Ngad, quale futuro per la sesta generazione Usa?

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Gli Stati Uniti continuano con la valutazione del programma Ngad. Il progetto, dal costo stimato di 200-300 milioni di dollari per unità, è cruciale per mantenere la supremazia aerea, ma solleva interrogativi su costi, integrazione con droni e ruolo umano nella guerra. La decisione finale, che impatterà sul futuro a lungo termine della Us Air force, sarà nelle mani di Donald Trump

27/12/2024

Quando si parla del futuro delle proprie Forze armate, gli Stati Uniti non intendono commettere errori. La decisione definitiva sul programma di sesta generazione Ngad (Next generation air dominance) avrà effetti di lungo termine che riguarderanno l’intera configurazione futura delle Us Armed forces per i decenni a venire. Recentemente, il programma Ngad era andato incontro a una sospensione dettata dagli alti costi previsti per il caccia. In base alle stime realizzate, il solo caccia potrebbe avere un costo unitario che oscilla tra i 200 e i 300 milioni di dollari. Tale cifra sarebbe la conseguenza della somma di sistemi avanzati che dovrebbero andare a equipaggiare la futura punta di diamante delle capacità aeree degli Usa e la pausa di riflessione annunciata dal Pentagono puntava a esplorare soluzioni che permettessero di abbattere i costi senza rinunciare alle prestazioni. A seguito dell’elezione di Donald Trump, l’Aeronautica Usa ha deciso di lasciare la decisione definitiva sull’Ngad all’amministrazione entrante.

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Perché l’Ngad è così importante

Nei decenni, gli Stati Uniti hanno fatto del vantaggio tecnologico e del potere aereo la punta di diamante delle proprie capacità convenzionali. L’Ngad (o quale che sarà il nome definitivo dell’aereo di sesta generazione) dovrà sostituire gli F-22 Raptor come strumento principale delle capacità di supremazia aerea di Washington e operare in coordinamento con gli F-35 e il venturo F/A-XX, l’equivalente dell’Ngad per la Us Navy. Dal momento che l’Ngad dovrà costituire il nerbo centrale delle capacità aeree degli Usa per diverse decadi, questo è il momento per prendere decisioni che avranno effetti di lungo termine, in particolare rispetto alle future dimensioni della flotta aerea. In un momento in cui l’avvento dei droni e il ritorno della massa negli scenari operativi pongono nuovi interrogativi su quale sarà la giusta mediazione tra tecnologia e numeri, questa decisione dovrà tenere conto di diversi fattori.

Secondo il generale Dave Allvin, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Usa, prima che l’Us Air force si impegni definitivamente su un percorso è necessario assicurarsi di procedere nella direzione giusta. “Stiamo per attraversare una porta a senso unico”, sottolinea Allvin. “Prima di attraversare quella porta, abbiamo ritenuto prudente esaminare l’evoluzione della minaccia, come questa si integra con il resto delle capacità dell’Aeronautica e se questo insieme integrato di capacità sarà in grado di affrontare e superare la minaccia”. Inoltre, sarà necessario capire con esattezza come si svilupperà il rapporto uomo-macchina, specialmente in riferimento all’impiego di droni e altri sistemi unmanned. “Si può portare all’estremo l’idea dei droni o della guerra senza equipaggio umano” sostiene il generale, ma “se si elimina l’essere umano da quell’impegno profondamente umano che è la guerra, allora diventa troppo facile da realizzare”. Allvin è diretto nell’affermare che bisogna valutare con attenzione quanto delegare alle macchine in contesti che implicano l’uso della forza e la potenziale perdita di vite umane, d’altronde “la guerra è pur sempre una questione umana”.

A Trump l’ardua sentenza

Secondo Rob Wittman, repubblicano e presidente della House Armed Services subcommittee del Congresso, l’Aeronautica ha fatto la scelta giusta decidendo di porsi adesso queste domande e di rimandare il verdetto finale a dopo l’insediamento di Trump. “Quello che è successo in passato”, ricorda Wittman, “è che abbiamo preso delle decisioni (sulle piattaforme), e a volte l’operatività di quella capacità non si è realizzata per anni. Poi, quando finalmente è diventata operativa, la minaccia era cambiata”. Sulla completa sostituzione dei velivoli pilotati con i droni Wittman è scettico e afferma: “Penso che sia ancora qualcosa che si realizzerà tra diversi anni”. Nel frattempo, la scadenza del 20 gennaio, data in cui Trump si insedierà ufficialmente, si avvicina e con essa il momento in cui verrà presa la decisione sul futuro delle Forze aeree statunitensi.



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