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Che anche alcune figure del mondo del calcio abbiano preso parte al conflitto non è un segreto: all’inizio dell’invasione russa, l’allenatore ucraino Jurij Vernydub aveva lasciato la guida dello Sheriff Tiraspol – che aveva condotto a una storica partecipazione ai gironi della Champions League pochi mesi prima – per andare a difendere il suo Paese. Ma la storia di Bugayev è molto differente e non riguarda nessuna coraggiosa decisione di arruolarsi. L’ex-difensore russo aveva accettato di andare al fronte per evitare la galera: il 28 ottobre 2023 era stato arrestato a Krasnodar, dove viveva, per possesso di mefedrone, e quasi un anno dopo era stato condannato a 9 anni e mezzo di prigione per traffico di droga.
Vitaliy Shevchenko, che lo aveva lanciato giovanissimo nella Torpedo Mosca, ha detto alla testata russa Sport Express che Bugayev era sempre stato un ragazzo “problematico” e indisciplinato. Il club della capitale lo aveva prestato ai siberiani del Tom Tomsk, dove si era conquistato la convocazione in Nazionale, ma al ritorno alla base Bugayev aveva iniziato a saltare spesso gli allenamenti, ed era stato ceduto alla Lokomotiv Mosca. Questo trasferimento in uno dei club migliori del Paese (all’epoca la Lokomotiv era campione nazionale) fu l’occasione della carriera, ma il difensore non la seppe sfruttare. Il 9 febbraio 2005 era titolare in amichevole a Cagliari contro l’Italia (2-0 per gli Azzurri), in quella che sarebbe stata la sua ultima apparizione in Nazionale, a nemmeno 24 anni.
Come ha raccontato L’Équipe, Bugayev aveva già all’epoca grossi problemi con l’alcol. Il Guardian riporta le parole del suo allenatore durante la seconda esperienza al Tom Tomsk (2006-2008), Valeriy Petrakov: “Un giorno mi chiese due giorni di vacanza dopo una bella partita, così da tornare a Mosca a visitare la sua famiglia (Tomsk dista oltre 3.600 km dalla capitale russa, nda). Accettai e gli dissi che se li meritava. Lui sparì, poi venne fuori che aveva passato tutto il tempo a bere”. Dopo un’ultima stagione al Krasnodar, nel 2010, a soli 29 anni, Bugayev decise di ritirarsi. Quattro anni dopo, intervistato da Sovetsky Sport, rivelò che viveva lavorando nel riciclaggio di carta: per ogni chilo di materiale che recuperava col suo furgone e che portava al centro di raccolta, veniva pagato 2 rubli e mezzo (cioè 2 centesimi di euro).
Evidentemente quel lavoro non bastò, specialmente al sopraggiungere della pandemia. È stato lui stesso ad ammettere, durante il processo, di avere effettivamente spacciato droga: a quel punto, arruolarsi è stato l’unico modo per evitare il carcere. Già nell’ottobre 2023 la BBC raccontava come il Ministero della Difesa russo stesse arruolando persone nelle prigioni del Paese per rimpolpare i ranghi del proprio esercito: i condannati firmano veri e propri contratti col Governo, con tanto di stipendio e compensazioni in caso di ferimento o morte, e al termine del periodo di servizio vengono considerati liberi. Uno di questi particolari soldati può guadagnare 205.000 rubli al mese (circa 2.000 euro) e ricevere una compensazione di 5 milioni di rubli (28.000 euro) se gravemente ferito, mentre in caso di morte i suoi famigliari potranno ricevere 5 milioni di rubli (47.000 euro).
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In compenso, questi battaglioni di ex-carcerati sono il posto peggiore in cui un soldato russo possa finire. Sono sacrificabili, “carne da cannone” come ha detto un soldato dell’esercito regolare di Mosca a Reuters: nella sua inchiesta, la nota agenzia di stampa ha riferito che anche chi si macchia di insubordinazione nelle truppe regolari può essere inviato in queste divisioni. Ed è in questo contesto che si è ritrovato Aleksei Bugayev. “Non si tratta di calcio, perché lo aveva dimenticato ormai molto tempo fa. È una storia di vita, e il problema è che abbiamo milioni di storie simili in Russia. Guardare il telegiornale è deprimente”, ha detto Aleksandr Mostovoi, regista simbolo del calcio locale tra gli anni Novanta e Duemila.
La Russia ha uno storico problema con la dipendenza da alcol: nello scorso decennio le politiche del Governo avevano portato a ridurre sensibilmente il fenomeno, che restava però di notevoli dimensioni (i casi di dipendenza diagnosticati annualmente erano scesi da 154.000 a 53.000), ma nel 2023 i dati sono tornati a crescere. All’alcolismo si aggiungono le droghe, tra cui appunto la fa da padrone il mefedrone, che in questi anni è diventata la sostanza più utilizzata in Russia: secondo i dati riportati da The Spectator, le morti connesse all’abuso di droga nel Paese hanno superato quota 10.000 all’anno, una cifra più che raddoppiata rispetto al 2019.
“Se fosse andato in terapia, sarebbe diventato un grande difensore”, ha assicurato Petrakov. Probabilmente, in quel caso la vita di Aleksei Bugayev sarebbe stata molto differente. La notizia della sua morte, diffusa inizialmente dall’agenzia di stampa russa TASS, è stata confermata dal padre dell’ex-calciatore 43enne lo scorso 29 dicembre. Non è chiaro dove e in che precise circostanze sia morto Bugayev: secondo l’avvocato di famiglia non è ancora stato possibile recuperare il corpo, che si trova in una zona di intensi combattimenti.
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