Si sa, a sinistra ogni scusa è buona per scendere in strada a protestare. Se poi al governo c’è il centrodestra, l’appuntamento del sabato pomeriggio in piazza diventa la norma. Il motivo della manifestazione? Chi ne ha più ne metta. Va bene tutto. È proprio questo isterismo rosso ad aver caratterizzato i cortei di ieri pomeriggio. In ogni città si è sfilato per un motivo diverso. Dalla morte del giovane egiziano Ramy, deceduto dopo un inseguimento con i carabinieri a Milano, alla guerra in Palestina, fino al sempreverde “pericolo fascismo”, si è visto di tutto. Ma andiamo con ordine.
I momenti di maggiore tensione si sono avvertiti a Torino. Qui a scendere in piazza è stato un manipolo di collettivi universitari, armati di bandiere della Palestina e striscioni. I giovani pro-Pal, arrivati all’ingresso delle sede di Leonardo, si sono resi protagonisti dell’ennesima barbarie. Un carro armato in miniatura, sul quale erano state apposte le fotografie del ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, del Rettore dell’Università di Torino Stefano Geuna e del Rettore del Politecnico Stefano Corgnati, è stato dato alle fiamme. I manifestanti, fra cui alcuni esponenti di Potere al Popolo, hanno poi posizionato fuori dal cancello dell’azienda bellica alcuni manichini di carta cospargendoli di vernice rossa e hanno realizzato una grande scritta “Leonardo genocida”.
«Alle vittime di questo ennesimo e inqualificabile episodio, esprimo tutta la mia solidarietà e vicinanza», ha commentato il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ribadendo «la necessità di interrompere subito questa escalation che confonde il diritto inalienabile al dissenso, con la violenza». Sulla scia dei manifestanti di Torino, anche a Milano un migliaio di attivisti pro Palestina ha marciato da Porta Venezia fino a piazza San Babila, nei pressi del Duomo. «Per tutti questi mesi abbiamo aspettato il momento della tregua. Gaza ha vinto con la sua resistenza e con il suo popolo. Ha vinto perché ha resistito all’oppressione per 15 mesi. Finalmente ce l’abbiamo fatta», ha scandito una ragazza alla testa del corteo. Di certo, come annunciato dagli stessi organizzatori della 67esima sfilata per Gaza, il raggiungimento di un accordo con Israele non segnerà la fine delle manifestazioni: «Non è la fine è solo l’inizio. Dobbiamo continuare a resistere fino alla totale liberazione della Palestina». Altre 1500 persone, in rappresentanza di una cinquantina di associazioni, hanno sfilato invece a Vicenza: memori dei violenti scontri di un anno fa, circa 200 agenti e un elicottero della polizia li hanno scortati dal centro città verso la periferia est.
Proprio le forze dell’ordine sono state al centro delle polemiche dopo il caso delle perquisizioni alle attiviste di Extinction Rebellion di Brescia. Ieri quasi 200 persone si sono radunate fuori dalla Questura in segno di solidarietà alle donne costrette a fare degli squat durante le perquisizioni.
Contro gli agenti e il nuovo decreto sicurezza hanno marciato anche gli antagonisti di Genova. Certo, in questo caso la riforma voluta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è servita più come specchietto per le allodole. Guarda caso, infatti, il corteo rosso sarebbe dovuto terminare proprio nella piazza in cui Casapound aveva organizzato un banchetto per il tesseramento. Dopo alcuni momenti di tensione all’inizio del corto antifascista, la polizia è riuscita a contenere i centri sociali attraverso un corposo cordone.
Lo scenario più preoccupante della giornata si prospettava a Bologna. In programma c’era infatti una “passeggiata”organizzata da Casapound per esprimere solidarietà agli agenti feriti durante gli scontri con i manifestanti scesi in piazza dopo la morte di Ramy; dall’altra parte della città, un presidio dei centri sociali contro il ddl Sicurezza. Con ancora negli occhi le devastazioni compiute da antagonisti e collettivi dopo il presidio dalla Rete dei Patrioti lo scorso novembre, in città l’allerta era massima. Lo stesso ministro Piantedosi si era detto preoccupato, ma fiducioso «nell’oculatezza di chi gestisce l’ordine pubblico e nel buon senso delle persone, per evitare situazioni poco piacevoli». Per fortuna, tutto si è svolto in modo pacifico, senza ulteriori danni nel capoluogo emiliano. Da sinistra però non è mancata la voce di chi ha provato a soffiare sul fuoco: «Penso che questo Paese dovrebbe fare qualcosa che sia semplicemente coerente con la propria Costituzione e la propria storia: sciogliere le organizzazioni neofasciste e neonaziste» aveva dichiarato in mattinata il leader di Alleanza Verdi e Sinistra, Nicola Fratoianni. Non una parola invece per gli agenti presi d’assalto. Un “dettaglio” che non è sfuggito a Fratelli d’Italia, in piazza con una raccolta firme in sostegno delle forze dell’ordine. «Non è un mistero che alla manifestazione che c’è stata alcuni mesi fa, dove è stata aggredita la polizia alla Montagnola, ci fosse anche la vicesindaco di Bologna. Questo purtroppo è la conseguenza di un legame a doppio filo che c’è tra amministrazione comunale e certi mondi dell’antagonismo che non fanno altro che delegittimare le forze dell’ordine», ha spiegato l’eurodeputato meloniano Stefano Cavedagna.
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