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Capitolo 20 Parte 1: Prima della “fusione” con Banca Cis il “gruppo criminoso” ha bisogno di iniettare liquidità in Carisp cedendo gli npl Delta. Repubblica Futura “contro” GiornaleSM per nascondere sotto il tappeto un passato politicamente scomodo?
Le “puntate” precedenti della “serie” Repubblica Futura “contro” GiornaleSM per nascondere sotto il tappeto un passato politicamente scomodo?:
– Capitolo 1: Antonella Mularoni e la “cacciata” di Caringi durante l’ispezione a Banca Partner
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Come anticipato, il piano di “fusione” di Cassa di Risparmio in Banca CIS -come reso palese da una comunicazione fra Filippo Siotto (Bcsm) e Francesco Confuorti relativamente alle azioni che il Cda di Carisp avrebbe dovuto compiere (“…Approvazione piano industriale, che dovrà da subito prevedere una più ampia integrazione, ovvero fusione con Banca CIS”)-, fortunatamente, non si è mai concretizzato. Ma, nonostante ciò, il danno procurato all’importante e storica banca sammarinese di Stato è stato enorme, ben più ampio di quelle centinaia di milioni determinate dalla svalutazione degli attivi nel bilancio consuntivo 2016 oggi “coperto” con un “artificio contabile”, ovvero con il famoso titolo statale irrimedibile da 450 milioni di euro che -pur nel rispetto dei principi contabili- trasforma l’enorme “buco” nei conti Carisp in debiti dello Stato verso Carisp, con un costo per le casse pubbliche di circa otto milioni di euro di interessi annui. La prima cedola scadeva il 31 dicembre 2021 ed è stata di 7.962.500 euro.
Ma torniamo al decennio scorso, al devastante piano di salvataggio di Banca CIS che prevedeva l’inglobamento di, o in, Carisp. In quella svalutazione da 534 milioni di euro del bilancio 2016, oggi ritenuta insensata, spiccava una voce: i crediti Delta, ovvero i famosi “non performing loans” (Npl, ovvero crediti deteriorati) che risultavano avere un valore di 265 milioni e che, dopo la svalutazione, sono stati quantificati, nel bilancio approvato il 2 ottobre 2017, in appena 110 milioni di euro.
Cassa di risparmio, però -già minata nella sua autorevolezza e nella sua operatività dall’indagine “Varano” del Pm Forlivese Fabio di Vizio (poi smentita pressoché in toto nel dicembre 2021)- non può “sopravvivere” a quella scellerata svalutazione, ragion per cui il governo AdessoSm si trovò costretto ad intervenire per evitare il “crack” dell’istituto di credito. Ma non lo fece in maniera risolutiva, bensì -con l’art.5-ter del Decreto Legge 93 del 7 agosto 2017- si limitò a “spalmare” l’incolmabile “buco” di bilancio sui successivi 25 anni di esercizio. Infatti, quell’intervento -autorizzato dal CCR che come politici vedeva al suo interno Nicola Renzi e Andrea Zafferani di Repubblica Futura, Guerrino Zanotti del Psd e Simone Celli di Ssd– risolse solo le problematiche immediate, generando una sorta di “patata bollente” che sarebbe finita in eredità al successivo governo. Del resto, se fino alla scadenza della legislatura in corso Carisp era chiamata a “coprire” con “quattro spicci”, per i restanti 20 anni ben 22,5 milioni di euro annui avrebbero gravato sui bilanci aziendali. Una cifra verosimilmente insostenibile per Cassa di Risparmio.
Una insostenibilità economica, che, comunque, si rivelò un altro “asso” finito nella manica del “gruppo criminoso” che mirava ad indebolire Carisp a tal punto da rendere l’opportunità della “fusione” con Banca CIS come l’ultimo salvagente a cui “aggrapparsi”.
“Salvata” nell’immediato Cassa di Risparmio, ormai orfana del Cda “Montepaschiano” e approvato il bilancio “sostenibile” ritoccato dal provvedimento governativo “spalmadebiti” che rendeva verosimilmente impossibile per Carisp chiudere uno dei futuri 25 bilanci almeno in attivo o pareggio -quindi che altrettanto verosimilmente avrebbe traghettato la banca di Stato verso il default, come appurato nella relazione conclusiva della Commissione consigliare d’inchiesta sul sistema bancario-, si evidenzia l’impellenza di capitalizzare, monetizzare gli attivi. E, in tal senso, l’operazione più ovvia si individuò nella cessione degli Npl Delta, appena svalutati ad un valore di appena 110 milioni di euro dai 265 milioni valutati precedentemente alla definizione del progetto di bilancio redatto dal Cda “Montepaschiano”. Si ricordi che il valore nominale di quei crediti non incassati era di circa un miliardo e mezzo di euro…
Una volta gettata Carisp in una crisi quanto mai profonda, restava -perchè si potesse concretizzare il piano di “fusione” del “gruppo criminoso”, così definito nel rinvio a giudizio per associazione a delinquere emesso dal Commissario Elisa Beccari- ancora un “passo” indispensabile da compiere: ridare liquidità a Cassa di Risparmio, che poi si sarebbe trasferita, all’indomani del “matrimonio” bancario, a Banca CIS, a sua volta quanto mai “affamata” di liquidità.
Prese il via, così, l’operazione che, il 31 ottobre 2018, portò alla “svendita” dei crediti Delta a Cerberus… Nel frattempo, però (ma di questo parleremo meglio in seguito), un altro “banchetto nuziale” si stava “apparecchiando”: Fabio Zanotti, vertice del Cda Carisp, stava trattando con Domenico Lombardi, AD di Banca di San Marino, la fusione fra i due istituti di credito, peraltro -secondo i “ben informati”- caldeggiata con decisione da almeno una componente del governo AdessoSm. Operazione che naufragò, poi, per mano dell’Ente Cassa di Faetano guidato da Pino Guidi.
“Non sarà più permesso che decisioni strategiche, come quelle relative alla fusione con Carisp -scriveva nel 2018 il Comitato “No Fusione” dell’Ente Cassa di Faetano all’indomani dell’imposizione dello stop all’operazone- siano affidate a pochissimi personaggi che hanno l’ambizione di ‘comandare’ l’Ente e la Banca, senza che ci siano state deliberazioni preventive da parte dei soci dell’azionista di maggioranza Ente Cassa di Faetano e della Bsm”.
Torniamo alla vicenda degli Npl Delta… Predisposto il bilancio “liquidatorio” di Carisp, come un fulmine a ciel sereno, il Cda “Montepaschiano” si dimette e, il 24 agosto 2017, Fabio Zanotti assume la presidenza del Consiglio di Amministrazione della banca la cui maggioranza azionaria è dell’Ecc.ma Camera. Così, al vertice dello storico istituto di credito sammarinese, sulla “poltrona” che fu di Romito, antecedentemente all’approvazione del bilancio 2016 e nel delicato momento dell’indispensabile cessione degli Npl, si insedia un dirigente apparentemente “gradito” a Repubblica Futura, quel Fabio Zanotti già proposto in precedenza, per un altro incarico, dal Consiglio Grande e Generale su indicazione di Mario Venturini, politico storico di Alleanza popolare prima e di Repubblica Futura poi.
Non appena la questione finisce sui banchi del Consiglio Grande e Generale, lo scontro politico si accende. Il confronto diviene, in talune occasioni, addirittura scontro, muro contro muro con da una parte la maggioranza AdessoSM (RF, C10 ed SSD) arroccata in difesa dell’operazione di cessione e dall’altra l’opposizione consigliare determinata a fermare la cessione. Ma quella cessione, viste le condizioni in cui è stata gettata Cassa di Risparmio, non si può più fermare, se non determinando il crack dello storico istituto di credito.
Le responsabilità della svendita, infatti, non possono essere riconducibili a chi, in Banca Centrale, mise poi la “faccia” avallando -peraltro senza avere possibilità di incidere sui termini economici dell’intesa, degli accordi già stipulati in precedenza- la cessione a Cerberus dell’intero pacchetto di Npl per una cifra ampiamente inferiore a quei 265 milioni di euro che era la valutazione prima del bilancio 2016, ma del 30% più alta rispetto il valore definito dopo la svalutazione del Cda “Montepaschiano”. Quando la nuova Presidente di Bcsm si insediò, tutto era già stato definito quando alla Direzione Generale di Bcsm c’era Roberto Moretti e la presidenza era vacante dopo le dimissioni di Wafik Grais.
Uno dei passaggi “chiave” dell’operazione, infatti, fu la seduta della Commissione Finanze del 5 aprile 2018, quando venne approvato un ordine del giorno che metteva la parola fine alle ipotesi di Bad-Bank o altro veicolo pubblico per la gestione degli Npl Delta, disponendone la cessione, la vendita. Nicola Renzi e Roberto Giorgetti di Repubblica Futura; Luca Boschi e Silvano Andreani dell’allora Civico 10 (movimento oggi confluito in Libera unitamente all’SSD); Tony Margiotta, Enrico Carattoni e Salvatore Izzo di SSD -accusava all’epoca Rete- “membri della Commissione Finanze, si sono auto-votati un ordine del giorno per procedere alla vendita”. Una decisione assunta senza -è sempre la ricostruzione del Movimento biancazzurro– neppure “attendere la conclusione della trattativa di Cassa di Risparmio con due società” diverse da Cerberus e “interessate ad acquistare” quei crediti deteriorati.
Da quel 5 aprile 2018 al giorno, 31 ottobre 2018, dell’ufficializzazione della cessione a Cerberus per circa 165 milioni di euro (ma solo 109 finirono nelle casse di Carisp) del “pacchetto” di crediti deteriorati, lo scontro politico fu pesante, ma alla fine l’operazione si concluse, pur fra mille polemiche e accuse. (continua…)
Enrico Lazzari
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