Il “Giubileo” non è allegria ma pacatezza e gratitudine per quanto fatto e ricevuto. E slancio per la ripartenza

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Dopo il Natale il vuoto solito del Confessionale si avverte subito, anche perché nei giorni di vigilia viene invece cercato e abitato. Quest’anno mi sono stupito di due cose: del numero maggiore di persone rispetto agli scorsi anni e della presenza di giovani. Tra l’altro mi sento di dire che i giovani si confessano meglio degli anziani. Semplificando, mi è sembrato di cogliere la differenza tra l’adempiere un impegno per dovere di religione e il porsi domande per una ricerca di spiritualità.

Per esempio – mi si perdoni la banalizzazione – mi sono trovato a passare dal «faccia lei un po’ di uno e un po’ dell’altro» all’asciugare lacrime dense che uscivano come linfa dal voler strizzare un cuore svuotato per gustare comunque un senso anche nella fatica, nel fallimento, nel dolore. C’è stato chi mi ha detto: «Sono qui perché è Natale, ma io non ho peccati». È stato divertente vederne la faccia allibita quando ho risposto: «La confessione è il momento del perdono: quindi ora il Padre Eterno chiede scusa profondamente a lei per averle fatto perdere tempo, in questa vigilia di Natale, con tutte le cose che aveva da fare». Un ping-pong ironicamente graffiante che però ha generato un esame di coscienza. C’è stato soprattutto chi ha incarnato il famoso aforisma del regista Paul Boese: «Il perdono non cambia il passato, ma allarga il futuro». Mi è stato donato di incontrare animi aperti alla novità con la voglia di fare luce sulle priorità. Mi è stato donato di entrare

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in cuori fiduciosi capaci di autocoscienza dei propri limiti ma insieme anche delle proprie qualità per imparare a costruire opportunità. Mi è stato donato di ammirare menti lungimiranti capaci di intuire percorsi, facendo bilanci e tracciando progetti.

Questi tre regali sono esattamente le coordinate che Papa Francesco ha delineato per il Giubileo 2025, iniziato con il rito dell’apertura della Porta Santa nella notte di Natale: «Dobbiamo tenere accesa la speranza e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante». Continua il Santo Padre: «Guardare dal balcone la vita che passa non può e non deve bastare. Meglio invece la stanchezza e la fatica dell’essere in cammino piuttosto che la noia di restare fermi. Spesso si avverte l’incertezza del futuro e non si intravedono sbocchi per i sogni. La vita invece è un pellegrinaggio alla ricerca della felicità. Camminiamo alla scoperta della vita mettendoci in discussione». L’Anno Santo quindi non si vive solo come tempo, come luogo a Roma o in qualche santuario, come gesto rituale per chi è religioso. Sarebbe quanto mai moderno e opportuno rivalutare la dimensione sociale che aveva alla sua origine, nel popolo di Israele, diversi secoli prima della nascita di Cristo.

Nell’antichità ebraica la legge stabiliva per il Giubileo che in tutte le dimensioni relazionali private e pubbliche ci fosse una nuova partenza:

tempi di riposo per l’uomo e per la terra, ricalcolo dei beni per colmare perdite e fallimenti, liberazione da ogni schiavitù che rende curvi su se stessi, restituzione di dignità a quanti ne erano stati privati. Il jobel era il corno che col suo suono profondo richiamava l’attenzione per cogliere una notizia buona, per stare attenti ai pericoli, per intercettare occasioni di scambio arricchente. Il «giubilo» non è allegrezza esteriore, ma pacatezza interiore che nasce dalla gratitudine per quanto ho fatto ma anche per quanto ho ricevuto, per quanto ho perdonato ma anche per quanto mi è stato perdonato. È il frutto di un cammino interiore di realizzazione, di comprensione, di completamento che porta a «rendere grazie», a rendere effettivo il mio grazie, diventando «indulgente».

C’è una frase che Dio dice nell’Apocalisse: «io faccio nuove tutte le cose». La sfumatura è interessante: non dice «faccio cose nuove», perché in questa impresa molti sono capaci e con esiti strepitosi.

«Fare nuove le cose già esistenti» dando una luce diversa, una carica rinnovata, una linfa rivitalizzante è invece divino ed è possibile solo a chi ha la forza giubilante di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante.



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