Terni: chiude Gabriella boutique e tramonta un pezzo di storia della città


di Francesca Torricelli

Una storia commerciale, ma ancor prima di amore e passione familiare, che dopo circa 60 anni, «con la tristezza nel cuore», dall’11 gennaio 2025 vedrà scritta la parola fine. È quella di Gabriella boutique, da qualche anno in via del Tribunale a Terni, che ci racconta Pierpaolo figlio della storica proprietaria, appunto, Gabriella.

«Questa attività, con una grande passione per la moda e per il ‘bello’ di mia madre, nasce negli anni ’60 in una stanza in casa di mia nonna in via Cavour», ricorda Pierpaolo. «Diventando velocemente un punto vendita di riferimento per l’alta moda femminile, qualche anno dopo la mia famiglia ha acquistato un appartamento al primo piano, sempre in via Cavour, vicino Porta Sant’Angelo, adibendolo a negozio, con diverse stanze nelle quali le clienti potevano comodamente provare i loro abiti, consigliarsi con mia madre e con la sarta, senza essere costrette in piccoli e poco illuminati camerini».

Erano arrivati gli anni ’80, «l’alta moda viveva il suo periodo migliore e per mia madre e mio padre, che l’aiutava nella contabilità, le cose andavano molto bene. Decidono quindi di espandersi, acquistare anche i locali al piano terra della palazzina, creare una scala interna e dar vita ad un negozio ancora più grande, elegante e molto curato. Il motto di mia madre era ‘Grabriella boutique, la moda d’autore’. A Terni erano gli anni dei grandi eventi, delle feste, e le signore venivano a vestirsi da Gabriella, ogni evento era un abito nuovo. Si creava un rapporto intimo con le persone, una cura particolare con le clienti che diventavano sempre più amiche. Erano anni bellissimi, il lavoro era tanto e permetteva a mia madre anche di assumere del personale, per un periodo ha avuto anche cinque dipendenti. Nel frattempo io mi sono laureato, ho studiato al conservatorio diplomandomi in pianoforte e poi sono subentrato al negozio per dare il cambio a mio padre che aveva iniziato a dedicarsi ad altre passioni».

Nei primi anni ’90, racconta Pierpaolo, «inizia per noi una prima crisi, lentamente calano le vendite e per contenere i costi ci siamo trasferiti in un locale a palazzo Morandi, in via Giordano Bruno. Ma il mondo del commercio continuava a cambiare, secondo me sempre più in peggio, lentamente ma cambiava, quella che prima poteva essere solo una sensazione diventava sempre più tangibile. Nel 2011 viene a mancare improvvisamente mio padre e per noi è stata una brutta botta. L’attività non riusciva più a mantenere la mia famiglia, io mi sono sposato e ho avuto due figlie. Quindi mi sono rimboccato le maniche e sono andato a lavorare fuori, servivano altre entrate oltre a quelle del negozio che nel frattempo aveva dovuto anche rinunciare ai dipendenti, con grande rammarico».

La fatica e i sacrifici per Gabriella e la sua famiglia «aumentavano sempre di più. La qualità dei prodotti che arrivavano dai fornitori era sempre più bassa, i costi aumentavano e noi per guadagnarci qualcosa avremmo dovuto rivendere i capi a prezzi improponibili. Ma la crisi iniziavano a viverla anche le famiglie e le persone che non potevano più permettersi grandi acquisti. La città si stava spegnendo lentamente, internet e la possibilità di fare acquisti online hanno dato il colpo finale. Siamo andati avanti così, faticando, fino al 2018, quando ci siamo trasferiti qui in via del Tribunale, sempre cercando di contenere i costi il più possibile».

Ma poi è arrivato il Covid, la morte di mamma Gabriella e Pierpaolo ha dovuto prendere una decisione importante. «Mi sono confrontato con mia moglie, con mia zia, insomma con il loro sostegno ho deciso di tornare per tenere vivo un amore che non poteva finire così. Ho preso il timone della nave e con grande fatica l’ho traghettata fino ad oggi, ma ora devo guardare in faccia la realtà e portarla al porto questa nave. Da qualche mese, oltre a gestire il negozio, faccio il cameriere perché i soldi non bastano, non bastano mai e devo fare di necessità virtù. Con la tristezza nel cuore mi trovo costretto a tirare giù per sempre questa serranda e scrivere la parola fine ad una storia d’amore della mia famiglia durata 60 anni».




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