Africa: le 10 notizie del 2024

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Fra partiti che perdono il potere dopo decenni e giovani che scendono in piazza con una forza e una coesione con pochi precedenti, il 2024 ha segnato alcune svolte in Africa. O quantomeno, ha innescato dei processi che andranno monitorati con attenzione.  

Abbiamo selezionato dieci delle notizie che abbiamo riportato nei 12 mesi che stanno volgendo al termine in queste ore. C’è molta politica ma anche musica, sport e poi la società civile italiana e il suo impegno per la pace.  

Terremoti politici 

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Procedura celere

 

Una delle grandi faglie di cambiamento di cui si scriveva all’inizio potrebbe essersi aperta in Sudafrica, per l’esattezza a maggio, mese delle elezioni generali. Alle urne l’African national congress (ANC) che governava dalla fine dell’apartheid, datata 1994, ha perso per la prima volta la maggioranza assoluta. I dividendi della guerra di liberazione non pagano all’infinito.

I successori di Nelson Mandela se ne sono accorti ai seggi: corruzione, disoccupazione, criminalità e una crisi energetica mai vista prima hanno spinto oltre metà degli aventi diritto a non votare per l’ANC. Ne è nato un governo di unità nazionale che seppur guidato sempre dallo stesso presidente, Cyril Ramaphosa, mette insieme partiti con agende anche in conflitto fra loro, dagli esteri all’economia.

Se la faglia si è aperta in Sudafrica, il terremoto si è già propagato oltre confine. A novembre il Botswana ha eletto il nuovo presidente Duma Boko: avvocato costituzionaliste e specialista nei diritti umani, è il primo capo di Stato a non appartenere al Botswana Democratic Party (BDP) dall’indipendenza del 1966.

Le rendite dei diamanti non bastano più e la democrazia era percepita come a rischio. Il nuovo leader sembra voler segnare un cambio di passo, a partire dalla gestione della questione migratoria. 

Quel grido che non si può più ignorare 

Per dei partiti figli di movimenti di liberazione che vacillano o cadono, ce ne sono altri che fanno di tutto per non crollare. Il Frelimo in Mozambico ne è l’esempio più eloquente. I risultati del voto del 9 ottobre sono stati annunciati ufficialmente solo pochi giorni fa. Il partito che guida il paese dal 1975 si tiene il potere nonostate le accuse di brogli e mesi di proteste.

Le manifestazioni sono guidate dal candidato alla presidenza Venancio Mondlane, che ha lasciato il paese a fine ottobre dopo degli omicidi illustri nelle file del partito che lo ha sostenuto al voto. Il futuro del Mozambico appare fosco, anche se in strada si vede una mobilitazione dalla grande forza che è già sfociata in forme di auto organizzazione mai viste nella stoia recente del paese.

Del resto, le piazze delle città africane sono state protagoniste quest’anno. Su tutte, la mobilitazione in Kenya che fra giugno e luglio ha fatto tremare i polsi al governo del presidente William Ruto. Nata per protestare contro una legge fiscale, si è tramutata presto in un fiume in piena. Gli è stato opposta una repressione capillare e preoccupante, ma le manifestazioni della GenZ sono riuscite a far cadere un governo e a far cancellare il provvedimento contestato.

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Le cose possono cambiare, quindi. Lo ha mostrato bene il Senegal. L’attuale presidente Bassirou Faye e il primo ministro Ousmane Sonko erano in carcere fino a poco prima di essere eletti.

Portavoce di una voglia di cambiamento e rottura che trova ampia risonanza fra i giovani senegalesi, il nuovo esecutivo si appresta a gestire una situazione economica complessa – seppur segnata in positivo dall’inizio della produzione di idrocarburi che è avvenuta quest’anno – e sembra voler portare l’ex presidente Sall davanti alla giustizia per la repressione contro le proteste che si sono verificate fra il 2021 e quest’anno.

Orizzonti di possibile giustizia che appaiono completamente chiusi in Tunisia invece, dove il presidente Kaies Saied ha vinto le elezioni a ottobre con il 90% dei consensi. La ricetta per la riconferma appare delle peggiori: divisione dei poteri cancellata e dissidenti a tutti i livelli arrestati a decine, con il sostanziale beneplacito dell’UE, che quando guarda verso Tunisi vede solo una porta da sbattere in faccia ai migranti.

Alle urne però ha vinto anche l’astensione: l’affluenza è stata del 28%. Un dato che dice della perdita di fiducia nelle istituzioni tunisine a 13 anni dalla rivoluzione del 2011 e le sue speranze.  

Adieu Parigi

Nel 2024 non sono mancate le sorprese. L’ultima in ordine di tempo è avvenuta a novembre: l’anno che sta per finire doveva essere tosto per la Francia in Africa, il primo senza militari in Niger, Burkina Faso e Mali dopo le cacciate volute dalle rispettive giunte militari nel 2022 e 2023.

Il mese scorso però anche il Ciad, da sempre alleato di ferro dell’Eliseo, ha comunicato la rescissione dei sui accordi di cooperazione di difesa con il paese europeo. A Parigi era prevista pioggia, invece ha diluviato.  

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Il governo del generale Mahamat Deby Itno, riconfermato alle elezioni dello scorso maggio, minimizza però i parallelismi con gli altri paesi saheliani. L’obiettivo è «ridefinire le partnership strategiche in linea con le priorità nazionali», fanno sapere da Ndjamena.  

Tyla e gli Elefanti ivoriani sul tetto d’Africa

Non solo politica nel 2024. L’anno che sta per finire  ha visto la consacrazione della giovane star sudafricana Tyla. Negli ultimi 12 mesi la cantante, 22 anni, si è aggiudicata Grammy e Mtv Europe Awards.

Dodici mesi emozionanti per la musica africana, come è stata emozionante una notte di febbraio per i tifosi della Costa d’Avorio. La notte in cui gli elefanti, padroni di casa, hanno battuto la Nigeria in finale e hanno conquistato la terza Coppa d’Africa della loro storia. Una partita vinta in rimonta un po’ come tutto il torneo, cominciato in modo disastroso dall’11 ivoriano e finito in bellezza sotto gli occhi soddisfatti del presidente Alaissane Ouattara. 

L’Arena di pace e l’impegno di Verona 

Per noi di Nigrizia, il 2024 è stato anche l’anno della visita del papa e di Arena di Pace. Una storica iniziativa dei movimenti religiosi e pacifisti veronesi si è fatta ancor più grande. Nella città scaligera, lo scorso maggio, il Santo Padre ha incontrato i movimenti popolari.

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È partito un percorso di cambiamento che è stato ripreso a dicembre con un’assemblea presso la casa madre dei comboniani: l’obiettivo è andare avanti unendo le lotte come è tradizione per l’Arena: dal decreto sicurezza ai diritti dei migranti passando alla costruzione di alternative all’economia di guerra.

Avevamo detto 10 notizie. Ci permetterete una deroga: il 2024 è stato infatti anche l’anno del perdurare della guerra in Sudan, diventata in circa 20 mesi, dall’aprile 2023, una delle più gravi crisi umanitarie del pianeta.

E anche per dare nuovo slancio allo spirito dell’Arena di pace che nelle scorse settimane diverse realtà della società civile veronese hanno organizzato delle iniziative per fare consapevolezza su questo conflitto e mandare un messaggio di solidarietà al popolo sudanese e alla sua diaspora.

Sperando e lavorando per un 2025 di pace. 





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