«La giustizia non può essere arbitraria» – Il Golfo 24

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DI RAFFAELE CARDAMURO

Oggetto: Riflessione sul tema dell’abusivismo edilizio e le demolizioni

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per lavori di ristrutturazione

 

Egregio Dottor Gratteri, mi permetto di scriverle per esprimere alcune riflessioni in merito al drammatico tema dell’abusivismo edilizio e delle demolizioni che, da 15 anni a questa parte, sembrano colpire sempre e solo una categoria di cittadini: coloro che hanno costruito per necessità e non per speculazione. Mi presento: sono Raffaele Cardamuro, co-proprietario di un manufatto sito a Bacoli, in via Pepino Stazio 73, abbattuto nel 2011 a pochi giorni dal Natale. Quella casa rappresentava per mio fratello e la sua famiglia un riparo indispensabile, costruito per rispondere alle esigenze di una bambina disabile nata con una grave patologia a causa di un errore medico. Per anni mio fratello ha chiesto invano al Comune una soluzione abitativa idonea, sia attraverso l’assegnazione di una casa popolare sia cercando alternative private. Le risposte, purtroppo, sono sempre state negative. In un territorio come il nostro, dove da decenni i titoli edilizi vengono rilasciati in misura estremamente limitata (e talvolta nulla), migliaia di famiglie si sono trovate a dover scegliere tra vivere in condizioni inaccettabili o costruire una casa, pur sapendo che ciò comportava violare la legge. Le 4861 pratiche di condono in un comune di 26.000 abitanti, come Bacoli, raccontano una storia chiara: queste costruzioni sono il risultato di un bisogno abitativo insoddisfatto e di una programmazione urbanistica fallimentare.

Lo Stato, che avrebbe dovuto prevenire queste situazioni con politiche abitative adeguate e una gestione urbanistica trasparente, è stato spesso assente. La magistratura, che avrebbe dovuto agire già dagli anni ’80 per regolare gli abusi edilizi, non è intervenuta per decenni, permettendo che la situazione degenerasse. Di chi è, allora, la responsabilità? Di chi costruisce per necessità o di un sistema che ha creato e alimentato questa illegalità? Mi permetta di aggiungere un altro elemento: il coraggio di mio fratello di costruire quella casa è stato alimentato dal fatto che, nello stesso periodo, oltre mille famiglie nel nostro territorio avevano fatto lo stesso. La realtà più grave e inaccettabile, però, è che di quelle mille famiglie, solo poche hanno visto la propria casa abbattuta. Questa disparità di trattamento è un colpo durissimo alla credibilità delle istituzioni e alla percezione di una giustizia equa. Non si può spiegare né far metabolizzare al popolo, alle famiglie che subiscono la demolizione, il perché alcuni siano stati colpiti e altri no. Questo “neo”, vuoi o non vuoi, è un vulnus che nemmeno lei, Dottor Gratteri, con tutta la sua autorevolezza, può giustificare o rendere accettabile. Una giustizia giusta non può fondarsi su interventi disparati e arbitrari, che finiscono per alimentare sfiducia e senso di abbandono.

«Non si può spiegare né far metabolizzare al popolo, alle famiglie che subiscono la demolizione, il perché alcuni siano stati colpiti e altri no. Questo “neo”, vuoi o non vuoi, è un vulnus che nemmeno lei, Dottor Gratteri, con tutta la sua autorevolezza, può giustificare o rendere accettabile»

C’è poi un aspetto ulteriore e altrettanto grave: chi ha subito più sigilli e demolizioni, spesso, è chi non si è piegato a un sistema corrotto che, buio o meno, nei comuni è sempre esistito. Parlo delle classiche “mazzette” ai vigili per chiudere un occhio, per ritardare controlli o per rallentare i procedimenti. È noto che molti processi giunti rapidamente al termine riguardano coloro che non hanno alimentato tale sistema, consentendo alle udienze di svolgersi regolarmente. Al contrario, dove si è oleato il meccanismo della corruzione, improvvisamente sparivano testimoni chiave, come i vigili o i tecnici comunali, o si verificavano slittamenti. In alcuni casi, come riportato anche dai giornali, i fascicoli venivano addirittura fatti scomparire dagli uffici giudiziari, coinvolgendo cancellieri o legali in procedimenti penali. Non sono io a dirlo, ma è la stessa magistratura che ha portato alla luce questi scandali. Questo dovrebbe spingerci a riflettere su quanto profondo e diffuso sia il problema e su chi siano i veri colpevoli di questa situazione. Le chiedo, Dottor Gratteri, di considerare la possibilità di aprire un’indagine più ampia su chi sono i veri responsabili di questa situazione: funzionari pubblici, amministratori locali e tutte le figure che hanno permesso e alimentato l’illegalità, spesso lucrando su di essa. La tolleranza zero non può essere applicata solo ai cittadini più deboli, senza prima affrontare le responsabilità sistemiche. Lei è un uomo di grande valore per la nostra nazione e confido nella sua capacità di fare luce su questa drammatica realtà, portando avanti una riflessione che spero possa dare speranza a chi, come la mia famiglia, ha costruito non per sfida alle regole, ma per necessità. Cordialmente

* ASSOCIAZIONE “IO ABITO”





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