La moda va tenuta per le palle – by Hydra

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Buon martedì limpidissime tavolette del cesso!

Oggi per voi ho sfornato un pensiero che tengo al calduccio da un po’. I prezzi si alzano, solo i ricchissimi si possono permettere di acquistare, e noi qui poverini con le bave alla bocca… Sveglia! Il vero target della moda siamo sempre stati noi, pubblico pensante. E se una cosa non ci va bene, basterà alzare la voce per far sì che cambi.

Se l’incipit vi ha intrigato stay with me per questa riflessione. E seguite “Moda al cesso” anche su IG dove presto arriveranno anche contenuti video!

Buona lettura xx

Hydra

C’è aria di cambiamento in questo 2025, e mi sento incoscientemente positiva a riguardo. Lo scorso martedì abbiamo parlato di come quest’anno, a parer mio, segnerà la svolta dei veri professionisti e in un certo senso la caduta di personaggi che non hanno nulla di interessante da offrire al pubblico. Spero in una presa di coscienza collettiva, ma se osserviamo bene ci sono già i sentori di un cambiamento in atto – recuperatevi la newsletter della scorsa settimana per capire il mio punto di vista ♡. Stavolta, però, ho voglia di concentrarmi sul main focus di Moda al cesso: chiaramente, la moda. E la sua totale incapacità di essere esclusiva, nonostante i prezzi sui cartellini siano sempre più alti e solamente in pochi possano permettersi di rientrare a casa con un sacchetto di Prada, Gucci o Louis Vuitton sottobraccio. Se il 2024 è stato l’anno del valzer delle poltrone, con infiniti tentativi di cambiare e rinnovare l’essenza della maison, mi piace immaginare il 2025 in modo analogo, ma decisamente più bold. Il 2024 è stato l’anno del quiet luxury, dei maglioncini a righe che sostituiscono le meduse d’oro di Versace, di Gucci che assomiglia a Zara e di Zara che alza i prezzi ingiustificatamente pur non essendo Gucci. Il 2024 è stato smarrimento, tentativi, direzioni creative in sordina e collezioni politically correct, belle ma che non ballano. Facciamo sì che il 2025 torni in mano a noi: il pubblico pagante, parlante e pensante della moda, la vera voce in capitolo che può determinare l’andamento top o flop di una collezione. Chi compra e chi desidera comprare, chi osserva e chi preferisce ignorare, chi si emoziona e chi si annoia e non ha paura di nascondersi. La moda ci deve temere.

Un episodio degli scorsi mesi che mi ha fatta riflettere molto, è il caso Dior-Lyas. Nel caso non lo conosceste, ve lo riassumo brevemente. L’influencer francese – la cui lingua taglia più della spada – in occasione della Paris Fashion Week di ottobre è stato invitato dal team di Dior alla sfilata SS25 – quella del tiro con l’arco, per spiegarci. Dopo lo show, Lyas ha ben pensato di tornarsene a casa e dire la sua riguardo la collezione, calcando la mano sul fatto che fosse la peggiore sfilata a cui avesse partecipato quell’anno. Subito dopo, un insider dell’azienda gli avrebbe fatto notare la sua critica inappropriata, suggerendo che fosse motivata da un atteggiamento misogino verso Maria Grazia Chiuri. Oltretutto, Lyas avrebbe anche scoperto che alcuni dipendenti di Dior stavano cercando di danneggiare la sua reputazione, accusandolo di essere misogino. In risposta a questa vicenda e a queste accuse insensate, l’influencer ha condiviso un video in cui ha sottolineato che la libertà di parola non dovrebbe essere messa in discussione, lanciando un messaggio di incoraggiamento per tutti a non avere paura di esprimere le proprie opinioni, anche quando si tratta di critiche nei confronti dei marchi di moda. “L’industria della moda è spaventosa”, perché dire la verità riguardo una collezione, ad oggi, significa anche rischiare che il nostro nome venga infangato inesorabilmente. Che messaggio estrapoliamo da tutto ciò? La moda non accetta le critiche negative, ma sotto sotto, il nostro parere è la cosa più preziosa che i brand possano ricevere – sì, anche più dei nostri soldi. E il 2025 lo sta già confermando.

Che venda o non venda, Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, non sta rendendo giustizia alla maison di cui tiene le redini. Le collezioni sono così ridondanti, banali e accidentali che rischiano di ridurre a zero la desiderabilità di uno dei marchi che ha scritto gran parte della storia della moda moderna e postmoderna. Tra tiri con l’arco, sandali, toga party e frasi femministe che si potrebbero scrivere pari pari su una tazza in ceramica, l’identità di Dior sta diventando sempre più debole e il pubblico lo sa. E fidatevi, non c’è niente di “quiet” in tutto questo, ma solo sonore delusioni. Dopo mesi e mesi in cui sui social la gente non fa altro che lamentarsi delle sfilate di Dior – a parte pochi sostenitori che sottolineano quanto “le borse di Dior vendano”, ok, grazie al cazzo, Susanna, non le hanno inventate l’altro ieri – forse il 2025 segna l’inizio di una svolta. Si mormora infatti, su profili assolutamente reliable e che difficilmente si sbagliano, che il mandato di Maria Grazia Chiuri sia giunto al termine. Al suo posto, a sostituirla, nientemeno che uno dei fashion designer più amati dal pubblico nel corso degli anni: Jonathan Anderson, a capo di JW Anderson e Loewe. E basta dare un’occhiata al Lyst Index degli ultimi trimestri per accorgersi che sotto la sua direzione, Loewe ha sfornato item di moda sempre più hot, collaborazioni da acquolina in bocca e piazzamenti efficaci con le celebrità più seguite dello star system. Insomma, la sua ascesa l’abbiamo voluta noi: di fronte a Jonathan Anderson, che il suo stile piaccia o meno, è difficile non riconoscere un vero talento rivoluzionario. Che le nostre parole pungenti nei confronti di Dior non siano state del tutto inutili, ma che abbiano sotto sotto lasciato il segno?

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Ma non è finita qui: secondo la stessa fonte, anche il breve mandato di Sabato De Sarno da Gucci sarebbe già giunto al termine. Al suo posto, tra qualche mese, dovrebbe arrivare Hedi Slimane, che guarda caso ha appena lasciato la direzione di Celine. Certo, la presenza di Slimane nel gossip di moda è un po’ come il prezzemolo, ma perché annunciare la fine dell’era di De Sarno così avventatamente? Beh, dati alla mano, tutto quadra. Nel terzo trimestre del 2024, Kering ha registrato un calo del 15% delle vendite, con Gucci che ha subito una diminuzione del 26%, raggiungendo 1,6 miliardi di euro. Certo, non è tutta colpa di Sabato De Sarno, ci sono altri fattori in gioco, come il rallentamento del mercato del lusso in Cina e il calo generale dei consumi di alta gamma. Tuttavia, analizzando lucidamente la questione, le difficoltà sono anche attribuite a una percepita mancanza di attrattiva delle nuove collezioni, poco audaci e disconnesse dal pubblico. Alla maggior parte di noi, gente che osserva e non ha paura di dire la propria opinione, il nuovo Gucci non piace. Ed ecco perché un direttore come Hedi Slimane, con la sua carriera consolidata come direttore creativo di grandi marchi del lusso, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella rinascita di Gucci. Slimane, con la sua forte identità estetica, è abile nel giocare con lo streetwear sofisticato, la cultura giovanile e i codici postmoderni, riuscendo a rinnovare l’immagine di un brand senza perdere il suo appeal. La sua capacità di attirare giovani clienti con una visione coerente potrebbe essere proprio ciò di cui Gucci ha bisogno in questo momento.

Cari cessini, passiamo all’ultimo spunto di riflessione. Per uno stylist, un designer, un creator o un editor di moda, il sogno nel cassetto è spesso quello di partecipare a una sfilata. L’esclusività di un fashion show ci fa gola, il fatto di essere i primi a poter osservare le creazioni dei nostri stilisti preferiti ci farebbe sentire gratificati e rilevanti nell’industry in cui stiamo lavorando. E d’altro canto, la moda ha innegabilmente bisogno di noi. Secondo uno studio relativo alla stagione SS25, i brand starebbero ottimizzando la loro strategia invitando meno influencer agli eventi di moda, puntando a rimpiazzarli con più star del calibro globale e, si spera, con più insider del settore moda che possono costruire un giudizio meno condizionato sulle collezioni. Fatemi tirare un po’ di acqua al mio mulino: i commentatori di moda – o gli insider del settore – sono in grado di fare analisi dettagliate, che possono offrire al pubblico una comprensione più profonda del lavoro dietro ogni collezione. A differenza degli influencer, che spesso si limitano spararsi la posa e promuovere il marchio senza entrare nel merito, gli insider possono offrire critiche costruttive che aiutano i marchi a migliorare, evidenziare punti di forza e debolezza, suggerendo aree di miglioramento. Oltre a ciò, il pubblico (voi <3) considera spesso i commentatori come voci più autorevoli di un influencer, individui con una visione informata della moda e dei suoi sviluppi, al passo con le tendenze ma anche informati sul passato di una maison. Se un commentatore di moda elogia una collezione, ad esempio, la sua opinione potrebbe anche essere vista come una forma di validazione del lavoro del designer.

Insomma, come ha già ampiamente dimostrato il caso Lyas-Dior, siamo noi comuni mortali a tenere la moda per le palle: siamo i nuovi giornalisti con taccuino e matita che veicolano informazioni a chi vuole saperne di più, scoprire il core di una collezione e il suo vero significato. Con la differenza che non veniamo pagati (ancora) per spendere commenti sulle collezioni, e proprio per questo motivo la nostra opinione resta autentica e genuina, condivisibile o meno. E la moda ci teme così tanto che verrà presto a farci il filo.

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Spero di avervi offerto uno spunto di riflessione anche oggi, miei gabinetti indomiti. Ovviamente ogni commento è apprezzatissimo come sempre!

Vi ho anticipato che nei prossimi giorni arriveranno anche dei contenuti video sulla pagina IG di Moda al cesso, non perdeteveli!

A prestooooo





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