Oligarchie ed élite globali: che fare quando si è ‘contro”?

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Le élite globali influenzano la politica mondiale, ma non sono invincibili. Esistono divergenze e spazi di manovra per l’azione democratica. Il vero ostacolo è l’inerzia e la mancata partecipazione. Non rassegnarsi è il primo passo per costruire un futuro migliore.

Oligarchie, élite globali e margini di manovra

La consapevolezza che il potere “democratico” è frequentemente orchestrato dietro le quinte da soggetti influenti (élite, oligarchie) rappresenta il primo passo verso una visione più lucida della realtà contemporanea.

Allo stesso modo, assumere come chiave interpretativa predefinita che ciò che viene promosso dai media tradizionali segue spesso agende occulte, piuttosto che le motivazioni dichiarate, offre uno strumento ermeneutico di grande valore (una particolare lectio difficilior): sebbene occasionalmente le motivazioni dichiarate possano coincidere con la verità, è più prudente considerarle un’eccezione piuttosto che la norma.

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La norma è, infatti, l’uso strumentale delle informazioni per obiettivi non dichiarati.

La sindrome del nemico invisibile

Queste scoperte, tuttavia, comportano un rischio significativo: il pericolo di sovrastimare la coesione e la portata del “nemico” invisibile. Tale percezione può servire da avvertimento, ma rischia anche di alimentare un senso di impotenza e rassegnazione di fronte a forze percepite come onnipotenti.

Se ci si immagina come piccoli combattenti armati di un temperino contro giganti invisibili, il rischio di sentirsi impotenti diventa tangibile. Come insegna la strategia militare, chi si percepisce come già sconfitto ha già perso.

È fondamentale comprendere che, nel mondo attuale, effetti di coordinamento dall’alto, che possono sembrare “complotti globali”, possono essere ottenuti attraverso il coordinamento di poche forze strategicamente posizionate.

Un esempio illuminante è quello di grandi investitori che, agendo in momenti opportuni, possono scatenare crisi finanziarie o valutarie (come accadde con Soros nella crisi della sterlina del 1992).

Questo dimostra che effetti di vasta portata possono essere causati anche da un numero limitato di “oligarchi” senza dover credere in un complotto universale.

Dov’è il sollievo in questa visione? Sta nel riconoscere che, anche ai vertici, esistono molti attori con interessi divergenti, e non tutti sono “allineati”.

Margini di manovra per resistenze

Le divergenze tra nazioni, gruppi di pressione e singoli oligarchi (esempi di Trump o Elon Musk sono indicativi) creano costantemente opportunità e brecce che possono essere sfruttate per contrastare determinati processi.

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Che esistano gruppi di pressione e coordinamento tra élite globali è certo (non è complottismo riconoscere l’esistenza e l’influenza di organizzazioni come il World Economic Forum o il gruppo Bilderberg).

È altrettanto certo che tali gruppi tentino di orientare la politica globale in modi spesso refrattari a qualsiasi istanza democratica.

Ma immaginarli come una falange invincibile e monolitica è falso. Gli spazi per l’azione politica democratica esistono e continuano a esistere.

Il principale ostacolo è rappresentato dall’inerzia e dall’incapacità, deliberatamente coltivata negli ultimi decenni, di agire politicamente, dialogare e costruire dal basso.

Il modello sociale promosso dal capitalismo favorisce meccanismi di “uscita” piuttosto che di “voce” (riprendendo la celebre distinzione di Hirschman): se qualcosa non mi soddisfa, abbandono la relazione e cerco un’alternativa sul mercato.

Tuttavia, questo approccio, tipico delle relazioni di mercato, è deleterio per la politica democratica, poiché scoraggia la costruzione di dialogo e partecipazione (“voce”) e promuove deleghe alternative (“punisco” un partito votandone un altro, così come “punisco” un fornitore rivolgendomi a un altro).

Quando questo atteggiamento si diffonde, si verifica un progressivo declino della qualità dell’offerta politica nel suo complesso.

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Anche se può sembrare velleitario non si scappa dall’unica via: è necessario un cambiamento culturale che promuova la partecipazione attiva e il dialogo, per costruire un futuro più rappresentativo della realtà.

 

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