di Mario Lancisi
Un’epoca su cui cala il sipario. Solo poche stanze occupate dal Pd nella sede del Pci e poi dei Ds in via Fratti
C’è stato un tempo in cui a Pisa, divenuta nel 2019 città di destra ma un tempo rossa e sessantottina, era facile riconoscere un comunista. «Era quello che alla domanda più frequente dei turisti : “Dov’è la torre?” rispondeva: “Ha presente via Fratti?”», racconta il giornalista e pubblicitario Davide Guadagni.
Per la sinistra pisana di rito Pci, la sede storica di via Fratti è stata un po’ come a Roma Botteghe Oscure.
Costruita nel 1968, sotto l’egida di Giuseppe De Felice, ritenuto allora il migliore segretario di federazione del Pci italiano, ha visto crescere una generazione di leader della sinistra italiana e toscana. Da Massimo D’Alema a Fabio Mussi, studenti in quegli anni, della Normale pisana.
D’Alema ricoprì anche l’incarico di capogruppo comunista in consiglio comunale, e fu uno dei promotori della giunta guidata dal dc Elia Lazzari (1971-1976), sostenuta anche da Pci, Psi, Psiup e una parte della Dc. Anticipazione del compromesso storico. Poi nel 1975 D’Alema lasciò Pisa perché eletto segretario della federazione dei giovani comunisti, soffiando il posto al fiorentino Amos Cecchi.
La Botteghe Oscure della sinistra pisana, imponente e ricca di storia politica, è vuota, occupata solo in qualche stanza dal Pd, 1.200 euro al mese il canone di locazione, pagato alla società Primavera, proprietaria dell’immobile.
L’immobile è in vendita ma «nonostante la sua bellezza architettonica, per com’è costruito è difficile da vendere perché dispendioso da recuperare È una bella storia, quella vissuta in via Fratti, anche se irripetibile, per tanti motivi. Segna un’epoca. Vedere quel palazzo da tanti anni vuoto e in vendita dà dolore», sottolinea Marco Filippeschi, ex segretario regionale dei Ds ed ex sindaco di Pisa. Calcinacci, crepe, i morsi del tempo marcano la sede dell’ex Pci: metafora di una stagione politica che non c’è più. «Una politica che, insieme ai suoi luoghi, ha perso la spinta ideale, la volontà e la capacità di rappresentare i più deboli che animava certe stanze», osserva amaro Filippeschi.
Lì, in via Fratti, nel Pci dei tempi d’oro hanno lavorato impiegati e funzionari politici. Ricorda l’ex presidente della Regione Enrico Rossi: «Da vicesindaco di Pontedera diventai funzionario del Partito Comunista Italiano, con paga da operaio specializzato Piaggio. Ricordo che nel 1985, in via Fratti, nella stanza del segretario, Luciano Ghelli mi firmò il libretto di lavoro. Fu uno dei giorni più importanti e belli della mia vita. Ora, quando mi capita di passare in auto davanti a quella che fu la grande federazione del partito a Pisa provo un senso di sgomento per la fine che ha fatto e una grandissima nostalgia».
La nostalgia che prende anche l’ex sindaco e assessore regionale Paolo Fontanelli. «In quella federazione sono maturate, a suo tempo, anche le condizioni per la crescita di quadri dirigenti di profilo nazionale. Per me partecipare a quelle discussioni ha significato la concreta possibilità di imparare e praticare una militanza politica particolare, quella dell’impegno politico a tempo pieno. Per un autodidatta come me una vera e propria scuola».
Gli fa eco Filippeschi: «La prima volta che entrai in via Fratti numero 9 ero poco più di un bimbo. Fu per fare una nottata di vigilanza con il mio babbo Mario e i compagni di Fauglia, dove abitavo. Erano i tempi, negli anni ’70 del secolo scorso, in cui si dovevano proteggere le sedi».
Una scuola, via Fratti, anche severa. Ricorda l’ex governatore Enrico Rossi: «Provai a frequentare quella sede il primo anno dell’Università, da iscritto al circolo della Fgci. Però un giorno il segretario del Pci, Giuseppe De Felice, mi redarguì duramente dicendomi che io dovevo far politica a Pontedera e non lì, in federazione a Pisa. Ci rimasi malissimo ma obbedii. E così piano piano il partito cominciò a costruire il mio curriculum politico: prima consigliere comunale, poi assessore e poi vicesindaco e quindi sindaco a Pontedera». Poi lo sbarco in Regione, da assessore alla sanità prima e governatore poi.
Come dire che un militante politico doveva partire dal basso e sottoporsi alla «scuola» severa e selettiva del partito. Altri tempi, altri mondi. Quella politica non c’è più e anche il Palazzo Rosso di via Fratti è in vendita.
Un’epoca su cui cala il sipario. Un’epoca in cui i luoghi, le vie segnavano una politica. Così in Toscana la pisana via Fratti si è contrapposta per importanza la fiorentina via Alamanni, sede del Pci di Firenze. È lì, in quelle stanze, che venivano discusse e prese le decisioni che poi approdavano nelle sedi istituzionali.
Non si diceva: il Pci ha deciso, ma via Alamanni, via Fratti e così via.
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