Dall’America al Belgio, Falcone svela parentele e affari pericolosi

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Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L’illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


Scusa, mi pare di ricordare a proposito di queste voci circolanti, secondo le quali in realtà ci sarebbe stato un atto coraggioso da parte di Costa ma, diciamo, non motivato dagli elementi processuali che tu hai messo in evidenza, mi pare di ricordare che i giornali cittadini, qualche tempo fa, hanno messo in evidenza che questo tipo di valutazione che tu adesso dici in qualche modo non corrispondente alle risultanze della sentenza istruttoria, era addirittura contenuta nella requisitoria di Sciacchitano.

È una domanda o un’osservazione?

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No, no, ti domando se ti risulta, confermando il dato riportato da alcuni giornali locali qualche mese fa, quando in questo giudizio, che tu stesso in qualche modo stai confutando sulla base del lavoro che si è svolto nel tuo Ufficio di istruzione, era stato questo giudizio, diciamo sulla mancanza allora di elementi per la convalida, presente addirittura nella requisitoria di Sciacchitano.

Io non ho letto la requisitoria di Sciacchitano perché non ho tempo di occuparmi di tutto, però io devo dire che Sciacchitano inizialmente fu un collega che non credeva negli sviluppi che le indagini istruttorie potevano avere; poi ha scritto la requisitoria di rinvio giudizio chiedendo anche al procuratore Costa.

Falcone ha fatto un lavoro in profondità, però non è che Falcone è partito da zero; Falcone ha saputo sviluppare gli elementi che già c’erano, anche se erano elementi appena abbozzati, insomma non è che il giudice istruttore si può limitare a dire «confermo e mi riporto». Così l’istruzione diverrebbe un lavoro assurdo, un lavoro pesante.

Falcone è andato in America, in Belgio; ha girato mezza Italia, Falcone «ha provato» (come del resto è rimasto provato attraverso il processo che ho istruito io) i collegamenti internazionali della mafia con il traffico di droga, perché nel processo che ho istruito io ci sono collegamenti della mafia palermitana (la mafia cosiddetta «tradizionale», o meglio, «del palermitano») con la mafia di America: i Sollena non sono che oriundi di Partinico – che è un grosso centro di mafia – imparentati con i Badalamenti, anche con parenti D’Anna. «Bontate» è stato uno dei più grossi nomi della mafia palermitana; il figlio che è stato ucciso è una delle vittime illustri del gotha mafioso; insomma gli elementi c’erano e sono stati poi sviluppati e hanno portato alla conclusione che tutti sappiamo.

Chi era il P.M. del processo, con Calabrese giudice istruttore?

Con Calabrese giudice istruttore, inizialmente ci fu un po’ di incertezza fino a quando poi questi processi furono affidati tutti ai sostituti Alberto Di Pisa e Sciacchitano, anche perché qualche collega della Procura non l’ha voluto. Per esempio il processo mio inizialmente lo trattava il collega Croce; poi, dopo che Croce ha ritenuto di occuparsi di altro, la requisitoria l’ha fatta Di Pisa; in quel processo era adatto il sostituto. L’istruzione è ancora in corso; trattasi di un processo che mi ha dato delle grosse amarezze; è un processo che io spero di portare avanti.

Chi è succeduto a Calabrese?

A Calabrese, nel processo, da poco è succeduto Peppino D Lello. Di Lello ha istruito due o tre processi di una certa entità, allora da alcuni mesi l’ho affidato a lui sperando che questo processo abbia gli stessi sviluppi, perlomeno con riferimento ai risultati, perché le prospettive ci sono, come nel processo che ha avuto Falcone.

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Scusa, io, cercando di collegare questa tua audizione con le cose che sono state già sentite qui in commissione, la volta precedente in particolare, volevo chiederti, dati i tuoi contatti, anche se non frequentissimi, con Costa, qualcosa che ha rilevanza alla vicenda che poi è oggetto di questa nostra indagine: cioè la famosa convalida, il modo come si svolse, le notizie trasmesse – se non ricordo male, qui, una giornalista, che aveva avuto un colloquio con Costa qualche tempo prima, ha ricordato come l’idea di Costa sulla conduzione dell’ufficio della Procura fosse un’idea fondata sulla spersonalizzazione dell’ufficio a scopi non solo di dignità dell’ufficio, ma anche di sicurezza dei singoli sostituti, e come questa fosse una delle cose che lui ripetutamente andava affermando anche nei confronti dei suoi sostituti procuratori – tu hai avuto occasione di sentirlo, per confermare questo?

Io con Costa non ebbi mai a parlare specificatamente di questo argomento; però, indubbiamente, Costa voleva dare un volto nuovo alla Procura, insomma, voleva rendere più democratica la gestione dell’ufficio, solo questo contava; da qui, quell’assemblea nel corso della quale poi si verificarono i contrasti, perché se Costa non avesse voluto dare questo nuovo aspetto, questa nuova organizzazione interna, non avrebbe avuto motivo di convocare tutti i magistrati. Avrebbe convalidato lui.

Del resto, questo era un fatto nuovo perché non si era mai verificato un fatto del genere, che dei sostituti, insomma, avessero avuto delle remore, delle perplessità in processi di tanta gravità perché molte volte in processi di altra natura, molto più semplici, il sostituto non convalida e il soggetto viene scarcerato, ma questo si verifica spessissimo.

Convalida senza tante perplessità?

Convalida senza… ma invece si creò questa situazione nuova, dico quello che mi preme, e forse lo ripeterò fino ad apparire anche noioso: per Costa non fu una questione di principio. Costa si attenne scrupolosamente alla luce di quello che poi abbiamo accertato e che lui ebbe modo però di intravedere o di vedere. Costa si attenne alle risultanze dei rapporti.

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