chi detiene la ricchezza in Italia?

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In Italia, la distribuzione della ricchezza segue una linea di separazione netta tra le generazioni. L’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale dell’Italia evidenzia che la ricchezza pro-capite è in diminuzione, ma soprattutto che la maggior parte del patrimonio si concentra nelle mani della popolazione anziana. Dal 2003 al 2023, il reddito disponibile lordo pro-capite è calato del 7%, mentre la ricchezza netta pro-capite si è ridotta del 5,5%. A ciò si aggiunge il dato impressionante che l’85,5% degli italiani considera la mobilità sociale un obiettivo quasi irraggiungibile.

La ricchezza “anziana”

Secondo il Censis, il 58,3% della ricchezza netta italiana appartiene alle famiglie con un capofamiglia nato prima del 1980. Ma se ci addentriamo nei dettagli, il dato è ancora più sbilanciato. I baby boomer (nati tra il dopoguerra e i primi anni ’60) detengono il 43,3% del totale, con una ricchezza media di oltre 360.000 euro per famiglia. La generazione silenziosa, i nati prima della Seconda guerra mondiale, si difende con 280.000 euro in media.

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E i giovani? Non pervenuti. Le famiglie capeggiate da millennial o membri della generazione Z arrancano, con una ricchezza media di circa 150.000 euro, meno della metà rispetto ai baby boomer. In altre parole, la disuguaglianza generazionale si fa ogni anno più evidente, mentre la mobilità sociale è un miraggio per l’85,5% degli italiani.

Ma c’è di più: questa ricchezza “anziana” è destinata a diventare ancora più concentrata. La denatalità ha ridotto il numero di potenziali eredi e, quindi, aumentato il valore medio delle future eredità. E qui si apre un altro scenario inquietante.

Un imbuto generazionale

Il fenomeno della denatalità – che ormai rappresenta uno dei mali endemici del nostro Paese – aggrava ulteriormente questa disparità. non solo riduce la popolazione giovane, ma rischia di creare una concentrazione di patrimoni senza precedenti. Dal 2008 al 2023, le nascite si sono ridotte del 34,1%, mentre le donne in età fertile sono diminuite di oltre 2 milioni. Un trend che, anche in caso di inversione miracolosa, non potrà essere recuperato.

Il risultato? Un passaggio intergenerazionale di ricchezza sempre più ristretto, con pochi eredi che erediteranno tanto. Ma questa attesa sta già avendo effetti deleteri. Il Censis parla di una ridotta propensione al rischio imprenditoriale: molti giovani crescono con l’idea di essere “destinatari di successione”, sviluppando una mentalità da rentier, poco incline all’intraprendenza. Un freno, questo, che l’Italia non può permettersi in un momento storico in cui avrebbe bisogno di idee fresche e spirito innovativo.

La crisi demografica e le sue implicazioni

L’analisi demografica del Censis è altrettanto preoccupante: tra il 1984 e il 2024, la popolazione di 20-29enni è diminuita del 17,5%, mentre quella di 30-39enni ha subito un crollo del 29,4%. Guardando al futuro, si prevede un ulteriore calo: entro il 2044, i giovani tra 20 e 29 anni diminuiranno di un altro 15,6%, rendendo sempre più difficile garantire un ricambio generazionale in qualsiasi ambito.

A fronte di una popolazione sempre più anziana, il rischio è quello di un Paese che si muove a rallentatore. Il patrimonio continuerà a rimanere nelle mani degli over 60, mentre i giovani, numericamente inferiori, saranno costretti a contendersi le briciole, senza avere le risorse per innovare, investire o semplicemente immaginare un futuro migliore.

Infinite forme di povertà

A tutto questo si aggiungono le nuove forme di povertà rilevate dal rapporto. L’Italia registra percentuali di rischio di povertà superiori alla media europea: il 27,2% degli italiani è a rischio prima dei trasferimenti sociali, e il 18,9% anche dopo di essi. Inoltre, il 9,8% delle famiglie non riesce a coprire le spese mensili, mentre l’8,4% vive in povertà alimentare e il 9,5% in povertà energetica. Il 36,9% degli italiani, invece, ha dovuto tagliare altre spese per far fronte ai costi sanitari, con punte del 50,4% tra le famiglie a basso reddito.

In questo contesto, la sanità rischia di diventare un privilegio per pochi. Ogni 100 tentativi di accedere al Servizio sanitario nazionale, 35 finiscono nel privato a pagamento. Non è un caso che l’84,2% degli italiani sia convinto che i ricchi possano curarsi meglio e prima degli altri.

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Il boom dei miliardari e il rischio della “medietà”

A fronte di questi numeri impietosi, c’è un’altra faccia della medaglia che fa riflettere. Mentre il reddito pro-capite diminuiva del 7% e la ricchezza netta del 5,5% negli ultimi vent’anni, il numero di miliardari italiani è aumentato. Dal 2023 al 2024, sono 6 i nuovi miliardari registrati, per un totale di 62 super-ricchi con un patrimonio complessivo di 199,8 miliardi di dollari. Una crescita del 23,1%, che ci colloca ai vertici europei. Il paradosso è evidente: mentre una fetta sempre più grande della popolazione fatica ad arrivare a fine mese, una piccola élite continua ad arricchirsi, ampliando il divario sociale.

L’Italia si trova in una situazione di stallo, dove la “medietà” denunciata dal Censis non consente al Paese di avanzare né economicamente né socialmente. Da un lato, abbiamo raggiunto record positivi nell’occupazione e nel turismo. Dall’altro, la spinta verso un benessere diffuso si è fermata. La scelta di non osare, di accontentarsi, è il vero nemico del progresso, dice il rapporto.

La concentrazione della ricchezza nelle mani degli anziani e il declino demografico rappresentano due facce della stessa crisi strutturale, ma cosa fare per invertire la rotta? Le soluzioni non sono semplici e richiederebbe interventi immediati e coraggiosi che passano inevitabilmente per tre direttrici: incentivare la natalità, promuovere politiche di redistribuzione del reddito e investire in programmi per favorire la mobilità sociale. Tuttavia, senza un cambio di paradigma, il rischio è quello di rimanere intrappolati in un circolo vizioso di disuguaglianze crescenti e opportunità sempre più limitate.

 



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