di Massimo Di Paolo – Era ora. Anni di vuoto, di analisi: intellettualismi. Chiacchiere compensate – in questo ultimo decennio – da un’azione di volontariato diffuso e da qualche rara lungimiranza politica. La lotta alla povertà e alla marginalizzazione educativa, assente da molto tempo dai bilanci degli enti comunali, delle province e delle regioni. Convegni, dibattiti, affidamenti a terzi come servizi: fazzoletti per curare rimorsi e assenze ingiustificate. Nelle grandi transizioni in atto: energetica, demografica, digitale stanno avvenendo cambiamenti radicali nell’assortimento e nella diversificazione sociale. Nel cambiamento, c’è chi vince e c’è chi perde e i principi di uguaglianza, ricchezza e pari opportunità non sono sempre uguali per tutte le persone. A questo, e a molto altro, è destinata un’azione ad indirizzo politico ed economico che la Regione Abruzzo, con l’Assessorato alle politiche sociali, ha divulgato e ha reso accessibile agli Enti e agli Operatori dei settori. Un avviso pubblico per il finanziamento di interventi per il contrasto alla povertà educativa e all’integrazione sociale delle persone a rischio di esclusione sociale. 9,5 milioni di euro per 12 progetti complessi. Ogni intervento prevede un budget di 791 mila euro. Due anni la durata. Per gli addetti ai lavori, i fondi rientrano in quelli previsti nella programmazione Fse Plus 2021-2027. Cosa ancora più interessante l’apertura di “servizi di psicologia scolastica” per un ammontare pari al 20% del finanziamento. Non è la panacea per decretare la soluzione di una delle problematiche sociali più emergenti, ma certamente una significativa start up pubblica, indirizzata al contrasto di quel fenomeno complesso e difficile chiamato “disagio sociale” che pone l’accento sulla povertà educativa.
Poche settimane fa, uno dei settimanali più noti intitolava: “adolescenti a mano armata” aprendo una serie di editoriali sul mondo giovanile con tagli certamente non tranquillizzanti.
Fragilità e violenza; malessere e aggressività; assenza di vergogna e pentimento: con il bisogno di esorcizzare sentimenti di inadeguatezza. Due fronti, due approcci prevalenti: la repressione o la lettura di un disagio. Giovani in difficoltà, con condotte che passano dall’isolamento a forme di violenza diversificata per tipologia e impatto. Problema complesso che sta mettendo in ginocchio il sistema delle istituzioni e degli aggregati familiari. Una escalation che non si rileva solo in contesti specifici, non solo in centri abitativi degradati, nelle grandi città o nelle condizioni di povertà economica. Molti i protagonisti di famiglie benestanti, senza problemi di inserimento o economici. Bravi ragazzi di scuole borghesi insieme a giovani con altre frequentazioni. Spesso senza mai mostrare segni, condotte di allarme: “bambini” ben adattati.
Scuole e famiglie out, senza orientamenti affidabili, senza regole condivisibili; molto spesso le une verso le altre armate. Crisi formativa, educativa, scolastica, familiare che danno forma a un mosaico privo di riferimenti certi. Con la grande assenza dei Maestri. Anche i piccoli centri coinvolti, spesso con la testa immersa nella sabbia, ad esorcizzare ciò che non si vuole vedere; quasi a dire che il problema in periferia, nei borghi e nelle cittadine che vivono reggendosi aggrappate a un passato che non c’è più, non esiste. Eppure tutti ormai sono coinvolti nella crisi affettiva, relazionale, civica, di senso, che caratterizza il mondo giovanile. Ci sono eccezioni? Vero e per fortuna, ma rare e poco significative ormai. Dal sabato sera con degrado e violenza inimmaginabile alle umiliazioni digitali con i più deboli scelti come vittime: tanto per dire. Uguaglianza, inclusione, educazione emozionale, e soprattutto valori, che nutrono e che danno sostanza all’agire. Ingredienti difficili da usare, fragili e potenti nello stesso tempo, ma che necessitano di prescrizioni a lungo periodo. I fondi messi a disposizione sono una opportunità, occorre saperla cogliere per dargli un senso, non possono essere solo fondi da raccogliere localmente, occorre saper progettare per avere una ricaduta in servizi sul territorio, utile e necessaria per aggredire un problema difficile che c’è ed è evidente.
L’opportunità chiama a raccolta le Amministrazioni, il terzo settore, le Scuole, il Volontariato, i movimenti. Occorre una visione per non restare fermi su quell’istinto repressivo che allo stato attuale appare sempre più di riferimento. Il Fondo sociale europeo è uno strumento per interventi sulle uguaglianze e sul valore delle persone, attraverso un asse portante di valutazione e tutela dei diritti sociali. I fondi, non pochi ma certo mai sufficienti, andrebbero indirizzati per riforme regionali strutturali: si è preferito l’approccio progettuale forse per salvaguardare le autonomie, la coesione economica: nel tentativo di ridurre disparità territoriali. Rimane aperta la sfida per le Amministrazioni abruzzesi che dovrebbero saper trasformare l’indirizzo politico ed economico -europeo e regionale- in servizi per la comunità e per i giovani delle comunità. La responsabilità delle proposte è ormai affidata ai territori. Le idee, con i progetti, da presentare entro il 10 marzo 2025.
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