Armando Tita*
Le risultanze di una cinquantennale politica per l’industrializzazione della Basilicata, la mancanza di una vera prospettiva, il sottosviluppo e la marginalizzazione delle aree interne affondano le proprie radici nel peculiare tipo di sviluppo economico lucano, non solo distorto, squilibrato e paracadutato dall’alto, ma, fondato su una base produttiva molto ristretta, (vedi tabernacoli nel deserto…neanche Cattedrali). Ci chiediamo da tanti decenni perché vengono ignorate così ignobilmente le politiche Industriali e di sviluppo e le politiche attive del Lavoro da una classe dirigente distratta, china ai voleri, ai diktat e alle imposizioni tassative del Governo Nazionale? La gravissima crisi di Stellantis e del suo indotto ripropone l’assoluta assenza delle Politiche industriali e delle Politiche attive del lavoro nell’Agenda della Giunta Regionale di Basilicata. politiche industriali e del lavoro e relative disastrose conseguenze subite quasi passivamente dalla classe dirigente regionale per colpa di una pletora di industriali o presunti tali, spregiudicati e senza alcuna dirittura morale, fuoriclasse delle sospensioni selvagge. Anche i tre fattori industriali: “Competitività, Ricerca e Ammodernamento” del tessuto industriale sono stati ignorati e snobbati perfino dalle ultime tornate elettorali regionali e comunali di Potenza, e, forse, subiranno la stessa sorte nelle prossime elezioni comunali di Matera. Una condotta irrispettosa verso i lavoratori vittime di disastrose crisi industriali, di selvagge delocalizzazioni ingiustificate e di chiusure di fabbriche, in abbondanza. Chiusure di fabbriche che rientrano tranquillamente nell’oblio generale lucano. Tutto scivola in forma ignava e cinica. Proposte e soluzioni concrete rinviate ai prossimi anni e ai prossimi tavoli tecnici. Una routine insopportabile che si trascina inesorabilmente senza alcun risultato palpabile da oltre dieci anni. Lo sconforto ci assale. Nello scorso articolo sugli apparati regionali e il personale degli Enti Locali abbiamo dimostrato plasticamente il deserto delle strutture funzionali collassate e prodotte dalle “riforme” che abbiamo definito “Cesariane”. Che cosa avverrà con il prossimo Report sul PNRR? Confermerà brutalmente solo un terzo degli obiettivi prefissati? Corriamo il rischio di restituire una marea di milioni di euro per incompiute e terrificanti grovigli burocratici . Abbiamo la “riprova” che i tanti SOS lanciati, anche da queste colonne, non hanno prodotto alcuna inversione di tendenza. Le Amministrazioni Locali, come confermato dal precedente nostro articolo: “ Regione dove vai se l’Apparato non ce l’hai? ”non si sono mai attrezzate al punto giusto e non hanno fornito riscontri positivi né alle PMI lucane, né alle centinaia di Aziende artigiane, presenti sul territorio e nel mercato, strozzate, pure, dal “caro gas”. L’ultima ricerca Tagliacarne ci aveva tristemente informato che erano a rischio ventimila imprese del Sud di cui oltre tremila in Basilicata. Il dato deve essere ancora aggiornato. L’SOS non è stato neanche registrato nelle stanze del Palazzo di Via Anzio. Pur nei limiti delle nostre modeste possibilità ci siamo impegnati come “Comitato Comunità e Sviluppo Basilicata” a formulare indicazioni e suggerimenti per le “policy” di sviluppo industriale e territoriale della Basilicata comprese le politiche di mobilità e trasporti. (Prossimo Focus il 24 gennaio prossimo, Sala B Consiglio Regionale). E’ inutile ribadire la strana partita di giro del “recovery fund”, ormai acclarata dopo le ultime dichiarazioni del Governo Meloni. Avevamo bisogno di certezze, di competenza e di “chiarezza” che languono da secoli. A tal proposito il nostro “Comitato Comunità e Sviluppo Basilicata” continua a produrre pubblicazioni scientifiche, proposte, analisi/studio e ricerche per lasciare traccia in un mondo politico lucano nel quale manca da sempre, lo ribadiamo, fino alla noia: “ l’Etica della “Responsabilità e il dare conto” Il “dare conto” significa aprire il “Palazzo” alla cittadinanza attiva lucana e non considerare il personale regionale come mero “arredo urbano”.
Un “dare conto” che avrebbe dovuto creare se non fosse intervenuta la riforma “Cesariana” di Bardi una nuova generazione di funzionari credibili e liberi, supportati da una nuova categoria di cittadini lucani (non quelli delle truppe cammellate), in grado di pretendere e di avere certezza dei propri diritti . Avevamo assoluta fiducia in una nuova dottrina manageriale che non si doveva in alcun modo immiserire negli egoismi di natura corporativa. Una fiducia nelle nuove professioni in grado di ricostruire una nuova passione civile finalizzata ad una società lucana multidisciplinare. Una società multidisciplinare che doveva superare i desueti egoismi dei vari Ordini professionali riproponendo finalmente i tre fattori industriali : “Competitività, Ricerca e Ammodernamento” necessari a valorizzare una vera imprenditoria lucana anche se in presenza di una disastrosa gestione ASI che sarà oggetto del nostro prossimo approfondimento con il richiamo ai fallimenti dei Poli di sviluppo industriali degli anni settanta. Purtroppo questi tre fattori languono da secoli e le patogene crisi industriali, sempre più brutali lo confermano plasticamente. Lo ripetiamo e lo ribadiamo … Siamo stanchi di terrificanti chiusure e di orribili delocalizzazioni, non più accettabili. Oggi possiamo affermare, senza alcun timore e visti i terrificanti risultati di avere ragione, di essere nel proprio buon diritto. Ci eravamo illusi che l’avvento FIAT/FCA/STELLANTIS avrebbe innescato i tre pilastri della qualità dell’ambiente “macroeconomico”:
L’efficienza della P. A.;
L’accesso alla finanza regolata;
L’adeguatezza delle infrastrutture con l’accesso alle nuove tecnologie”.
Non ci siamo mai riusciti. Lo dobbiamo amaramente costatare che questi tre seri fattori industriali non sono mai stati attivati e ci pongono in una situazione di estrema inadeguatezza, nonostante la “scialuppa” ormai quasi logorata del PNRR. Una scialuppa che in assenza dei tre fattori si è già sfaldata in mare aperto. Il serio cammino vocato alla competitività, tanto agognato dalla vecchia legge regionale n. 1/09 non è mai stato seriamente “attenzionato” e attivato. Mancano le regolamentazioni attuative come noiosamente da noi denunciato fino al precedente approfondimento. Un dejà vu delle leggi regionali mai applicate, ormai insopportabile. Una competitività che doveva partire dalle nostre risorse endogene non ha mai creato un serio indotto e una vera autonomia. I nostri vecchi bacini dell’Agroindustria lucana, dai Conservifici del Gaudiano agli Zuccherifici di Melfi e Policoro, trasformati in supposti Musei e Patrimoni Archeologici industriali, mai seriamente decollati, i vecchi Poli della Cartiera di Avigliano e del Polo della “Carta Paglia” di Venosa, unico nel Mezzogiorno, convertiti in presunte “belle passeggiate”, sono la conferma disarmante del pressapochismo, dell’illogicità, della modestia e della limitatezza della nostra classe industriale e politica. Da Cassandre inascoltate lo abbiamo amaramente detto e denunciato… Siamo stanchi di essere considerati mercato di riserva in presenza di tante risorse energetiche, idriche e paesaggistiche. Ci siamo battuti da sempre per superare questa fase ambigua e indistinta del nostro modello industriale. Abbiamo proposto joint-ventures, affiancamento e start-up in un vero processo di discontinuità…nel deserto di sempre. Abbiamo miseramente fallito con l’ultima occasione offerta dal “Next Generation Eu”. Lo scossone all’economia lucana in termini di rivoluzione digitale e di transizione ecologica non è ancora iniziato ed è pura chimera, utopia, sogno vano e fantasticheria strana! Viviamo da un decennio, come riferito nel precedente articolo, la sindrome del semaforo di Prodi: “fermi, tranquilli e rassegnati” Il rientro di migliaia di cervelli/talenti in fuga è una pia illusione ? Lo vogliamo ricordare per l’ennesima volta agli Amministratori regionali: “A fronte di trentamila universitari lucani fuorisede, l’87% non rientra più in regione,(vanno compresi pure i miei figli)”. Questo dato così negativo, così disarmante non si presta ad alcuna speranza di sorta e ci fa svegliare più vecchi, più demoralizzati, più sfiduciati, più avviliti, più depressi e più alieni alla vitalità e alla vivacità culturale. Vitalità e vivacità culturale irrimediabilmente perse.
*– Sociologo -Saggista
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