«Io nelle mani degli usurai: ho anche pensato di uccidermi»

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Reggio Emilia «Ero disperato, volevo togliermi la vita: avevo già preparato il cappio nel capannone quando è arrivata la polizia. È stato pesantissimo, devo ancora riprendermi. Tuttora assumo psicofarmaci, non riesco a riprendermi. Nel frattempo la mia attività è perduta per sempre». È quanto ha dichiarato in tribunale un imprenditore di 46 anni, in seguito a difficoltà economiche finito nelle mani di usurai. Non usurai qualsiasi, ma persone senza scrupoli, alcuni dei quali contigui ad ambienti ’ndranghetistici, che secondo uno schema ben conosciuto hanno spolpato il malcapitato, il quale oggi vive sotto protezione.

Un caso sintomatico di quel che può accadere a chi si mette nelle mani sbagliate. L’intricata vicenda vede otto imputati: Giambattista Di Tinco, 49 anni (avvocato Mattia Fontanesi e Gaetano Vitale di Taranto); Mario Falbo, 53 anni (avvocato Luigi Colacino); Francesco Silipo, 34 anni (avvocato Pasqualino Miraglia di Modena); i fratelli Samuel e Gionata Lequoque, 39 e 46 anni (avvocati Nicola Tria e Matteo Murgo del foro di Bologna). Di Tinco (il quale, insieme ai Lequoque, era già finito nell’operazione Minefield della Finanza sulle fatture false) deve rispondere del reato di usura in concorso; tutti gli altri di tentata estorsione in concorso aggravata. L’ottavo imputato è al contempo la parte offesa: si tratta dell’imprenditore che, insieme ai fratelli Lequoque, deve rispondere di emissione di fatture false per aver messo a disposizione una sua società (effettiva) come cartiera in un periodo precedente (dal 2022 al 2023), cosa che il 46enne ha ammesso.

È stato proprio l’imprenditore a sporgere denuncia, facendo emergere l’incubo del quale è stato vittima dal novembre 2023 all’agosto 2024, quando assistito dall’avvocato Giacomo Fornaciari si è rivolto alla giustizia ricevendo la solerte attenzione del procuratore capo Calogero Gaetano Paci. Il terribile racconto è avvenuto ieri davanti al gip Luca Ramponi, durante un incidente probatorio richiesto dai pm Giulia Galfano e Stefano Finocchiaro per fare chiarezza; la stessa richiesta è stata fatta dalla difesa dei Lequoque. Difatti gli indagati negano e si accusano a vicenda, anche se ci sono le intercettazioni telefoniche. La sofferta versione dell’imprenditore è durata quasi quattro ore. L’inizio della fine risale a novembre 2023 quando, in difficoltà per mancati incassi, per ottenere subito liquidità il 46enne si rivolge a Di Tinco: è quest’ultimo a consegnargli 50mila euro con interessi di 10mila euro mensili da parte di terzi, con l’avvertenza di stare attento: «Sono persone che fanno un altro mestiere». L’imprenditore è convinto di poter far fronte: a febbraio sarebbero arrivati gli incassi, questione di pochi mesi. Invece va diversamente. Il 46enne non riesce pagare e inizia un “pressing” senza scrupoli che vede entrare in azione, a più riprese, i vari imputati: secondo la procura i mandanti sono i Lequoque. A partire da marzo 2024 è un crescendo di intimidazioni: dai messaggini Whatsapp in codice («quando paghi la rata del noleggio del furgone?») alla convocazione in un ufficio di via Pansa dove il 46enne viene insultato e schiaffeggiato; dall’accompagnamento forzoso al bancomat, dove l’imprenditore viene costretto a prelevare e consegnare 3.500 euro, ai bonifici da 7.500 euro; dalla consegna delle password dell’home banking fino alla richiesta di comprare tramite finanziamenti due auto di lusso per rivenderle subito.

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La ragnatela poi si complica quando gli aguzzini si convincono che il 46enne abbia usato parte dei proventi delle fatture false per pagarli: in pratica che abbia rubato loro due volte, circostanza che l’imprenditore ha confermato. Il debito si gonfia fino a raggiungere la cifra di 114mila euro. Tra fine luglio e i primi di agosto 2024 la situazione è insostenibile: Silipo e un altro mettono a soqquadro la casa del 46enne, che terrorizzato non torna più nella sua abitazione, mentre le minacce di morte a lui e ai suoi familiari in Campania si moltiplicano. «Vai a Reggio, che quanto è vero Dio domani mattina parto da Steccato di Cutro e vado direttamente in paese da te…». «Ti spacco in due come un capretto». E se avesse idee balzane, si ricordi che «Prima o poi la pena finisce…mica ne abbiamo uno solo sulle spalle». © RIPRODUZIONE RISERVATA



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