Il nodo della memoria nei Balcani

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Quale ruolo, e quale importanza, per la memoria nella costruzione della pace, nei Balcani occidentali? Se ne è discusso a Bolzano lo scorso giovedì 12 dicembre presso l’Istituto di ricerca EURAC di Bolzano, nell’incontro a cura della Fondazione Alexander Langer Stiftung su “Balcani occidentali: politica, memoria e costruzione attiva della pace” nell’ambito del progetto “Give Peace a Chance”.

Cos’è la memoria collettiva?

Il termine “memoria collettiva” viene coniato dal sociologo francese Maurice Halbwachs nella prima metà del ‘900. Secondo Halbwachs percepiamo, pensiamo e ricordiamo eventi secondo schemi che sono prevalentemente determinati dal nostro gruppo sociale. Ciò avviene su due livelli: il livello individuale ed il livello collettivo, che si concretizza in pratiche sociali e rituali indirizzati al ricordo come, per esempio, le giornate della memoria oppure l’intitolazione di strade e piazze.

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Il nodo

Ma quanto è importante oggi la memoria (collettiva) e quanto è utile studiare i suoi meccanismi nei Balcani occidentali? Per alcuni, la memoria potrebbe non essere una priorità. Infatti, sostenendo e promuovendo riforme economiche oppure forme di attivismo e cooperazione sociale e ambientale, transfrontaliero e regionale, la riconciliazione verrebbe da sé.

Per altri questo è vero solo in parte. Lo studio e la comprensione della memoria nei Balcani Occidentali sono una priorità, perché questa è il presupposto del modo in cui agisce il singolo, anche all’interno della comunità.

La memoria può riguardare, per esempio, il percorso scolastico dei futuri cittadini, cui viene insegnata una certa storia e con essa una certa verità, che nei Balcani occidentali muta a seconda di dove ci si trovi. In questo senso, un attivismo condiviso oppure forme di cooperazione economica, per quanto aggreganti, difficilmente avrebbero la forza coesiva che deriva da un’interpretazione condivisa del passato.

Attivismo femminile

Fermo quanto sopra, la costruzione attiva della pace è centrale. La seconda parte dell’incontro si è focalizzata proprio sul ruolo fondamentale dell’attivismo femminile per la pace nella regione, le cui battaglie e denunce sono a lungo e a torto state considerate secondarie.

Alla tavola rotonda hanno partecipato le vincitrici e vincitori del Premio Langer Nataša Kandić (Serbia) e Vjosa Dobruna (Kosovo); Valentina Gagić e Bekir Halilović per l’associazione Adopt Srebrenica (Bosnia Erzegovina); Liljana Zufić e Lalla Golfarelli per la rete di donne di Bologna ed Emilia-Romagna che hanno sostenuto l’associazione Tuzlanska Amica di Tuzla (Bosnia Erzegovina).

Un particolare ricordo è stato dedicato a Irfanka Pasagic, esempio fondamentale di attivismo pacifista, neuropsichiatra impegnata ad aiutare donne, uomini e bambini sin dagli inizi della guerra in Bosnia Erzegovina.

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Memoria e costituzioni

Memoria e diritto hanno un legame forte tra loro e con la dimensione politica. Come detto, proprio perché la memoria è fondamentale si legittima anche attraverso le leggi di uno stato, espressione di organi politici.

Čarna Pištan del Center for Constitutional Studies and Democratic Development ha sottolineato che i preamboli delle costituzioni dei paesi della regione richiamano eventi divisivi e allo stesso tempo fondanti. È l’esempio della Croazia, che celebra come “giusta guerra di indipendenza” un conflitto i cui protagonisti sono criminali di guerra, che hanno mietuto vittime di minoranze che nel paese abitano ancora oggi. In Serbia, è invece statuito volutamente già nel preambolo della costituzione che il Kosovo è parte integrante del territorio nazionale.

Come ha enfatizzato Jens Woelk, professore dell’Università di Trento, la Bosnia Erzegovina rimane il caso più interessante: in una costituzione scritta dalla comunità internazionale, allegata agli accordi di pace di Dayton e mai ufficialmente tradotta dall’inglese, non c’è stato posto per celebrare la memoria di nessuno. Il preambolo menziona i tre popoli costituenti, “gli altri” e i “cittadini della Bosnia-Erzegovina” a conferma di una severa partizione etnica, che non lascia spazio ad alcuna memoria.

Ricordare anche le storie di solidarietà ed eroismo

La memoria collettiva, la sua mancanza e le leggi memoriali sono la cartina di tornasole di una società. Ciò non vale solamente per i Balcani, ma serve anche, per esempio, a capire il revisionismo con cui Putin giustifica l’invasione dell’Ucraina. Se quindi la memoria va curata e protetta, come decidere quale delle tante memorie in conflitto tra loro nei Balcani lo merita?

La soluzione non è semplice, ma ricordare esempi positivi di coesistenza e solidarietà interetnica, citati dallo storico e ricercatore Marco Abram di Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, può aiutare a costruire una memoria collettiva e condivisa nella regione. Un esempio virtuoso è anche il progetto “Ordinary Heroes” del Post-Conflict Research Center di Sarajevo, che racconta in questa chiave storie eroiche di persone comuni.

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Foto di Zoran Mirković/Flickr



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