Pallacanestro Varese, il Pagellone PT.1: Kao e Gray insufficienti, Alviti colonna portante. Mannion, poteva finire diversamente

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Con la fine del girone d’andata è tempo di fare il nostro consueto Pagellone su quella che è stata la prima parte di stagione per tutta la Pallacanestro Varese.

AKOBUNDU – EHIOGU 5

Non può sicuramente essere positivo il giudizio su Kao che, in questi primi mesi di avventura in casa biancorossa, ha purtroppo palesato tutti quei limiti che parevano evidenti fin dall’estate. Un giocatore acerbo tatticamente e tecnicamente, legato solo ed esclusivamente al gioco in pick’n’roll e capace di colpire praticamente solo su imbeccata da alley-oop. A livello difensivo ancora tante sono le lacune in termini di copertura degli spazi e di marcatura 1vs1. L’arrivo di Tyus ha poi accentuato la differenza tra i due nell’efficacia soprattutto nella lotta a rimbalzo, dove l’ex giocatore di Tubingen deve ancora crescere moltissimo. Il vero errore è però stato commesso quest’estate da chi lo ha acquistato considerandolo pronto per essere il pivot titolare di questa squadra.

ALVITI 8

Dopo un mese di settembre vissuto in sordina, ha iniziato a mostrare il suo vero valore senza mai fermarsi. Una colonna portante di questa Pallacanestro Varese, Davide in pochi mesi ai piedi del Sacro Monte ha riconquistato la Nazionale e conquistato la titolarità a suon di prestazioni più che ottime. Ciò che più sorprende è la continuità nella completezza delle sue prestazioni che vanno dai punti segnati (13.1 di media) ai rimbalzi conquistati (5.1 di media) alla leadership caratteriale con cui sa imporsi nella squadra.

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MANNION 4

Non per le giocate in campo, da grandissimo giocatore quale è e si sta dimostrando anche in una realtà di Eurolega come Milano, ma per quanto fatto fuori dal parquet e nello spogliatoio. Dopo aver accettato il ruolo di capitano della squadra e di una piazza intera, ha abbandonato la nave alla prima occasione senza nemmeno troppe remore: la crescita di un giocatore passa anche da scelte come queste e sicuramente se Varese deve essere grata a Mannion per la salvezza della scorsa stagione, il Red Mamba deve dire grazie ai biancorossi per averlo rilanciato dopo il tunnel nel quale tre Virtus Bologna e Baskonia era entrato. Un pizzico di riconoscenza in più non avrebbe guastato.

GRAY 5

Troppo altalenante. Un giocatore che passa fin troppo sotto silenzio nelle prestazioni e questo nel bene, quando si è dimostrato abile nel saper lasciare il segno senza quasi che il pubblico se ne accorgesse (caratteristica dei grandi giocatori) e nel male, quando il suo passaggio sul campo ha lasciato fin troppo poco il suo marchio, soprattutto in termini offensivi. Il solo 28.1% nel tiro da tre punti per uno specialista del fondamentale come lui che ha sempre viaggiato a oltre il 40% di media nel tiro da oltre l’arco è la testimonianza del poco feeling che sta trovando con il canestro ma per Mandole è un elemento essenziale in fase difensiva grazie alla sua fisicità e versatilità nei ruoli ma non può bastare per la sufficienza.

BRADFORD 8

3 partite, 3 vittorie. Il campione di valutazione è troppo ristretto? Può essere, ma la massimizzazione del risultato in un lasso di tempo così ristretto non può che essere esaltata per un giocatore che ha saputo portare quell’equilibrio che a Varese mancava.

TYUS 7

Smaltite le scorie, più che normali, per un giocatore di 37 anni fermo da fine maggio, sta dimostrando perché nella sua carriera ha sempre lottato per vincere, riuscendoci in parecchie occasioni a livelli altissimi del basket europeo. Presenza, fisicità ed un’efficacia incredibile a rimbalzo (come i 6.8 di media a partita dimostrano). Un giocatore cestisticamente talmente intelligente da riuscire ad integrarsi in un sistema di gioco molto distante dalle sue possibilità attuali in termini di atletismo e velocità, diventando elemento imprescindibile sotto le plance per la OJM. Ah, nelle ultime tre vittorie consecutive il suo marchio è indelebile.

LIBRIZZI 7.5

Si è fatto trovare pronto nel momento dell’addio di Mannion, lo ha fatto in campo così come al di fuori di esso con il ruolo di capitano, assumendosi la responsabilità di ergersi a capo del gruppo squadra nel momento più difficile della stagione. Sta abbinando, alla solita proverbiale verve ed efficacia difensiva, quella qualità offensiva, soprattutto nel tiro da tre punti, indispensabile per un giocatore come lui per poter stare ad un livello come quello della Serie A. Dove migliorare? Nelle prestazioni lontano da Masnago e dal calore del suo pubblico che lo sa esaltare come non mai.

Alessandro Burin



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