“A ogni forma di repressione risponderemo con la lotta, l’insicurezza siete voi”, recita uno dei due striscioni. I manifestanti li rivolgono ai cancelli della Questura: è qui che lunedì alcune attiviste di Extinction Rebellion, fermate dopo un’azione pacifica all’ingresso della Leonardo, azienda produttrice di armi, sono state sottoposte a invesive perquisizioni da parte degli agenti. Ed è qui che dalle 15,30 di oggi, ha preso vita un presidio per manifestare solidarietà agli attivisti coinvolti e sdegno per quanto accaduto. All’iniziativa, convocata da Diritti per tutti, Magazzino 47, Onda Studentesca Cobas e Cub Brescia, hanno partecipato circa 200 persone.
Gli interventi durante il presidio
“Siamo qui perché in questo luogo qualche giorno fa sono avvenute intimidazioni nei confronti di alcune attiviste, costrette a spogliarsi in maniera del tutto non necessaria e discriminatoria. Consideriamo quanto successo, e il fatto che il ministro Piantedosi l’abbia definito una normale prassi, un’avvisaglia di quanto succederà con l’approvazione del ddl Sicurezza: il governo va verso la legittimazione delle intimidazioni da parte delle forze dell’ordine e verso la soppressione di qualsiasi forma, anche pacifica, di dissenso”, ha detto Umberto Gobbi. “Risponderemo con la lotta, non lasceremo solo nessuno”.
Si spinge oltre Dino Greco (Rifondazione Comunista), che parla apertamente di un tentativo di manipolazione in riferimento alle dichiarazioni rese dal ministro dell’interno sulla vicenda. “Oltre a una deliberata volontà repressiva, si è vista in questura un’attitudine sadicamente proterva nei confronti delle ragazze, che ricorda la Diaz di Genova 2001. Impediremo che accada di nuovo”. Dopo di lui Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo), non manca di lanciare una stoccata alla sindaca di Brescia Laura Castelletti e al suo silenzio sull’accaduto: “Si professa progressista, eppure non ha speso una parola su questi abusi”.
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Laura, tra le attiviste perquisite: “Calpestati i nostri diritti”
Prende il microfono anche Laura, che fa parte di Extinction Rebellion e lunedì è stata tra le attiviste fermate e fatte poi denudare nell’ambito di una perquisizione che, stando a quanto dichiarato dalla questura, sarebbe stata motivata dalla necessità di verificare la presenza di eventuali oggetti pericolosi. “Mi chiedo dove fossero i nostri diritti costituzionali mentre ci portavano, sole o a coppie, nella stanza più gelida dell’edificio, costringendoci a spogliarci con porte e finestre spalancate”, dice. “Rimanere in mutande e reggiseno, intimata a togliere anche quelli, non è accettabile se a costringerti a farlo è qualcuno che sta abusando del suo potere, uomo o donna che sia”.
Il microfono raccoglie la sua invettiva. “Quando ti fanno denudare sulla base del sospetto, totalmente infondato, che tu stia occultando pericolose tracce pertinenti al reato, facendoti fare piegamenti sulle gambe per verificare che tu non nasconda armi negli orifizi o insinuando che il ferretto del reggiseno che indossi potrebbe essere usato per ledere te stesso o qualcun altro, mi chiedo, come puoi non sentirti intimamente esposta a un abuso? Dove sono la dignità e il rispetto quando ti tolgono medicine e assorbenti per ore, ti costringono a tenere la porta dei servizi aperta e ti osservano mentre fai i tuoi bisogni in un ambiente sudici, ti parlano come se fossi un adolescente dispettoso ma ti trattano come un pericoloso criminale?”.
La voce dei centri antiviolenza
“Abbiamo deciso di procedere con la denuncia”, conferma poi l’attivista a margine del suo intervento. “Durante quelle ore mi sono sentita in trappola – ricorda – ma non smetterò per questo di lottare per le cause in cui credo”. E mentre i manifestanti promettono altre iniziative per attirare l’attenzione sui pericoli contenuti nel “decreto Sicurezza”, sull’ormai sempre più ingombrante caso delle perquisizioni avvenute in Questura a Brescia arriva anche la voce dei centri antiviolenza.
“Se confermati, questi fatti rappresentano gravi violazioni dei diritti umani e un utilizzo strumentale della violenza di genere come forma di controllo sociale e repressione”, scrivono Brescia Butterfly, Casa delle Donne, Chiare Acque, Donne e Diritti, Rete di Daphne e Viva Donna. Simili accadimenti, sottolineano, sono inaccettabili “in un Paese democratico che ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul e che si impegna, almeno formalmente, a contrastare ogni forma di violenza contro le donne. Riteniamo urgente e indispensabile l’apertura di un’indagine ufficiale per accertare quanto accaduto e garantire piena trasparenza. Chiediamo inoltre che vengano immediatamente adottati protocolli chiari e vincolanti, a partire dalla Questura di Brescia, per prevenire abusi di questo tipo”.
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