Giada Franceschini, il coding va veloce quando si ha la passione per la corsa. «Ho la sindrome dell’impostore ma non ne sono più succube»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


Classe ’96, di Bologna, è un talento nel campo della programmazione software. Ma guai a stare troppo ferma al PC: adora anche il running. Oggi è attratta dalle possibilità offerte dall’Intelligenza artificiale. Ha co-fondato le startup Boosha e Impara Chatgpt. «Il vero problema sociale dell’AI? Tutti dovrebbero conoscerla per esserne più consapevoli»

Il suo motto è “Stay hungry, stay foolish“, il mantra di Steve Jobs. Se lo è anche tatuato sulla pelle Giada Franceschini, giovanissima bolognese classe ’96 appassionata di tecnologia e intelligenza artificiale. «Non volevo studiare informatica, poi quella passione per il coding e il mondo del tech mi ha travolta e così, eccomi qua, co-founder di “Impara ChatGPT” dove faccio formazione sull’utilizzo dell’AI e di Boosha, startup che ha ideato “PARLA”, un software basato sull’AI generativa in grado di aggregare 20 Large Language Models per supportare le aziende nella loro crescita competitiva sul mercato», spiega Giada a StartupItalia, ragazza vulcanica dalle mille passioni. Oltre al coding, nella vita di questa brillante ragazza c’è un’altra inclinazione: quella per la corsa. «Fare running mi ha insegnato a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno». Per il nostro nuovo appuntamento con Unstoppable Women, Giada ci ha raccontato un po’ di se senza filtri, come ha sconfitto le sue paure e alcuni disturbi che per anni la hanno condizionata.

Giada Franceschini

Leggi anche: Il meglio di “Unstoppable Women”, quelle innovatrici che creano impresa e impatto sociale

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Giada, come ti sei avvicinata al mondo del coding?
Sono sempre stata appassionata del mondo tech e del coding. Ho letto la storia di Alan Turing, mi ha ispirato tantissimo e ho iniziato a studiare le basi dei fondamenti di AI. Mi chiedevo spesso: “Come fa la conoscenza a trasformarsi in azione?”. Così, dopo il liceo scientifico ho iniziato l’Università. I miei genitori mi dicevano che se non avessi frequentato Economia o Matematica non avrei lavorato, ma erano materie che non mi appassionavano più di tanto e, allora, mi sono buttata sull’Informatica per il Management. Ho evitato Ingegneria perché odiavo disegno tecnico.

E quindi, dopo la laurea che cosa è successo?
In realtà non mi sono laureata. Ho frequentato, con difficoltà i primi due anni e mezzo. Durante questo periodo ho sofferto di disturbi alimentari e psicologici e l’Università mi sembrava inaffrontabile. Ricordo il 1 maggio del 2018, a Bologna, che da noi è una festa molto sentita: i miei miei compagni di corso erano a divertirsi, io a piangere su un progetto. Quella notte vidi un annuncio su Vanity Fair che recitava: “Ti piace sviluppare competenze digital? Ecco quello che fa per te”. Ricordo che all’una di notte inviai l’application. Il 18 maggio mi ha chiamata Condè Nast perchè mi aveva selezionata per la sua Social Academy. Era il 2018 e i social stavano esplodendo.

Carpe diem”, come si suol dire…
Già, ricordo che era un venerdì e le lezioni sarebbero iniziate lunedì. Per i primi mesi facevo avanti e indietro Bologna-Milano, poi ho trovato un alloggio nel capoluogo lombardo. Al termine dei sei mesi, periodo in cui è durato il corso, avevo abbandonato l’Università per iniziare a lavorare nel marketing, inizialmente sui contenuti, ma io soffro tutt’ora della sindrome dell’impostore (ndr una condizione psicologica legata a una bassa autostima per cui la persona dubita delle proprie competenze e non riesce a riconoscere i propri meriti), così incasellavo i miei successi come colpi di fortuna e all’Università impiegavo molto più tempo a fare le stesse cose che altri facevano più velocemente.

IMG 8113 1

Come sei riuscita a uscire da questo loop?
Non è stato semplice, spesso mi scoraggiavo ma questa logica mi ha consentito di fare tante esperienze diverse e di trovare, dopo tanto, un mio modo di fare le cose diversamente. Oggi vedo gli ostacoli come opportunità e questo modo di pensare è un leitmotiv costante della mia vita. Io mi occupavo di social advertising e marketing ma avevo anche delle basi di AI che avevo imparato all’Università e mi ero specializzata nel machine learning, poi è arrivato il Covid, con l’agenzia sono stata sommersa dal lavoro e, terminata quell’esperienza, mi sono aperta la partita Iva e mi sono appassionata al mondo della crescita aziendale. Da quel momento in poi, l’AI è stata per me una costante della mia vita.

Quando hai iniziato a pensare di aprire una tua attività?
Conoscevo Chatgpt dal 2020, molto prima che se ne iniziasse a parlare al bar. Mi sono iscritta alla sezione dedicata ai developer di OpenAI mentre lavoravo per un’altra società che mi aveva presa per occuparmi di gestione aziendale. Io però mi concentravo soprattutto sull’AI finchè, a settembre dell’anno scorso, mi sono licenziata e ho iniziato a occuparmi a 360 gradi di Boosha. Questa realtà esisteva già dal 2015 perchè a fondarla era stato il mio compagno, Mario Di Girolamo (il nome prende spunto da “book sharing” perchè inizialmente si occupava di scambio libri), poi lui non se ne è più occupato. Io ho voluto prendere quello che restava per trasformarla in una società di consulenza, e la parte di scambio libri è diventata un’altra cosa. Lui, nel frattempo, ha creato un’altra startup e ha fondato un’agenzia di performance.

IMG 8391 1

E alla tua laurea mancata ci pensi mai?
Si, mi mancava un esame e voglio riprendermi quel percorso ma cambiando strada: voglio laurearmi in Filosofia. Ora, però, prima di tutto penso a consolidare Boosha. La vera sfida è stata passare dal lavorare da sola al team, assumendo dei dipendenti.

C’è qualcosa che hai imparato correndo e che ti aiutata nel tuo business?
Si, la corsa mi ha insegnato tanto: nel 2018 e nel 2019 ho preparato 2 maratone, non avevo mai corso, prima di allora, 42 chilometri e quando ne mancavano pochi al traguardo e mi sentivo esausta, mi ripetevo: “Ecco, adesso ne mancano solo 10..”. Questo ragionamento che sembra banale in realtà mi ha aiutata a capire che quando una soluzione non si vede è necessario scomporre il problema in tanti più piccoli per trovarla.

Parlando di AI, che futuro intravedi?
In Italia già il 77% dei dispositivi che usiamo sono potenziati dall’intelligenza artificiale, e perciò è una materia che si deve conoscere. Il mio obiettivo non è far cambiare idea ma fornire alcuni strumenti per fare una valutazione consapevole, sviluppare un pensiero critico che stiamo perdendo, trasformare l’informazione da passiva ad attiva. Credo che due tra gli aspetti più  rischiosi a cui oggi ci troviamo davanti su questo tema siano quello dell’allineamento dei nostri valori e quello della trasparenza e della spiegabilità. Per capirci meglio: chi ha creato questi algoritmi non sa come questi strumenti prendono le decisioni, ma noi siamo esseri umani e possiamo capire se una cosa è giusta oppure no. E questo è il tema dell’allineamento: ogni AI ha un obiettivo. Quello di Chatgpt, per esempio, è predire la parola successiva statisticamente più probabile, ed è nato per questo. Sulla base di questo ragionamento è in grado di fare riassunti e molto altro. Ma se a programmare questa AI è, ad esempio, un uomo bianco intorno ai 40 anni, questa intelligenza artificiale risponderà ai valori di quell’uomo bianco di 40 anni che saranno, ad esempio, differenti da altri. Bisognerebbe, pertanto, essere tutti consapevoli del fatto che alcuni pregiudizi a monte fanno già parte del bagaglio culturale di quell’intelligenza artificiale.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Giada Franceschini Boosha2 1

E nel tuo futuro che cosa vedi?
Mi piacerebbe fare un’esperienza in Silicon Valley. Meta mi ha offerto un lavoro da AI researcher e in America c’è una consapevolezza diversa sul tema e su come le persone comuni percepiscono l’AI.

Ti sei mai sentita discriminata in questo percorso?
Io sono sempre stata un po’ controcorrente e il fatto di essere donna e lavorare in questo settore si, a volte, l’ho accusato. Mi è capitato di aver subito pregiudizi anche per la mia giovane età, non solo come donna. Ma io sono una di poche parole, per me contano i fatti e ho sempre pensato: “Se affermi che io non sono in grado di fare una determinata cosa solo perché sono giovane o donna, allora io posso dimostrarti il contrario. Ed è quello che sto già facendo”.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link