Tommaso Talarico, “Canzoni d’amore per un paese in guerra” il nuovo disco di inediti. Una riflessione sul tema della guerra oggi
Un disco fatto di intenzioni, di un sentire comune. È una sorta di concept il nuovo disco di inediti di Tommaso Talarico. Canzoni inedite che in qualche modo riflettono su temi delicati quali la guerra, la migrazione degli uomini, su quanto la vita di ogni giorno si stia accomodando sulla perdita di valori e radici.
Si intitola “Canzoni d’amore per un paese in guerra” il nuovo disco di inediti del cantautore calabrese, ormai di stanza a Firenze, Tommaso Talarico. Torna a pubblicare con la RadiciMusic Records e ci regala questo secondo disco di inediti che si presenta quasi come fosse un concept album: riflessioni cantate sul tema della guerra oggi, delle migrazioni e sul riflesso che hanno sulla vita delle persone, sulla perdita dell’empatia travolta dall’inconsistenza degli pseudo eventi che invadono le nostre esistenze, che rischiano di dover fare i conti con il riemergere di vecchi fanatismi e nuovi nazionalismi.
«È questo quel che provo a raccontare nel disco, nelle mie canzoni c’è sempre la ricerca di un punto di contatto tra le mie esperienze personali e ciò che accade nel mondo. Alla base del progetto c’è anche la ricerca di un suono nuovo, più elettrico e omogeneo, che siamo riusciti ad ottenere registrando l’album in presa diretta, e con l’inserimento di contributi sonori esterni in post-produzione. Credo sia un disco calato fortemente nel tempo che viviamo».
Il tutto condito questa volta da scelte più mature e consapevoli, dentro un suono elettrico portato a spalla da chitarre evocative, tappeti sonori, mondi che vogliono richiamare quei primi dischi dei Radiohead.
In rete troviamo i due singoli che hanno anticipato l’uscita: la delicatezza de “Il giorno prima di partire” una canzone sulla migrazione, una fotografia sulla fragilità del divenire umano. E poi la ruvida decisione rock di “Respira”, un manifesto su quanto la vita di ogni giorno sia vittima di ritmi inscatolati, ostinati, incapaci di riconoscere ciò che davvero conta.
Una registrazione in presa diretta da Fabrizio Simoncioni e che ha visto le scelte artistiche a firma dello stesso Talarico e di Gianfilippo Boni. Il tutto nelle mani di Lorenzo Forti al basso, Matteo Urro alle chitarre, Fabrizio Morganti alla batteria e lo stesso Boni alle tastiere e pianoforte. Ad arricchire il tutto la splendida voce femminile di Marilena Catapano.
Queste le tracce del disco:
- Previsioni del tempo
È la canzone che apre l’album, e non è scelta a caso. Il brano si apre con l’inno alla Gioia suonato al piano da Gianfilippo Boni. Mentre dal passato riemerge la voce di Filippo Tommaso Marinetti dal 1909, con la sua “guerra come igiene del mondo”, e si intreccia con i notiziari che descrivono la tragedia delle vittime civili nelle guerre odierne, l’inno alla gioia, simbolo dell’Unione Europea, comincia a diventare sempre più dissonante, in un crescendo che si interrompe quando parte il pezzo. Ho sempre pensato a questa canzone come a uno sguardo su un panorama di macerie, con le vecchie ideologie e i vecchi fantasmi del Novecento che tornano a palesarsi, mentre l’eco di nuovi conflitti risale fino a noi, dalla “carcassa fumante del secolo breve”, e la voce suadente di nuovi profeti sembra volerci riportare ad orrori già vissuti.
- È mia figlia
Ho scritto questa canzone dopo aver visto, tempo fa, una foto di un padre con la sua bambina sulle spalle, mentre sullo sfondo si vedevano le guardie di frontiera armate fino ai denti, a protezione del confine. Ricordo che pensai: e se fosse mia figlia? Se quelle persone in fuga fossero mia madre, mio padre, mia sorella, mio fratello? Così è nata. Racconta uno dei grandi temi di tutte le epoche, non solo della nostra. Ho provato a mettermi nei loro panni, e a raccontare la loro Odissea di esseri umani.
- Il giorno prima di partire
È una canzone che nasce in momenti diversi, che hanno finito per intrecciarsi e riemergere in un pomeriggio in cui mi trovavo a casa dei miei genitori, la casa in cui sono cresciuto e in cui conservo tutti i miei ricordi d’infanzia, nel paesino abbarbicato ai piedi della Sila Piccola, Petronà. In quel momento si sono coagulate impressioni e sensazioni che avevo provato in altre due occasioni. La prima sulla spiaggia di Riace, assieme alla mia compagna, in un giorno in cui tirava un vento fortissimo.
Ricordo che quasi non sentivamo le nostre parole. Dietro di noi passava ogni tanto il treno. Davanti c’era un mare azzurro e profondo, pensai alle epoche lontane, pensai a come poteva essere stato quel luogo prima, molto prima, nella preistoria, a come il trascorrere del tempo poteva aver modellato quei luoghi e le persone che di lì erano passate. La seconda fu a Scilla, nel borgo di Chianalea, a ridosso del mare che ruggiva bellissimo e furioso. Immaginai i pescatori del futuro gettare le reti lì dove si poteva trovare il borgo sommerso, immaginai che i pescatori potessero ritrovare non solo oggetti materiali, ma echi del passato, sentimenti, storie.
Tutte queste sollecitazioni si diedero appuntamento in quel pomeriggio a casa dei miei. Ero in preda a quel groppo in gola che si prova quando si deve lasciare un luogo amato, in Calabria si chiama “’a ‘picundrìa”. Mi capita tutte le volte. Così nacque la canzone, dentro a questo sentimento di nostalgia che abbracciava tutto, il passato e anche il futuro, ciò che è stato e ciò che sarà, nell’incedere implacabile del tempo. Questo sentimento individuale, nella composizione, si trasformò in sentimento collettivo: la partenza di chi lascia la propria terra in cerca di una vita migliore, e forse mai più farà ritorno.
- Respira
Il secondo singolo estratto, la canzone più rock, anzi direi quasi punk rock, dell’intero lavoro. Si tratta dell’ultimo brano scritto, in ordine di tempo, tra quelli presenti nell’album, e vuole raccontare il nostro mondo frenetico, quello occidentale, dominato dall’ossessione per la performance nella retorica aziendale, dagli pseudo eventi e dall’informazione istantanea dei social media, un mondo in cui avvenimenti futili e tragici convivono nello stesso calderone, in cui forse non siamo più capaci di saper distinguere ciò che veramente merita la nostra attenzione da ciò che invece non lo merita.
È ovviamente anche un invito a fermarsi e riflettere, quindi a respirare. Respirare è una cosa naturale, ma nel nostro universo ansiogeno e ansioso ormai abbiamo disimparato a farlo. La voce ha una saturazione particolare, che viene da un’intuizione di Fabrizio Simoncioni in studio, che contribuisce a rendere l’insieme più interessante.
- Majorana
Ho sempre avuto una grande curiosità per la vicenda irrisolta di Ettore Majorana, fisico geniale scomparso misteriosamente in una notte di marzo del 1938. La canzone è stata ispirata dalla lettura del romanzo di Leonardo Sciascia, “La scomparsa di Majorana”.
Nel brano la figura di Majorana si intreccia con quella di Enrico Fermi, insieme a tante domande che riguardano in fondo il cortocircuito tra scienza e fede, fiducia incondizionata nel cosiddetto progresso e un’etica che tenga conto dei destini umani. Majorana, nel brano, sente “arrivare” qualcosa di terribile, con la Seconda guerra mondiale alle porte, che si concluderà con l’apocalisse atomica di Hiroshima e Nagasaki, e “sente”, come scrisse in un suo appunto, che “la fisica è su una strada sbagliata”.
È la tesi di Sciascia, che io ho fatto mia, pur sapendo che è estremamente improbabile che Majorana potesse avere intuito gli sviluppi successivi della fisica nucleare, ma in fondo mi piace pensarlo, e va bene così. La canzone si chiude con una “coda musicale” e le voci di Truman che annuncia lo sgancio della bomba e Oppenheimer che dice di essere diventato il Signor Morte.
- La tua paura
È un brano già edito, nato nel febbraio 2018 e uscito nel 2019, qui riproposto in versione completamente riarrangiata e con qualche modifica nel testo. È una canzone che parla della costruzione del nemico, ed è concepita come una cronaca feroce dei nostri giorni e del mutamento della nostra etica collettiva, in un’epoca dominata da un sentimento generalizzato di paura.
Secondo me molte persone si sentono tradite da un sistema in cui ad essere in crisi è la concezione stessa della democrazia, non si sentono più protette da un welfare che è stato la grande conquista del dopoguerra, e soprattutto sentono di contare più nulla, di non poter determinare niente anche se vanno a votare. In queste condizioni è molto facile cadere preda dei demagoghi che hanno interesse a conservare un qualche tipo di potere, creando un nemico verso cui incanalare rabbie e frustrazioni. In tutto il mondo l’acquisto di armi è in crescita, anche in Italia, ed è un segnale inquietante di una società in cui sembra crescere, silenziosamente, il conflitto.
- Ghina
Era il 1983, avevo nove anni, e insieme ai miei passai un periodo spostandomi tra Firenze, dove vivevano i miei zii (e dove mi sarei stabilito io, molti anni dopo) e Bologna, perché mia sorella doveva subire un intervento, all’Ospedale Rizzoli. Nella stanza in cui era ricoverata portarono un giorno una bambina. Aveva il corpo completamente ustionato, infuriava all’epoca la guerra in Libano, proprio come oggi, ed ogni giorno le toglievano un pezzettino di pelle.
Non aveva praticamente nulla con sé, il giorno in cui arrivò, e nessuno l’accompagnava. Fu mia madre, insegnante di scuola materna, che cominciò a prendersi cura di lei. Decorò la stanza, avviò una colletta per comprarle dei vestiti, e la bambina cominciò a fidarsi solo di lei, a chiamarla continuamente insieme a mia sorella. Si chiamava Ghina. Ciò che accade a Gaza, ancora e per l’ennesima volta, ha fatto venire a galla i miei ricordi, come in un sogno, insieme ai racconti di mia madre, che non ha mai dimenticato.
Di quel periodo ho immagini sfumate, l’arrivo alla stazione di Bologna, la grande breccia lasciata dalla bomba del 1980, i pianti di dolore di Ghina, il lungo corridoio su cui si affacciavano i reparti, con un grande vetrata in fondo, la telefonata che annunciò a mio padre la morte di mia nonna. Tutto questo è presente dentro la canzone, ed ho anche scoperto che il nome Ghina in arabo ha anche il significato di canto, melodia. Questa canzone è dedicata a tutti quei bimbi che hanno visto l’orrore, con i loro “occhi crocefissi alla paura per l’eternità”. All’inizio della canzone c’è la voce di Alessio Martinoli Ponzoni che recita una meravigliosa poesia di Mahmood Darwish, poeta palestinese.
- Diario dei giorni senz’aria
Il viaggio raccontato in questo brano è tutto metaforico, e riguarda la condizione umana, la solitudine, lo stare con gli altri e il sentirsi a volte stranieri ovunque. In particolare parla di quella sete di conoscenza e di esperienza inesauribile e sempre insoddisfatta. È una canzone scritta tempo fa, che però sento ancora molto mia. Credo debba essere spiegata il meno possibile.
- La tregua
Ho immaginato l’incontro tra due amanti durante una guerra, in un momento di tregua. Poi come in un sogno, ho immaginato potessero librarsi in volo sulla loro terra ferita, irriconoscibile, in cui “niente è più lo stesso amore…niente è come stato un tempo”. Ma il miracolo finisce al termine della notte, sul nascere dell’alba. È la canzone che ho scelto come ideale chiusura del disco.
Tommaso Talarico, cantautore di origine calabrese, è nato a Catanzaro nel 1974.
Nel 1997 è finalista al festival nazionale Cant’autori di Silvi Marina, diretto da Mario Castelnuovo, con due brani registrati solo chitarra, voce e armonica. In quegli anni comincia ad esibirsi nei locali della scena fiorentina, attività che si intensifica a partire dal 2006.
Alla fine del 2016 esce il video de “Il tempo delle Favole” (per la regia di Claudia Sicuranza e Vittoria Spaccapietra), pezzo che fa parte dell’album d’esordio uscito per la RadiciMusic Records nel 2018 e intitolato “Viandanti (Canzoni da un tempo distante)”. Il progetto, tra sonorità rock e canzone d’autore, si è avvalso della produzione artistica di Gianfilippo Boni e della collaborazione di numerosi musicisti tra cui Riccardo Tesi (già con De André e Ivano Fossati), Giuseppe Scarpato (chitarrista storico di Edoardo Bennato), Riccardo Galardini (Fossati), Lorenzo Forti (bassista di Laura Pausini, Irene Grandi, Gianni Morandi), Fabrizio Morganti (batterista di Irene Grandi e Biagio Antonacci) e Claudio Giovagnoli (Funkoff).
Nel 2019 esce un nuovo singolo, accompagnato da un video, intitolato “La tua paura”.
Nel febbraio 2024 esce il nuovo singolo “Il giorno prima di partire”, scelto da SkyTg24 come miglior singolo del mese che poi ad ottobre presenterà in esclusiva “Respira”, il secondo singolo scelto per anticipare il nuovo disco di inediti dal titolo “Canzoni d’amore per un paese in guerra”.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link