L’Isee iniquo di Meloni: chi ha 50mila euro in Btp potrà dire di essere “in difficoltà” e spalmare su 10 anni i debiti col fisco

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Problema: come evitare di pagare subito una maxi cartella esattoriale e ottenere invece di poterla “spalmare” su 120 comode rate mensili? Soluzione: comprare 50mila euro di Btp, chiedere la certificazione dell’Isee – che grazie a quell’investimento sarà più basso rispetto a quello di un contribuente con lo stesso reddito e patrimonio investito in azioni o obbligazioni private – e dichiararsi di conseguenza in condizione di “difficoltà economico finanziaria“. A quel punto si potrà ottenere dall’Agenzia della riscossione l’agognata rateizzazione decennale. È il risultato del combinato disposto tra due provvedimenti del governo Meloni: la discussa esclusione dei buoni del Tesoro dal calcolo dell’indicatore della situazione economica, prevista dalla legge di Bilancio 2024 e ora in fase di attuazione, e la riforma della riscossione firmata dal viceministro all’Economia Maurizio Leo, in base alla quale da quest’anno il numero massimo di rate mensili concesse dal fisco sale in via ordinaria dalle attuali 72 fino a 120 nel caso il diretto interessato sia “impossibilitato” a saldare tutto il dovuto. Impossibilità certificata proprio dall’Isee.

Le relazioni tecniche dei due provvedimenti quantificano i costi delle due norme ma non prendono in considerazione il possibile impatto della loro “interazione”. Eppure il rischio di un effetto negativo sul gettito non è remoto. Perché, da un lato, le simulazioni sulla modifica al regolamento che disciplina il calcolo dell’Isee evidenziano vantaggi notevoli per le famiglie con patrimoni anche corposi investiti in titoli di Stato, buoni fruttiferi postali o libretti di risparmio postale. Dall’altro, è un fatto che una larga fetta di coloro che aderiscono alle dilazioni di pagamento ben presto smette di pagare. Non a caso il Mef, valutando le conseguenze del decreto legislativo che attua la riforma della riscossione, ha ridotto prudenzialmente ben del 50% i maggiori introiti attesi a titolo di interessi da chi si vedrà allungare il piano di pagamento per tener conto della “percentuale di coloro che potrebbero non adempiere integralmente al piano di rateizzazione perdendo il beneficio del pagamento rateale (c.d. decadenza)”.

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Per capire come l’applicazione congiunta delle due norme possa avvantaggiare senza motivo chi investe in Btp o prodotti garantiti basta qualche calcolo spannometrico con il simulatore dell’Inps. Per un single senza figli con casa di proprietà da 200mila euro (valore ai fini Imu) che abbia 8mila euro in banca, dichiari 40mila euro di reddito e abbia un patrimonio mobiliare di 50mila, avere in portafoglio titoli del debito pubblico italiano o azioni non fa molta differenza ai fini della possibilità di rateizzare un debito: se la cifra non versata al fisco supera i 120mila euro potrà ottenere comunque la rateizzazione lunga in 120 tranche, mentre se è inferiore il suo Isee non risulta abbastanza basso da consentirgli di avere quel beneficio. Dovrà farsi bastare le 84 che saranno offerte a chiunque si limiti a dichiarare di non poter pagare, senza dimostrarlo.

Il discorso cambia se a parità di patrimonio immobiliare e mobiliare il contribuente dichiara solo 20mila euro, magari perché ha nascosto redditi al fisco. Ipotizziamo che abbia accumulato cartelle esattoriali per la bellezza 115mila euro. Se i suoi 50mila euro sono investiti in azioni o obbligazioni private, in base alle nuove “modalità di valutazione della sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria” il suo Isee è troppo alto perché l’agente della riscossione gli riconosca la possibilità di pagare in 120 rate: potrà strapparne al massimo 90 (che equivalgono a un orizzonte temporale di sette anni e mezzo). Se invece i 50mila euro sono tutti andati a finanziare il maxi debito pubblico della Penisola, il rapporto tra la cifra dovuta e l’Isee mensile moltiplicato per il coefficiente previsto dal decreto ministeriale dello scorso 27 dicembre restituisce un valore di 120, pari appunto al numero delle rate concedibili.

En passant, per effetto della riforma del sistema sanzionatorio approvata l’anno scorso dal governo lo stesso contribuente potrebbe essere invogliato a pagare per i primi anni e poi sparire senza il rischio di passare guai penali per l’omesso versamento. Non proprio un buon viatico se l’obiettivo è resuscitare l’inefficiente sistema della riscossione, le cui performance fanno dell’Italia il secondo peggior Paese tra quelli dell’Ocse per rapporto tra imposte non riscosse e gettito fiscale annuale.

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