardo: con Mauro Ferrari c’è stato subito feeling e ho praticamente firmato in bianco. Non smetterò mai di ringraziare chi mi ha dato l’opportunità di mettermi alla prova in un contesto tanto sfidante e una piazza di questo tipo. Come ho sempre fatto nella mia carriera da giocatore, vivo il presente e me lo godo. Sono felicissimo del posto in cui sono e di come stanno andando le cose. Mi chiedono di un ipotetico futuro diverse volte, ma alla domanda su quale sia il mio sogno la risposta resta sempre la stessa: continuare a vivere il sogno che sto vivendo». 

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