Salvini ricompatta il partito, ora dovrà convincere Meloni

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di Marco Cremonesi

Zaia: è la fine se rinunciamo. Calderoli: il Veneto la nostra Fiamma

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ROMA «Un bel compleanno per la Liga veneta: direi che lo abbiamo festeggiato a dovere». Alberto Stefani esce raggiante dal Consiglio federale leghista che, giusto 45 anni dopo la fondazione della Liga a Padova, ha ribadito la volontà di mantenere al partito la guida della Regione. Il vice di Matteo Salvini, nonché segretario del Veneto, ha superato un altro passaggio di un sentiero stretto. Perché è vero, i Fratelli d’Italia oggi hanno più voti della Lega: ma come ha detto Giancarlo Giorgetti di fronte al Federale, «i voti si contano, ma contano anche le fisionomie dei partiti».

Insomma, la Lega rilancia la palla a FdI. Toccherà a Matteo Salvini convincere Giorgia Meloni, che non ha rappresentanza nel Nord Italia, sul fatto che il mantenere alla Lega la guida del Veneto significa fare il bene della coalizione: «Così come la Lega rinunciò alla Liguria in nome del gioco di squadra», ricorda un deputato. Il capo dei senatori Massimiliano Romeo la dice così: «È interesse della Meloni trovare una soluzione soddisfacente che faccia sì che gli alleati leali e collaborativi alla fine siano soddisfatti».




















































Convinti anche i ministri. Un passaggio non scontato dato che per natura un ministro di solito non apprezza iniziative dal potenziale dirompente sul governo. Eppure, anche Roberto Calderoli, per dare il senso della natura speciale della partita, sarebbe stato iconico: «Il Veneto è la nostra Fiamma. La nostra identità». Un riferimento al simbolo dei Fratelli d’Italia.

Fatto sta che al Federale, il primo a sollevare la questione è stato proprio Matteo Salvini, che secondo i presenti avrebbe detto di «condividere in pieno», la spinta «irrinunciabile» del Veneto e dei suoi militanti. E dunque bisognerà «aprire un ragionamento molto serio» con gli alleati. Poi intervengono gli altri governatori leghisti, prima Maurizio Fugatti, poi lo stesso Luca Zaia: «Rinunciare al Veneto sarebbe la fine della Lega». Un Massimiliano Fedriga molto tonico ricorda che «alle Regionali i voti della Lega nei suoi territori sono molto diversi da quelli alle Europee». E solleva il problema dello statuto sull’elezione diretta dei presidenti di Provincia in Friuli Venezia Giulia che pare arenata in Parlamento. Il Federale si impegna a portare avanti la battaglia per tutte le Regioni, in particolare «in Sicilia già dalla prossima primavera».

Poi, il consiglio Federale si infiamma per gli attacchi di Forza Italia. Quelli dell’altro giorno di Maurizio Gasparri a Zaia, quelli «continui» del coordinatore azzurro del Veneto, l’ex leghista Flavo Tosi: «Una cosa — hanno detto in diversi — di cui dovremo chieder conto anche a Antonio Tajani». Ma Salvini invita tutti a non rispondere agli attacchi.

Resta però un problema. Luca Zaia e i leghisti a lui più vicini si dicono convinti che il Federale abbia rilanciato la battaglia per il terzo mandato. Ma nel partito altri, molti, considererebbero già un successo se la Lega potesse indicare il nome del futuro governatore. Il sardo Michele Pais non rinuncia alla battuta: «Da noi, è già molto finire il primo mandato».

Ma esiste una linea di frattura che Luca De Carlo, possibile candidato meloniano, ha certamente colto: «È un fatto positivo che la Lega arrivi con una posizione unitaria al tavolo in cui si sceglierà il miglior candidato possibile. La compattezza dei nostri alleati è sempre garanzia di un confronto sereno».

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