Medici pronti allo sciopero, stipendi troppo bassi e condizioni di lavoro pesanti. Ma sono in arrivo 5 miliardi

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La protesta dei medici continua anche con il nuovo anno. Con le stesse rivendicazioni ripetute ormai fino allo sfinimento: le risorse economiche stanziate con l’ultima legge di Bilancio non bastano, gli stipendi restano tra i più bassi in Europa, le condizioni di lavoro sono pesanti. E così, nonostante le rassicurazioni del governo, le interlocuzioni «quasi quotidiane» con il ministro Orazio Schillaci, i camici bianchi il 25 gennaio si riuniranno a Roma per manifestare il proprio dissenso. I sindacati anche stavolta fanno muro, in modo unitario. Tra le sigle che manifesteranno, ci sarà l’Anaao, Cimo, Fimmg, Fimp, Sumai. «Il malessere non si è mai sopito, di risposte alle nostre istanze non ce ne sono – spiega Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) – Si dovrà decidere quali sono le risorse del 2026 previste in finanziaria e credo che questa sia la molla che sta animando il mondo medico. Noi chiediamo al governo: come li volete spendere? Ancora una volta, però, siamo stati esclusi». La richiesta comune dei sindacati è ancora una volta quella di avviare un confronto col ministero. «Ad oggi non c’è alcun tavolo aperto nonostante la categoria lo chieda da tempo – ribadisce Anelli – Rimane l’interlocuzione quotidiana e riconosciamo che ci sia anche tutta la buona volontà da parte del ministro che, essendo medico, vive sostanzialmente le nostre problematiche. In questa fase, le organizzazioni sindacali vogliono presentare la propria piattaforma organizzativa. Poi, sarà il confronto a decidere tutti insieme se si va verso un braccio di ferro oppure verso una soluzione».

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I TEMI

I temi ancora insoluti sono ancora numerosi. Ma non sono soltanto le rivendicazioni economiche che terranno banco nel confronto tra i sindacati. «Vorremmo mettere in evidenza lo stato di disagio dei medici, come dipendenti – ribadisce Guido Quici, presidente della Cimo-Fesmed – È per noi prioritario mettere in primo piano le condizioni di lavoro nelle strutture ospedaliere, legate alle aggressioni. E poi i contratti non rinnovati, le dinamiche legate alla colpa grave. Ecco, bisogna intervenire con urgenza almeno su questi punti». Ma a rendere ancora più difficile il dibattito sarà anche la questione dei medici di famiglia, molti dei quali non ci tengono proprio a perdere lo status di libero professionista per diventare dipendenti. «Se l’obiettivo è garantire la loro presenza nelle Case di comunità, che saranno aperte h24 – ribadisce Anelli – il contratto attuale già prevede che ciascun medico impieghi 6 ore settimanali per le Asl, per un totale di 20 milioni di ore. Dunque la copertura è già assicurata. Andare a modificare una struttura legislativa complessa per determinare un cambio di status di cui non c’è alcun bisogno aprirebbe, invece, tantissimi problemi pratici, oltre a privare i cittadini del proprio medico in ambulatorio». Eppure, è proprio sulla medicina territoriale che vorrebbe puntare il ministero per poter fornire assistenza ai cittadini, ed evitare il ricorso a volte inappropriato ai pronto soccorso.

LA POSIZIONE

Ma i medici la pensano diversamente. «Oltre 20 milioni di ore l’anno – calcola Anelli – potranno essere garantiti proprio dai medici di medicina generale per erogare servizi, e attraverso le aft, che sono le aggregazioni funzionali territoriali, e poi nelle case di comunità, appunto, insieme agli altri professionisti che saranno presenti: per esempio le vaccinazioni, per esempio tutta l’assistenza infermieristica, la presa in carico delle malattie croniche, il lavoro che si potrà fare con gli specialisti convenzionati». In realtà, se continua ad esserci carenza di medici come ha più volte ribadito il ministro Schillaci in parte è dovuto al fatto che i fondi erogati non vengono utilizzati per rinforzare il personale. «Non è soltanto una questione economica – ribadiscono dal ministero – ma anche di riorganizzazione del servizio a livello regionale. Le regioni devono impegnarsi». E su questo punto, anche i medici sono d’accordo: «È vero, spesso le Regioni non spendono i soldi – rimarca Quici – Il punto è che se non assumono, i soldi rimangono nei bilanci aziendali. Senza contare che molti medici poi vengono contrattualizzati a tempo determinato. E questo è penalizzante per molti specialisti». Intanto, si prova a ragionare sui prossimi passi. «Adesso prepariamo un documento incentrato sulla professione medica e sullo stato di disagio – ribadiscono i sindacati – e poi immaginiamo iniziative nazionali per rivendicare il nostro ruolo. Noi che siamo i “tecnici” del sistema sanitario almeno vorremmo essere ascoltati». Ma dal ministero ribadiscono ancora una volta: «C’è un dialogo che va avanti, aperto, continuo. Ci sarà probabilmente un nuovo incontro, resta da stabilire quando, ma il ministro è ben disponibile ad un confronto, ad esaminare ancora i temi che sono già noti, per vedere come sul piano economico e organizzativo si potranno trovare delle soluzioni. Il governo ha già mostrato la massima disponibilità. ll 2025 è un anno di transizione. I fondi più rilevanti sono previsti per il 2026: sono già stabiliti e spendibili 5 miliardi. Si tratta di uno stanziamento importante che andrà incontro a tutte le richieste».

 

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