L’efficientamento degli edifici pubblici procede a rilento

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Il Pniec prevede interventi di riqualificazione sul 3% degli immobili ogni anno tra 2025 e 2030: obiettivo 9 volte superiore alla superficie riqualificata fra il 2014 e il 2022, ancora più critico considerando l’efficientamento degli edifici pubblici. Negli ultimi anni, infatti, è venuto meno il tasso medio dei progetti legati alla Pa, attestandosi, nel 2022, a un insufficiente 0,7%.

Se il patrimonio immobiliare “cuba” il 42% dei consumi energetici e il 18% delle emissioni di gas serra, con una spesa media di 50 miliardi di euro all’anno per i consumi termici ed elettrici, e se il 56% degli edifici pubblici italiani si colloca in classe energetiche basse, non è difficile comprenderne la rilevanza nella strada della decarbonizzazione edilizia. Eppure, l’obsolescenza degli immobili pubblici ancora si scontra con la mancanza di programmazione e di competenze tecniche. Ma anche con la difficoltà di sfruttare pienamente le risorse disponibili.

Due vie per l’efficientamento degli edifici pubblici

A consolidare questa dinamica, un’analisi condotta a dicembre 2024 dalla Community Smart Building di The European House – Ambrosetti (TEHA). In questa survey, operatori della filiera, istituzioni e pubblica amministrazione hanno detto la loro sulle sfide per la transizione smart dei Comuni italiani, evidenziandone punti di forza e problematiche.

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Quanto all’efficientamento degli edifici pubblici, spiega Benedetta Brioschi, partner e responsabile Community Smart Building di TEHA Group, si individuano due direzioni di intervento. Ovvero, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione Ue e la sensibilizzazione dei cittadini sui benefici della riqualificazione smart degli edifici. Tuttavia, non mancano le criticità legate a modalità del massimo ribasso nel processo di appalto, competenze e, a livello locale, difficoltà nella diagnosi e nel monitoraggio degli interventi.

“Una leva fondamentale per accelerare l’efficientamento degli edifici pubblici è promuovere una gestione aggregata dell’energy management attraverso il monitoraggio dei dati energetici. E un’applicazione più estesa della diagnosi energetica, punto di partenza per comprendere a fondo il fabbisogno di ciascun edificio e quali interventi realizzare”, aggiunge Brioschi.

Per accelerare l’efficientamento serve promuovere una gestione aggregata dell’energy management

Decarbonizzazione Pa: perché l’Italia è in ritardo?

Partiamo dai dati di fatto. In Italia, al 2024, il 56% degli edifici pubblici si trova nelle tre classi energetiche peggiori: E, F e G. Il 24% si concentra nella sola classe G, mentre le classi A4, A3 e A2 si fermano al 4% del totale. A fronte di questo gap, l’Agenzia del Demanio ha stanziato 2,1 miliardi di euro per riqualificare 5 milioni di metri quadri di superficie entro il 2026. In particolare, il Prepac (Programma di riqualificazione energetica degli edifici della pubblica amministrazione centrale) pianifica un efficientamento degli edifici pubblici pari al 18% fra il 2025 e il 2030. Un tasso annuo del 3%, già accennato, che comporterebbe la riduzione annua dell’1,9% dei consumi energetici.

I target Prepac sembrano irraggiungibili

In tutto questo, la PA parte in ritardo. Dopo il picco del 2018, con un 4,1% di tasso annuale di riqualificazione degli edifici pubblici, siamo passati allo 0,7% del 2022. Gli operatori del settore e i rappresentanti degli enti locali interpellati dalla Community Smart Building sono poco ottimisti. Per il 94% degli intervistati, il tasso di riconversione aumenterà, ma resterà lontano dal target fissato dal Prepac. La categoria più critica sono le scuole e università, indicate dall’82% del campione. Un problema, considerando che questi immobili rappresentano il 38% del degli edifici della PA. Quasi la metà degli intervistati, il 47%, ritiene prioritario intervenire sull’edilizia pubblica residenziale, il 41% indica gli ospedali e il 12% gli uffici.

Cosa non sta funzionando nell’efficientamento degli edifici pubblici

Il processo di decarbonizzazione della Pa, dunque, si scontra con diverse criticità. Spiccano i problemi di gestione finanziaria e la modalità di selezione nei bandi di gara. Quest’ultima, spesso basata sul massimo ribasso, limita innovazione e qualità delle soluzioni tecnologiche e non garantisce sostenibilità economica alle aziende.

I problemi più sentiti sono:

  • ritardi burocratici ed eccessivo numero di enti coinvolti: 68% di risposte;
  • mancanza di fondi: 53%;
  • carenza di competenze tecniche interne: 42%);
  • adozione del massimo ribasso come principale metodo di selezione nelle gare d’appalto: 32%;
  • criticità nella fase di diagnosi e monitoraggio dei risultati: 26%.

Visione olistica e integrata dell’edificio

Altrettanto importante, secondo gli operatori del settore, considerare ognuna delle parti che compongono l’immobile prima di definire i progetti di efficientamento degli edifici pubblici. Tra le dimensioni, bisogna anche valutare attentamente i flussi di persone. Porte, tornelli e ascensori sono elementi da integrare e connettere per contribuire all’efficienza energetica complessiva dell’edificio. Per esempio, si possono adottare soluzioni in grado di trasformare l’energia in eccesso generata da un ascensore in fase di frenatura in elettricità. Andando così ad alimentare gli impianti HVAC, l’illuminazione, ecc.

Spingere sul partenariato pubblico privato

In questo contesto, TEHA torna a spingere sul partenariato pubblico privato (PPP), ancora poco utilizzato in Italia. Basti pensare che tra 1990 e 2021 queste iniziative hanno “speso” solo 4,5 miliardi di euro rispetto ai 93 miliardi della Gran Bretagna.

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Tra i vantaggi del PPP:

  • tempi di realizzazione più rapidi;
  • minore impatto sulla finanza pubblica;
  • stimolo all’innovazione;
  • condivisione dei rischi;
  • ottimizzazione dei costi per l’intero ciclo di vita degli edifici;
  • integrazione tra competenze pubbliche e private;
  • interventi “su misura” per ogni specifica esigenza.

Per il 72% degli intervistati, si tratta di uno strumento fondamentale per supportare la decarbonizzazione della Pa tramite capitali privati. Tuttavia, per cogliere appieno questa opportunità servono maggiore impegno e una strategia coordinata a livello nazionale.

Sinergie che portano competenze

L’ingresso di capitali privati riesce anche ad accelerare i tempi di realizzazione dei progetti, riducendo il carico finanziario sugli enti pubblici. Ma soprattutto aumenta il tasso di innovazione nell’efficientamento degli edifici pubblici, in quanto porta in seno a ogni progetto tecnologie avanzate e competenze specialistiche.

Che profili servono alla decarbonizzazione della PA? Ingegneri (60%), progettisti (50%), installatori di sistemi HVAC e di domotica (40%) e tecnici di manutenzione e sicurezza (40%) sono i più richiesti sul mercato degli smart building. Figure che la pubblica amministrazione fatica a reperire: il 71,6% delle posizioni per ingegneri e architetti e il 37,5% per tecnici informatici risultano vacanti. Un gap di competenze che pesa notevolmente sulle politiche di sostenibilità e innovazione tecnologica degli edifici pubblici. E che potrebbe essere colmato proprio collaborando con il privato.

La Community Smart Building si inserisce in questo dialogo per favorire nuove sinergie tra operatori dell’industria e policy maker. “Gli operatori della filiera degli edifici intelligenti possono supportare la Pa nell’identificazione delle tecnologie più adatte per accelerare l’efficientamento degli edifici pubblici e colmare il gap di competenze”, conclude Lorenzo Tavazzi, senior partner e responsabile Scenari & Intelligence di TEHA Group.



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