Con Imane Marouf e Gaia Roncalli ha fondato Ecosmic, realtà torinese attiva nella space economy. Le tre startupper, tutte under 30, hanno studiato ingegneria aerospaziale tra il Politecnico di Milano, quello di Torino e la University of Technology di Delft, dove si sono conosciute. Nelle orbite terrestri ci sono più di novemila detriti abbandonati. Il loro software evita le collisioni tra satelliti e non solo. La nuova storia per la rubrica “Unstoppable Women”
«Ingegneria non è sempre stato il mio sogno. Avrei voluto fare la giornalista, la scrittrice. Ma mi sono sempre piaciute anche le materie scientifiche. Mio papà è laureato in matematica e da piccola mi metteva alla prova con gli indovinelli». Nata in Danimarca, ma cresciuta a Parma, Benedetta Cattani è Founder e Ceo di Ecosmic, startup attiva nel settore della space economy e con sede a Torino. Protagonista di questa nuova puntata di Unstoppable Women, l’abbiamo intervistata per farci raccontare il suo percorso insieme alle altre co-Founder Imane Marouf (CCO) e Gaia Roncalli (COO), imprenditrici in un settore di grande rilievo, con eccellenze italiane. «Abbiamo scelto Torino perché è la città più centrale in Italia in ambito spaziale per il numero di aziende: Argotec, Thales Alenia Space, e poi tante startup».
Il sogno dell’ESA
Il padre di Benedetta ha vissuto in Danimarca per un po’ di tempo, frequentando un dottorato. Fin da subito lei si è abituata a un clima internazionale. «Ho vissuto anche a Cambridge, ma le scuole alla fine le ho fatte a Parma. Poi ho studiato ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano e ho fatto application per andare alla Delft University of Technology, in Olanda».
Si tratta di uno degli hub europei più importanti per quanto riguarda la space economy. Soprattutto perché è vicina alla sede dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. «E infatti alla fine è lì che sono andata per fare uno stage. Ero felicissima quando sono stata assunta». Ci ha lavorato per quasi due anni, durante i quali ha iniziato a collaborare con alcune colleghe. «Mentre eravamo ancora lì è nata l’idea di Ecosmic. A un certo punto mi sono licenziata per lavorare alla startup».
Che cosa fa Ecosmic
La società ha chiuso un round pre-seed da 1,1 milioni di euro guidato da Primo Space. Capiamo di cosa si occupa. «All’ESA ho lavorato come ingegnere dei sistemi in ambito di sostenibilità spaziale». Il concetto l’ha sviluppato per dar vita a Ecosmic. «Il nostro primo prodotto, Safe, si occupa di evitare collisioni nello spazio. Ci sono milioni di detriti che orbitano intorno alla Terra, con potenziali pericoli. È un software che viene integrato nel back-end. Come se fosse una notifica di allerta meteo, solo che avvisa di una possibile collisione nel giro, per esempio, di tre giorni».
In un periodo in cui si parla molto di satelliti – si legga il caso Starlink e quanto continua a tenere banco in Italia – la space economy esce dai tecnicismi e si mostra per quel che è: un settore che impatta la vita di tutti. «Vendiamo Safe a operatori satellitari commerciali, il più famoso è D-orbit», scaleup tra le più importanti in Italia. Il team conta su 13 persone, suddivise tra ingegneri aerospaziali e informatici.
La forza del team
Il punto di forza è stato anche il team di co-Founder, come ci ha spiegato Cattani. «Siamo tre ingegnere aerospaziali, con skill complementari. Iman ha studiato al Politecnico ma ha fatto stage in ambito VC e ha lavorato in un boutique di consulenza a Bruxelles; Gaia invece è stata la prima a lavorare per Ecosmic ed è stata quella che l’ha resa la realtà di oggi: ha lo startup mindset».
In fase early, l’azienda si confronta con un mercato che non permette di pensare in piccolo. In Italia il fatturato della space economy vale 3 miliardi di euro, con oltre 400 imprese e le startup pesano per il 27%. «Il nostro sguardo è globale. Lavorando in ambito software in modo orizzontale abbiamo diversi competitor a livello europeo». Ma perché tornare in Italia e non rimanere in Olanda o in altre parti d’Europa, dove spesso molti imprenditori italiani trovano condizioni più vantaggiose?
Perché tornare in Italia?
«Abbiamo deciso di tornare in Italia perché vanta una heritage spaziale molto più solida di quella olandese. Ci sono più investimenti pubblici e privati, così come più clienti». Cattani ha poi aggiunto: «La space economy sta cambiando: prima avevamo poche missioni, molto grandi e finanziate da governi. Ora ci stiamo spostando verso un mercato guidato dai privati». Un comparto ricco di opportunità, ma dove l’innovazione richiede investimenti e soprattutto tempo.
«È più difficile di quanto sembra: c’è molta innovazione, ma si procede lentamente. Non si rischia tanto perché ci sono in gioco tanti soldi. Facciamo affidamento su tecnologie satellitari. I tempi di vendita poi sono lunghi e di conseguenze lo sono anche i cicli di produzione». Nel loro piccolo, gli ingegneri di Ecosmic hanno preso un modello ambizioso come obiettivo di crescita. «La nostra idea è snellire diversi processi nel mondo spazio. Ci siamo ispirati ad AWS per offrire un modello di micro-servizi».
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