RIFORMA PENSIONI 2025/ La “logica della manovra” da abbandonare

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 305 S.O. n. 43 è stata pubblicata la Legge di bilancio 2025 che contiene talune norme che riguardano l’ambito previdenziale. Sgombriamo subito il campo da affermazioni trionfalistiche di alcuni esponenti della maggioranza sul fatto che è stato fatto un significativo miglioramento delle norme che regolano la previdenza in Italia e che “si è cominciato a smantellare” l’odiata Legge Fornero. Niente di tutto ciò, la riforma pensioni della Fornero rimane la legge di riferimento della previdenza in Italia e le modifiche che sono state apportate sono minime e non intaccano l’impianto generale. Si possono in ogni caso fare alcune osservazioni di metodo e di merito su come si stia cercando di risolvere una problematica che preoccupa molto i cittadini italiani.



Sul metodo possiamo dire che si continua da troppi anni a trattare l’argomento previdenziale nelle scelte dei vari Governi che si sono succeduti in questi ultimi anni non in modo prioritario, ma intervenendo su alcune norme previdenziali inserite nella Legge di bilancio, dove senza alcun confronto parlamentare vengono approvate norme che riguardano milioni di cittadini italiani senza che ci sia la possibilità di qualsiasi discussione. È la solita manfrina che si ripete ogni anno. Nei primi mesi dell’anno nelle sedi non istituzionali come possono essere talk show televisivi, o interviste su giornali, vengono fatte dichiarazioni a effetto sulla previdenza, con promesse di interventi significativi, poi silenzio totale in estate e a ottobre inserimento di poche non sostanziali modifiche nella bozza della Legge di bilancio dove vengono segnalati e approvati solo pochissimi emendamenti della maggioranza e cassati tutti quelle delle opposizioni. Si giunge così in Aula dove, dopo aver posto la fiducia, si approva la legge complessiva tra Natale e Capodanno con i politici che votano con i trolley tra i banchi del Parlamento per correre a prendere i treni e gli aerei e tornare a casa per le festività.

Conto e carta

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Questo modo di operare che sta diventando prassi nel nostro Paese, ma che è ora di far terminare, non dovrebbe più esistere, auspicando che la riforma della legge previdenziale, per l’importanza che riveste per la vita dei cittadini, abbia un iter autonomo che dopo un reale confronto tra i banchi del Parlamento sia votato alcuni mesi prima di andare in vigore dando all’Inps il tempo per emanare le circolari applicative.

Per quanto riguarda il merito possiamo dire che nell’ultima Legge di bilancio sono state approvate una serie di mini-norme impalpabili che non hanno modificato l’impianto della riforma pensioni della Fornero su cui si basa la previdenza in Italia. Sull’anticipo pensionistico su cui si riponevano talune speranze di modifica sono stati riconfermati per un altro anno gli istituti in scadenza come Quota 103, Opzione Donna e Ape sociale, che con tutti i paletti che sono stati riconfermati di fatto non permettono che a pochissime persone di potervi accedere. Nel 2023 e nel 2024 vi è stato un drastico crollo degli accessi a Quota 103 e soprattutto a Opzione donna che sostanzialmente non esiste quasi più. Il Governo in pratica approva alcune norme che esistono sulla carta, ma di cui poi per tutta una serie di ostacoli, norme, limitazioni di fatto non si può usufruire.



La stessa situazione si è verificata con la norma approvata nella Legge di bilancio di cumulare, solo per chi è completamente nel sistema contributivo, l’eventuale quota accantonata nella previdenza complementare per raggiungere tre volte il trattamento minimo (circa 1.603 euro mensili) per accedere al pensionamento a 64 anni con 25 anni di contributi. Da conteggi effettuati dalla Ragioneria Generale dello Stato, nei fatti potrebbero usufruire di questa norma poche centinaia di persone in tutta Italia, rendendo, di fatto, la norma quasi impraticabile. La stessa possibilità già inserita nella Legge di bilancio 2024 e confermata quest’anno di incentivare la permanenza al lavoro di chi ha già raggiunto i limiti per il pensionamento concedendo un miglioramento del 9,19 sullo stipendio ha avuto poche adesioni dal momento che poi questa permanenza in più nel mondo del lavoro non consente un incremento dei contributi previdenziali.

Del tutto ingiustificata poi la mancata perequazione dei trattamenti previdenziali degli italiani residenti all’estero che superano il trattamento minimo. Non si capisce perché per pochi milioni di euro annui si rischino dei contenziosi che potrebbero portare a una sentenza di incostituzionalità da parte della Consulta. Speriamo caldamente che l’anno appena iniziato sia diverso dai precedenti, ma dalle premesse (inghippo Inps sull’aumento dell’aspettativa di vita con tabelle incrementate di tre mesi dal 2027 e poi in tutta fretta cancellate, con dichiarazioni roboanti dei politici di turno) difficilmente sarà così.

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