Quale futuro per le startup in Africa

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di Giulio Albanese

Il panorama degli investimenti tecnologici in Africa non è del tutto rassicurante anche se si intravedono segnali di ripresa. Stando a quanto emerge dai dati raccolti da Africa: The Big Deal (ATBD), un importante database aggiornato mensilmente che elenca tutti i finanziamenti superiori a 100mila dollari ottenuti dalle startup in Africa, nel 2024 è stata registrata una decisa flessione.

Le startup hanno segnato rispetto all’anno precedente una diminuzione del 25 per cento. Sono infatti stati raccolti complessivamente 2,2 miliardi di dollari, rispetto ai 2,9 miliardi di dollari del 2023. Si tratta dunque di un trend negativo che prosegue per il secondo anno consecutivo. Il motivo di questa contrazione va ricercata principalmente nel mutato atteggiamento dei cosiddetti “venture capitalist” (Vc) che hanno ridotto significativamente l’esposizione verso le economie emergenti africane. È bene ricordare che i Vc sono investitori istituzionali che forniscono capitale a una qualsivoglia società dall’elevato potenziale di crescita in cambio di una partecipazione nel capitale sociale. Apportano, dunque, delle risorse finanziarie sotto forma di partecipazione al capitale azionario per un periodo medio-lungo, effettuando un investimento istituzionale nel capitale di rischio.

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Sta di fatto che, a causa dell’attuale congiuntura internazionale, la volatilità dei mercati internazionali ha spinto molti Vc a privilegiare quelli meno rischiosi, evidenziando ancora una volta quanto siano ardui gli ostacoli che il continente africano sta affrontando nell’attirare capitali per l’innovazione digitale. Significativo è stato il calo del 40 per cento nei finanziamenti sotto forma di debito, considerando che storicamente queste erogazioni avevano mostrato, secondo i dati forniti da Partech Partners, una crescita esponenziale, aumentando di quasi sei volte tra il 2018 e il 2022, fino a raggiungere il picco del 1,5 miliardi di dollari.

Detto questo è comunque importante ricordare che nel 2024, stando sempre alle informazioni raccolte da ATBD, Kenya, Nigeria ed Egitto sono stati i primi tre Paesi con i maggiori finanziamenti in termini di investimenti tecnologici. Il Kenya si è classificato al primo posto, attirando più di 638 milioni di dollari per le sue startup. Nigeria ed Egitto sono stati al secondo e al terzo posto con finanziamenti rispettivamente di 410 milioni di dollari e 400 milioni della stessa divisa. Secondo Conrad Onyango, esperto del settore dall’osservatorio privilegiato di Nairobi (Kenya), le prospettive, guardando al futuro, non sarebbero affatto fosche come si potrebbe pensare. Infatti, dopo due anni di crisi, l’attività di finanziamento nell’ecosistema tecnologico africano, stando alle informazioni raccolte da Onyango, ha ripreso slancio verso la fine del 2024 con la creazione di due nuovi “unicorni”.

Per i non addetti ai lavori, nel mondo degli affari un unicorno è una startup privata valutata almeno un miliardo di dollari. In un articolo pubblicato recentemente su «Financial Fortune», un giornale online la cui redazione è in Kenya, Onyango sostiene che la ripresa offre speranza per la scena delle startup dell’intero anno 2025: «A fine ottobre 2024 la società fintech Moniepoint ha chiuso con successo un round di finanziamento di serie C, raccogliendo 110 milioni di dollari che l’hanno catapultata allo status di unicorno, ovvero una società privata con una valutazione di 1 miliardo di dollari o più. Due anni prima, la società era valutata poco più di 800 milioni di dollari. A metà dicembre 2024, Tyme Group, una fintech sudafricana, si è assicurata 250 milioni di dollari in un round di finanziamento, aumentando la sua valutazione a 1,5 miliardi di dollari. Questi due annunci consecutivi hanno in qualche modo smentito le cassandre che vedevano spacciato l’ecosistema delle startup africane.

Anche Fady Ismaeel, segretario generale dell’African Federation of Business Angels Networks (AFBAN) si dichiara ottimista, affermando che vi sono segnali molto positivi che vengono dai principali motori di crescita, vale a dire i settori fintech, health tech, agritech, energie rinnovabili ed e-commerce. Emblematico è l’esempio del Rwanda che già da tempo ha riconosciuto l’importanza della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica come motore della crescita economica nazionale. A questo proposito, le autorità di Kigali stanno implementando politiche e programmi per sostenere la crescita degli ecosistemi di startup.

Molto interessante è l’osservazione espressa da Roberto Rais, esperto di finanza e marketing editoriale, il quale in un suo recente articolo sul giornale digitale «Startup-news», ha sottolineato come «le poche operazioni di grande portata concluse nel 2024 in Africa abbiano visto il coinvolgimento di giganti tecnologici statunitensi come Google e Uber, mentre i Vs istituzionali tradizionali, come Tiger Global (che nel 2022 aveva investito in ben cinque startup africane), hanno mantenuto un profilo molto più cauto. «Insomma, un’evoluzione del mercato che suggerisce — afferma Rais — la necessità per l’ecosistema delle startup africane di diversificare le proprie fonti di finanziamento e di rafforzare i legami con gli investitori locali e regionali, riducendo la dipendenza dai capitali internazionali più volatili». Se ciò avvenisse, potrebbe giocare un ruolo determinante l’implementazione del Trattato sulla Zona di Libero Scambio Continentale Africana (AfCFTA). Infatti, la costituzione di un mercato unico per beni e servizi in tutto il continente, dovrebbe incrementare il commercio intra-africano, creando nuove opportunità nella creazione di nuove startup. Rimane il fatto che, guardando all’economia mondiale, molto dipenderà dai tassi d’inflazione che, com’è noto, si sono attenuati gradualmente dai picchi del 2022 (9 per cento negli Stati Uniti, 10 per cento nell’area euro). Tuttavia, gli aumenti dei prezzi nei servizi complicano comunque il conseguimento degli obiettivi verso il 2 per cento. Peraltro, i rischi al rialzo per il 2025, con i piani della nuova amministrazione Trump su dazi, tagli fiscali e restrizioni all’immigrazione aggiungono rischi a medio termine.

Se da una parte è vero che la nuova amministrazione statunitense è schierata nel sostenere politiche pro-business, gli investitori di private equity, venture capital, fondi infrastrutturali e mercati pubblici dovranno necessariamente ricalibrare le loro scelte. Non pochi analisti ritengono che gli investimenti tecnologici del 2025 saranno più mirati e strategici anche se non è da escludere che possano comunque manifestarsi frenesie speculative. Vi sono pertanto non poche variabili che potrebbero condizionare gli investimenti tecnologici in Africa e nel resto del mondo. Fare previsioni è dunque azzardato anche se il fatto stesso che l’Africa sia il continente più giovane al mondo, con un’età media di vent’anni, dimostra che tale fascia demografica, tendenzialmente sempre più connessa a Internet, rappresenta un terreno fertile per la crescita delle startup digitali.



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