Il settore della moda è a un punto di svolta, sotto la spinta dei cambiamenti normativi, delle preferenze dei consumatori e della pressione degli investitori verso la sostenibilità. La dipendenza del settore dal poliestere, legato alle microplastiche e ad alte emissioni di carbonio, è sotto esame e l’impatto ambientale del poliestere sta diventando una passività finanziaria per i marchi del fast fashion, in quanto consumatori e investitori richiedono alternative più verdi.
Nel 2015 la produzione di filati in poliestere ha generato all’incirca 680 miliardi di kg di gas a effetto serra e occorrono oltre 200 anni perché un prodotto medio in poliestere si degradi. Alcuni grandi marchi, come H&M, Puma, On Running ed Eileen Fisher si stanno già impegnando ad abbandonare l’uso dei materiali sintetici ma molto resta ancora da fare.
Molti investitori stanno cercando attivamente modi più efficaci di mettere a frutto il loro capitale, inviando un segnale forte al mercato con il ritiro degli investimenti dai marchi che non riescono a raggiungere standard di sostenibilità. Le aziende che ignorano la sostenibilità rischiano quindi l’instabilità finanziaria nel lungo termine.
Inoltre, guardando alla domanda, la crescita eccessiva del “fast fashion” sembra ora in rallentamento, con molti consumatori che vogliono fare shopping di qualità invece che di quantità. I consumatori sono desiderosi di assicurarsi che i loro abiti siano prodotti in modo sostenibile senza sfruttamento dei lavoratori o danni per l’ambiente, scegliendo sempre più i marchi che sono allineati ai loro valori. I brand che non riescono a offrire trasparenza sul loro impatto ambientale rischiano di perdere la fiducia dei consumatori e quote di mercato.
Se da un lato il fast fashion è sempre più sotto pressione perché affronti le sue mancanze sulla sostenibilità, dall’altro i marchi del lusso sono visti sempre più come leader nell’innovazione sostenibile. Questi marchi dispongono di maggior flessibilità finanziaria che consente loro di investire a lungo termine, adottano pratiche sostenibili e stanno integrando queste iniziative nella loro identità di brand.
Nonostante i passi avanti, il report Just Fashion Transition 2024 di Ambrosetti evidenzia che è improbabile che il settore europeo della moda raggiunga per tempo gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030. Al ritmo attuale, il settore mancherà l’obiettivo di ben 8 anni.
Le sfide principali riguardano la natura frammentaria delle catene di fornitura, l’adozione troppo lenta dell’energia rinnovabile e le politiche nazionali incoerenti sulla riduzione delle emissioni. Esistono molti cambiamenti normativi che sono già entrati in vigore, e molti ne arriveranno, che influiranno sul modo in cui il mondo consuma la moda.
Ad esempio, la Sustainable Productions Regulation (Espr) che è stata introdotta nel 2024 dall’Unione europea assicura che i marchi siano trasparenti rispetto al tipo di impatto etico che i loro prodotti hanno, compreso il consumo di energia, l’uso di materiali riciclati e le emissioni.
Anche le normative europee come la Tassonomia Ue e la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd) stanno portando al cambiamento, garantendo che le aziende facciano reporting sulle pratiche di sostenibilità o debbano affrontare multe e danni reputazionali.
Quest’anno il Regno Unito adotterà le reportistiche International Sustainability Standard Board in base alle quali le aziende dovranno segnalare qualsiasi rischio di sostenibilità causato dai materiali impiegati. La Green Claims Directive e la Empowering Consumers to Green Transition Directive stanno rafforzando ulteriormente le regole sulle dichiarazioni ambientali, frenando il greenwashing e garantendo che i marchi rafforzino le loro dichiarazioni relative alla sostenibilità con prove verificabili.
Non dimentichiamo anche The Fashion Pact istituito dal presidente francese Emmanuel Macron, che si concentra sulla lotta al cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la protezione degli oceani, e raduna marchi di tutti i tipi. Il programma Unlock, un’iniziativa fondamentale, mette in relazione i marchi con fornitori di materiali sostenibili per promuovere una transizione che abbandoni il poliestere.
La salute finanziaria del settore dipende ora dall’adozione della sostenibilità e sia il fast fashion che il settore del lusso si stanno trasformando per rispondere alle richieste dei consumatori e ai vincoli normativi. Per raggiungere gli obiettivi definiti per il 2030 il settore deve accelerare.
Anche gli investitori hanno un ruolo da giocare: dirigendo i capitali verso aziende che cercano di fare bene e allontanandosi da pratiche non etiche, oppure offrendo il loro sostegno alle aziende perché intraprendano un percorso più sostenibile.
*Research Director di MainStreet Partners
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