Si è già scritto su questa Rivista ([1]) del peculiare regime di efficacia delle norme del “correttivo” (d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164): da un lato si prevede, in generale (art. 7, comma 1), che quelle norme – integrative e correttive di quelle portate dal d.lgs. n. 149/2022 – «si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023»; dall’altro lato, non se ne prevede con norma ad hoc l’entrata in vigore, che segue così la vacatio ordinaria ([2]). Essendo stato il decreto correttivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 novembre 2024, la sua entrata in vigore è fissata al 26 novembre 2024. Il legislatore del correttivo, dovendo interpretare e correggere norme entrate in vigore il 18 ottobre 2022 (art. 52, comma 1, d.lgs. n. 149) per poi divenire efficaci a decorrere dal 28 febbraio 2023 (art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149 nel testo modificato dalla finanziaria per il 2023: legge 29 dicembre 2022, n. 197), ha pensato che le nuove norme, che sarebbero entrate in vigore il 26 novembre 2024, avrebbero potuto avere lo stesso regime di efficacia delle norme integrate e corrette, in relazione ai medesimi procedimenti «introdotti successivamente al 28 febbraio 2023». Senza porsi il problema di un regime transitorio che regolasse il passaggio dalle norme integrate e corrette a quelle che appunto recavano le integrazioni e correzioni ([3]).
Da tempo, la Cassazione ha giustamente consolidato l’orientamento per cui «in difetto di esplicite previsioni contrarie, il principio dell’immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere, pertanto, sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere; un generale principio di “affidamento” legislativo (desumibile dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) preclude, difatti, la possibilità di ritenere che gli effetti dell’atto processuale già formato al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest’ultima regolati, quantomeno nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela della parte, senza limitarsi a modificare la mera tecnica del processo» ([4]).
Alla luce di tale pacifico orientamento, il legislatore del correttivo avrebbe dovuto considerare che individuare il “luogo” di applicazione delle nuove norme (i «procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023») non significa anche individuare il “tempo” della loro efficacia e soprattutto disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo regime: dalla combinazione dell’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 164 con l’art. 11, comma 1, Preleggi, emerge che, in relazione ai processi introdotti dopo il 28 febbraio 2023, le norme del correttivo saranno applicabili dal 26 novembre 2024, mentre, sino a questa data, riusciranno invece applicabili le norme del decreto n. 149, oggetto di integrazione e correzione. Ma proprio l’assenza di regime transitorio potrebbe far sorgere il dubbio che le norme del correttivo abbiano in realtà efficacia retroattiva, appunto perché destinate a trovare applicazione nei procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023, molti mesi prima dell’entrata in vigore dello stesso correttivo.
È forse proprio questo il dubbio che ha portato le SS.UU. (ordinanza interlocutoria n. 284 del 7 gennaio 2025, in allegato) a fissare la pubblica udienza per risolvere quello che sembra un problema di diritto transitorio (ma così non è) circa l’istituto della «nuova procura speciale» ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., introdotto dal legislatore delegato del 2022 in relazione ai giudizi di legittimità iniziati «con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023» (art. 35, comma 6, d.lgs. n. 149) e poi seccamente abrogato dal d.lgs. n. 164 ([5]). Scrivono infatti le SS.UU.: «l’istanza di decisione non è corredata da una nuova procura speciale ai sensi dell’art. 380 bis, comma secondo, c.p.c., il che rende necessario valutare gli effetti e l’eventuale applicabilità al presente giudizio della modifica dell’art. 380 bis, comma secondo, c.p.c., introdotta dall’art. 3, comma terzo, lett. n) del d.lgs. 31.10.2024, n. 164, entrata in vigore il 26.11.2024, che ha soppresso la necessità che il difensore si munisca della procura speciale per richiedere la decisione, tenendo conto della previsione dell’art. 7 del d.lgs. 164/2024 secondo cui, ove non diversamente disposto, le norme novellate si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023».
È un dubbio che fa onore alle SS.UU., essendo evidente che non risponde ad alcun disegno razionale l’idea – nel momento dell’abrogazione del nuovo istituto, giustificata dalla sua manifesta quanto inutile gravatorietà – di mantenerlo in vita nel contenzioso pendente tra le date del 1° gennaio 2023 e del 26 novembre 2024. Eppure, questa sembra la soluzione obbligata: la regola sulla «nuova procura speciale» continuerà a trovare applicazione sino alla data di entrata in vigore dell’abrogazione portata dal decreto correttivo. E ciò avviene proprio perché quest’ultimo decreto è privo di una vera disciplina transitoria, avendo regolato soltanto il luogo di applicazione delle nuove norme (mentre il tempo deriva dall’art. 11, comma 1, Preleggi).
Dinanzi a quello che gli studiosi chiamano “conflitto di leggi nel tempo” ([6]), che si realizza allorché un fenomeno risulti soggetto a normative successive che debbono tra loro integrarsi in modo da garantire l’unità e la coerenza interna del procedimento, il problema del passaggio non è quello dell’identificazione del diritto vigente bensì quello di garantire il transito armonico dall’uno all’altro regime: e ciò di norma avviene grazie a norme transitorie che costituiscono un “diritto terzo”, di raccordo tra il vecchio e il nuovo. Nel caso di specie, sarebbe stato opportuno stabilire la retroattività dell’abrogazione in riferimento a tutti i giudizi di legittimità non ancora esauriti, non rispondendo a un criterio razionale il mantenere l’insensata regola sulla «nuova procura speciale» sino all’entrata in vigore del correttivo.
Essendo la regola mantenuta sino alla data del 26 novembre 2024, va precisato che essa riguarderà l’atto di parte (la richiesta di decisione di cui al comma 3 dell’art. 380 bis), non il procedimento per la decisione accelerata quale segmento autonomo del processo di legittimità: quindi, se la comunicazione del comma 1 sia pervenuta ai difensori prima del 26 novembre 2024, l’istanza di decisione presentata dopo quella data farà a meno della nuova procura speciale.
Si dirà: ma allora che significato avrà avuto il prevedere che le norme (nel nostro caso, l’abrogazione) introdotte dal correttivo trovano applicazione nei procedimenti iniziati dopo il 28 febbraio 2023? La risposta è verosimilmente nel senso che, ove il legislatore avesse applicato alla lettera la regola dell’art. 11, comma 1, Preleggi, le nuove norme, e con esse l’abrogazione di cui si parla, avrebbero trovato applicazione nei soli procedimenti iniziati dopo il 26 novembre 2024, e ciò – in relazione al problema in esame – avrebbe comportato la necessità di applicare l’istituto abrogato, nonostante l’intervenuta abrogazione, nell’intero contenzioso pendente.
Non manca una “piccola” sbavatura: il decreto n. 149/2022 prevedeva – abbiamo già detto – che le nuove norme sulla Cassazione fossero applicabili nei giudizi di legittimità iniziati «con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023» (art. 35, comma 6, d.lgs. n. 149); l’art. 7 del decreto n. 164/2024 parla invece di «procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023» (art. 7, comma 1); ne risulta che nei procedimenti iniziati (con ricorso notificato) il 1° gennaio 2023 continuerà ad applicarsi la norma sulla nuova procura speciale, ciò che non sarebbe avvenuto se il legislatore del correttivo avesse riferito l’abrogazione a tutti i procedimenti pendenti al 28 febbraio 2023.
Duro a morire, l’istituto della nuova procura speciale; e a maggior ragione non comprendiamo perché il legislatore del correttivo non lo abbia soppresso con efficacia retroattiva, salvi gli effetti dei procedimenti già esauriti.
[1] B. Capponi, Noterella sulla disciplina transitoria del decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164 (G.U. n. 264 dell’11 novembre 2024), in www.Judicium.it, 18 novembre 2024; P.G. Attanasio, Clausola di retroattività nel Correttivo alla Riforma Cartabia? Riflessioni sull’esatta interpretazione dell’art. 7, comma 1, d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, in www.Judicium.it, 2 dicembre 2024.
[2] Mentre il d.lgs. n. 149 regolava con una disposizione ad hoc la propria entrata in vigore («Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale»: art. 52, comma 1), il d.lgs. n. 164 non reca una disposizione espressa circa la sua entrata in vigore, e quindi occorrerà far capo alla vacatio ordinaria (art. 10 preleggi).
[3] Scelta criticata anche da A.D. De Santis, Presentazione, in Focus sul Decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164 (c.d. Correttivo della riforma Cartabia del processo civile), in Questione Giustizia on line, 23 dicembre 2024.
[4] Così, per tutte, Cass., 12 maggio 2000, n. 6099.
[5] V. se vuoi, da ultimo, B. Capponi, Innesti problematici tra l’art. 380 bis c.p.c. e l’art. 391 c.p.c. (ancora sulla «nuova procura speciale», celebrando la sua abolizione), in Foro it., 2024, I, 3035 ss.
[6] Sia consentito il rinvio, anche per essenziali richiami, a L’applicazione nel tempo del diritto processuale civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 431 ss., part. 466 ss.; La legge e il tempo del processo, in Otto studi sul processo civile, Padova, 2017, 39 ss.
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