Approvata la legge di bilancio, si può rilevare che non si è verificato ciò che alcuni osservatori avevano previsto, cioè l’inclusione nella legge in questione dell’incorporazione piena dell’Ivass da parte della Banca d’Italia, ammesso ma non concesso che, pur trattandosi di materia ordinamentale, l’operazione avrebbe potuto essere inserita nella predetta legge.
Da tempo era stato segnalato dai vertici dell’Ivass che ci si stava incamminando verso l’incorporazione, ovviamente dovendo fare i conti con il necessario intervento legislativo. Oggi l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni è in una comunione organica con la Banca d’Italia, ma mantiene personalità giuridica propria, personale proprio e autonomo assetto organizzativo. Nel secondo governo Prodi si era messo a punto un progetto che prevedeva l’incorporazione dell’allora Isvap nell’istituto di Palazzo Koch con l’assunzione, da parte dei dipendenti, in Bankitalia del grado corrispondente a quello ricoperto nell’istituto di provenienza.
L’attribuzione alla Banca della Vigilanza sulle assicurazioni
Il progetto non fece strada (un emendamento al riguardo alla legge di bilancio fu ritirato) perché clamorosamente non si era tenuto conto del fatto che allora la Banca d’Italia era ancora il secondo azionista delle Generali con oltre il 4 per cento, il che avrebbe comportato, se il progetto fosse stato approvato, una commistione controllante, controllato che non poteva essere ammessa. L’idea fu riproposta in relazione all’avvenuta completa dismissione della suddetta partecipazione e, trasformato l’Isvap in Ivass fu, tra l’altro, stabilito che presidente è il direttore generale della Banca d’Italia, mentre l’assunzione di decisioni istituzionali con rilevanza esterna compete collegialmente al Direttorio della stessa Banca integrato con gli altri due componenti il consiglio dell’Ivass.
Ragioni di configurazione istituzionale e, soprattutto, di assetto organizzativo e funzionale – in nome dell’efficienza e dell’economicità – militerebbero per compiere l’ultimo definitivo passo, l’incorporazione, come accennato, dell’istituto in Bankitalia. Non si tratta, però, di un’operazione semplice dal punto di vista sia giuridico-istituzionale, sia organizzativo e degli organici. Se il progetto andasse in porto, si tratterebbe dell’attuazione, dopo oltre mezzo secolo, dell’idea originaria di attribuire alla Banca la Vigilanza sulle assicurazioni che, storicizzando, l’allora governatore Guido Carli non condivise, anche per non alterare, a quel tempo e giustamente, il profilo della banca centrale.
Dal Parlamento alla Bce
Tuttavia non è ancora chiaro se e come si procederà, anche se molto probabilmente all’interno di Palazzo Koch esisteranno studi avanzati sulla realizzazione che però deve vedere concordi governo e Parlamento e, probabilmente, quanto meno inizialmente a livello informale, la non obiezione della Bce la quale, in ogni caso, è poi chiamata a rendere il proprio parere sui disegni di legge che riguardano la materia del credito e del risparmio, dunque, non per ultima, la Banca d’Italia.
Tuttavia, l’operazione si presenta come avulsa da una generale revisione, di cui si riavverte l’esigenza, purtroppo sin qui insoddisfatta, da lunghissimo tempo, della disciplina delle Authority, in specie di quelle con competenza nell’accennato campo del credito e del risparmio e dei raccordi con le corrispondenti autorità europee. L’evoluzione nel frattempo intervenuta accentua tale necessità.
La necessità di una revisione
La prevedibile adozione dell’euro digitale e gli sviluppi dell’intelligenza artificiale generativa dovrebbero essere colti non solo come occasione, ma prima ancora come ragione fondamentale che impone una revisione agendo nel versante delle funzioni di politica monetaria, del sistema dei pagamenti e della Vigilanza. Gli studi rigorosi, frutto di competenza ed esperienza straordinarie, compiuti al riguardo dal presidente della Consob, Paolo Savona, andrebbero attentamente meditati in relazione ai mutamenti radicali che possono profilarsi.
È in questo versante che si debbono cimentare coloro che si aprono all’innovazione e la sostengono, avendo sempre presente che le «res novae» non sono tutte e sempre progresso. Se il passatismo è negativo, lo è del pari anche il nuovismo. È sui progetti concreti che si debbono esprimere le valutazioni. E quello che riguarda l’Ivass non può non avere una base organica, alimentata da una visione non ristretta soltanto allo stesso istituto, su cui la riforma deve poggiare. (riproduzione riservata)
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