l’Italia dei 21mila centenari diventa un laboratorio

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Quello dell’Italia è un caso demografico eccezionale: siamo secondi al mondo dopo il Giappone per longevità, ma il nostro tasso di natalità è fra i più ridotti. Allora perchè, anzichè limitardi a raccontare l’inverno demografico, non trasformiamo questa sfida in opportunità, facendo dell’Italia “un laboratorio empirico per l’invecchiamento attivo?”. A tracciare con Fortune Italia le direttrici della “via italiana alla longevità in salute” è Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze e presidente di Age-it, programma di ricerca guidato dall’ateneo e finanziato dal Pnrr mirato a indagare sul futuro della popolazione, ‘forte’ di più di 800 ricercatori e di una rete di oltre 20 atenei, centri di ricerca, aziende e istituzioni.

“Vogliamo affrontare la sfida dell’invecchiamento in maniera completa, utilizzando tutte le discipline che possono concorrere insieme a portare dei benefici per la popolazione”, ci ha spiegato Petrucci a margine di un affollato  incontro al ministero della Salute, dedicato a illustrare il progetto di un nuovo Istituto per il futuro della popolazione. In effetti se da un lato oggi a 65 anni abbiamo ancora davanti 20-30 anni di vita, il rischio è quello di una ‘guerra fra generazioni’, con gli anziani bisognosi di cure che potrebbero far saltare il sistema. L’obiettivo di Age-it è invece quello di porre le basi per “un patto generazionale, basato su una forma di giustizia che non trascuri un gruppo a danno di un altro. Occorre un mutuo riconoscimento fra generazioni“, sottolinea la rettrice.

Un Paese di centenari

Entro il 2050 la popolazione italiana si contrarrà dell’8%: diventeremo sempre più vecchi. “Già oggi vivono nel nostro Paese 21mila centenari, un numero straordinario”, che è anche una sfida affrontata finora con “una sorta di miopia: non si è pensato che dopo i 65 anni dobbiamo progettare la nostra vita per un altro trentennio”, ha detto il viceministrodel Lavoro Maria Teresa Bellucci.

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In quest’ottica “la riforma in favore delle persone anziane voluta dal Governo Meloni e varata in tempi record è un testo storico, che ha colmato un vuoto legislativo andando a riconoscere i diritti dei 14 milioni di anziani che vivono in Italia. Oggi, attraverso il Comitato interministeriale per le Politiche in favore della popolazione anziana (Cipa), portiamo avanti il nostro impegno per la programmazione di efficaci politiche nazionali attente ai fragili e ai non autosufficienti. La sfida demografica, quindi, rimane tra i temi in cima all’agenda del nostro Governo, e certamente la creazione dell’Istituto Italiano sull’Invecchiamento può essere uno strumento efficace per avere una visione del fenomeno più attenta e complessiva”. Un po’ come accade in Francia, Gran Bretagna, Germania, Portogallo, Paesi Bassi e Stati Uniti.

Un Istituto per ridisegnare l’invecchiamento

Non è solo l’Italia ad affrontare queste sfide, insomma: la natalità è in calo in tutta Europa, come ha ricordato anche Sandra Gallina, direttrice generale DG Sante della Commissione europea.

“L’aspettativa di vita in Italia oggi supera gli 84 anni. Siamo la seconda nazione al mondo per longevità, ma non lo siamo per Pil ed economia – ha puntualizzato il ministro Orazio Schillaci, accennando al tema delle risorse – In Italia il 24% della popolazione è over 65, l’invecchiamento attivo è stato al centro del G7 Salute che si è svolto ad Ancona e il nostro Paese è un luogo ideale per affrontare la sfida dell’invecchiamento attivo e delle dinamiche demografiche con un approccio costruttivo e innovativo, attento ai nuovi bisogni collettivi. Dobbiamo fare in modo che gli italiani vivano non solo più a lungo, ma anche in salute. E la creazione di un Istituto Italiano sull’Invecchiamento può contribuire ad affrontare le sfide che abbiamo davanti dovute all’andamento demografico e all’impatto sociale e sanitario che ne deriva”.

Ad accendere i riflettori sull’importanza della prevenzione per una terza e quarta età attive è stata Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della Prevenzione del ministero di Lungotevere Ripa, che ha evidenziato l’importanza degli stili di vita corretti “fin dai primi mille giorni di vita”. Una sorta di assicurazione per invecchiare in salute e ridurre il peso sui servizi sanitari.

Inclusione attiva, la sperimentazione nel Lazio

Scienza e medicina ci stanno regalando anni in più. Ma “se gli anziani vengono considerati sostanzialmente inutili, in una società fatta soprattutto di anziani ci rassegniamo all’idea che il futuro del nostro Paese sia inutile”, ha detto la rettrice. E allora?

“Oggi vi porto una buona notizia: come sapete dallo scorso anno abbiamo la legge 33 per la riorganizzazione dell’assistenza agli anziani in Italia. Ebbene, dal 1 febbraio nel Lazio inizieremo ad applicarla grazie a una sperimentazione con la Regione, l’Università di Tor Vergata e la Asl. Lo faremo a Tor Bella Monaca e ci rivolgeremo per ora agli over 80″. ha detto in video collegamento Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e della Fondazione Età Grande. Convinto che “serva audacia creativa per promuovere una nuova cultura, quella della coabitazione”. In un Paese in cui “il 33% delle famiglie è composto da una persona sola occorre favorire il cohousing, una nuova cultura del vivere assieme, ripensando anche il pensionamento, in modo che la vecchiaia non sia il tempo dell’esclusione”.

Giustizia intergenerazionale (che non c’è)

Ma se l’Italia non è un Paese di giovani, forse ha molto da fare in questa direzione. Fra i progetti di Age-It, il professor Vincenzo Galasso dell’Università Bocconi sta mettendo a punto per la prima volta in Italia un indice di giustizia intergenerazionale che, analizzando diversi fattori (economici, sociali e politici), possa misurare quanto la società agisca in favore dei gruppi più giovani (20/30enni) o di quelli più avanti con gli anni (50/60enni). E, nei diversi gruppi, valuti le differenze tra donne e uomini.

Tra i parametri analizzati troviamo reddito, lavoro, accesso alle risorse, impatto ambientale, partecipazione democratica, connessione ad Internet, incontri di svago con amici e familiari discriminazione sociale, salute mentale ed altro ancora. Il primo di questi indicatori – basato su dati relativi a tasso di povertà, di disoccupazione, numero di contratti a tempo indeterminato, accesso all’assistenza sanitaria e bisogni medici insoddisfatti – presentato oggi al ministero della Salute, vede l’Italia pendere dalla parte dei più anziani e ci colloca su questo parametro al penultimo posto in Europa, subito dopo Romani e Slovacchia e prima della Danimarca che chiude la graduatoria. Dall’altro lato della lista (a favore dei giovani), troviamo invece Malta, ma anche Polonia, Portogallo e Germania.

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