Coppia coniugale e coppia genitoriale: dai figli non ci si separa
Quale coppia di novelli sposi non sogna il vissero per sempre felici e contenti? Peccato però, che la realtà sembra essere ben diversa dalle favole. Nella vita di tutti i giorni, infatti, non tutte le storie d’amore sembrano essere destinate a un lieto fine. Per quanto riguarda il panorama italiano, i dati sono piuttosto impressionanti: stando a quanto riportato da un articolo pubblicato nel 2022 da la Repubblica si stima infatti che ogni giorno le richieste di separazione da parte delle coppie siano in media 267, ovvero una ogni cinque minuti (la Repubblica, 2022). Tenendo conto che i motivi che possono portare alla fine di un matrimonio o di una storia d’amore sono tra i più disparati, da quelli di natura sentimentale come l’infedeltà del partner a quelli di natura economica, non sempre la separazione o il divorzio sono consensuali, ovvero avvengono per volontà condivisa di entrambi i partner. Le cose si complicano quando la coppia, oltre a essere coppia coniugale, è anche coppia genitoriale. In queste circostanze è bene tenere a mente come la separazione della coppia coniugale, coinvolgendo l’intero nucleo familiare, si configuri come un evento doloroso anche per i figli.
Affinché la separazione possa realizzarsi è dunque necessaria una ridefinizione dei ruoli genitoriali e una ristrutturazione degli equilibri dell’intero sistema familiare, figli compresi (Biscione et al., 2013). A questi ultimi è infatti richiesto un arduo compito: abituarsi a nuove routine familiari e ai molteplici cambiamenti che queste comportano. Con la separazione, può infatti accadere che i figli da un giorno all’altro si ritrovino a vivere solo con uno dei due genitori, magari in presenza del/la nuovo/a compagno/a di uno o di entrambi i genitori, a doversi trasferire in una nuova casa e/o città, a dover cambiare scuola o gruppo di amici (Zartler, 2021). Si tratta di una serie di cambiamenti significativi nella vita del minore che, ancor più in adolescenza, fase di transizione dall’infanzia all’età adulta già di per sé delicata e complessa, se non adeguatamente gestiti possono avere molteplici ripercussioni negative sul benessere socio-emotivo e sul processo di crescita (D’Onofrio et al., 2019).
Conflitti coniugali: quali ripercussioni sul processo di crescita dei figli?
Tenere a mente la linea sottile tra l’essere coppia coniugale e coppia genitoriale si rivela di primaria importanza, oltre che per entrambi i genitori, per il benessere del figlio/i stesso/i. Non prendere consapevolezza di ciò comporta infatti molteplici rischi, primo fra tutti quello di vedere il figlio come un “mezzo” attraverso cui soddisfare narcisisticamente i propri bisogni coniugali. Per fare alcuni esempi si pensi a quelle madri e a quei padri che vedono nel figlio un motivo di riconciliazione con il partner o ancora a quei genitori che inconsapevolmente proiettano sul figlio i vissuti di rabbia, frustrazione e delusione esperiti nei confronti dell’ex coniuge. A tale proposito come osserva Ackerman in “Psicodinamica della vita familiare” le situazioni di separazione più vulnerabili e degne di attenzione da un punto di vista clinico sono quelle di separazione in casa, ovvero quando i coniugi pur rimanendo insieme fisicamente “sotto lo stesso tetto”, sono emotivamente estranei tra loro (Ackerman, 1999). È proprio in queste situazioni che il figlio può risultare maggiormente esposto ai conflitti coniugali, con ripercussioni negative sul processo di crescita e sullo sviluppo socio-emotivo.
Dal punto di vista teorico, secondo un approccio sistemico, una possibile interpretazione delle dinamiche relazionali che si strutturano all’interno del nucleo familiare in situazioni di separazione contraddistinte da un’elevata conflittualità coniugale può essere fatta alla luce della Teoria dei Sistemi Familiari di Bowen (1978). Nello specifico Bowen definisce la triangolazione come quel processo per cui all’interno del nucleo familiare il figlio diviene quella terza componente del triangolo madre-padre-figlio su cui la diade coniugale rivolge le proprie tensioni relazionali (Bowen, 1978). In altre parole, si potrebbe dire che il figlio diviene il bersaglio, spesso conteso, delle controversie della coppia coniugale. Ma quali sono le ripercussioni sullo sviluppo socio-emotivo del minore? All’interno della triangolazione l’incapacità della coppia genitoriale di sintonizzarsi sui bisogni del figlio/i può essere tale per cui, come osservato da Dallos e colleghi (2016) i figli diventano invisibili agli occhi della coppia genitoriale e per un figlio, si sa, non c’è cosa peggiore del non essere “visto” dai propri genitori (Dallos et al., 2016). A tale proposito la letteratura psicologica evidenzia come dal punto di vista dello sviluppo socio-emotivo il coinvolgimento del minore nei conflitti coniugali aumenti il rischio per quest’ultimo di sviluppare condotte esternalizzanti, in particolare condotte aggressive che talvolta, nelle famiglie con più figli vengono agite anche nei confronti di fratelli e/o sorelle (Cummings, 1994). Inoltre, è stato riscontrato come in adolescenza il divorzio e/o la separazione dei genitori si associ ad un aumentato rischio per il minore di sviluppare sintomi depressivi, comportamenti problematici (come, ad esempio, abuso di sostanze) e difficoltà scolastiche (D’Onofrio et al., 2019).
L’elaborazione del lutto della separazione: il ruolo della mediazione familiare nelle situazioni di separazione
Nonostante non sia semplice, provare a evitare di incorrere nel meccanismo della triangolazione e nei suoi effetti negativi è possibile. Il primo passo consiste nella presa di consapevolezza e nella conseguente accettazione da parte di entrambi i componenti della coppia della propria situazione di separazione coniugale. In altre parole, è indispensabile che entrambi gli ex coniugi giungano, oltre che a un divorzio sul piano legale, a quello che in letteratura viene definito “divorzio psichico”, inteso come elaborazione del lutto della separazione (Merenda, 2019). Si tratta di un passaggio cruciale in quanto è proprio attraverso una rinegoziazione del legame coniugale e dunque una ristrutturazione dei ruoli genitoriali, che nell’interesse del minore entrambi i partner, pur avendo deciso di separare i propri percorsi di vita dal punto di vista affettivo-sentimentale, possono continuare a esercitare la propria cogenitorialità. Tuttavia, per le coppie conflittuali questo passaggio seppur necessario, spesso risulta particolarmente arduo e doloroso. L’elevata conflittualità della coppia può infatti ostacolare il processo di elaborazione del lutto della separazione.
Pertanto, quando all’interno delle coppie conflittuali la capacità di mediare i conflitti viene meno, tale funzione può essere svolta da un professionista esterno alla dinamica conflittuale. Infatti, è solo quando entrambi i genitori riescono a mettere da parte le proprie questioni irrisolte ed eventuali problemi coniugali sintonizzandosi sui bisogni del/i figlio/i, che la separazione può realizzarsi secondo una logica di collaborazione e dunque di cogenitorialità. Ed è proprio nella mediazione familiare che, tramite la figura del mediatore, la coppia genitoriale, giungendo a una graduale risoluzione delle dinamiche conflittuali, può essere accompagnata verso un cambio di lenti con cui guardare al proprio rapporto di coppia: la separazione dal coniuge non è necessariamente una guerra in cui ci sono vincitori o vinti; anche quando la coppia coniugale si separa si può continuare ad essere famiglia (Baruffaldi, 2010).
Dunque, cari genitori che state leggendo questo articolo, ricordatevi che, qualsiasi cosa accada alla vostra coppia coniugale, dai figli non ci si separa.
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