The Future of Jobs Report 2025: il cambiamento tecnologico al centro della trasformazione del lavoro
L’indagine sul futuro del lavoro, condotta dal World Economic Forum, ha raccolto le opinioni di manager e imprenditori di 1.043 imprese che occupano complessivamente oltre 14,1 milioni di lavoratori in 22 cluster settoriali e 55 paesi. Il rapporto sintetizza le evoluzioni del mercato del lavoro attese nei prossimi cinque anni, prendendo in considerazione i maggiori driver di trasformazione e i loro impatti sull’occupazione e sulla domanda di specifiche figure professionali e competenze.
I driver di trasformazione del mercato del lavoro…
I macro-trend che, nelle aspettative delle imprese, guideranno maggiormente le evoluzioni del mercato del lavoro nei prossimi anni sono il cambiamento tecnologico, l’incertezza economica e la frammentazione geopolitica, la transizione ecologica e la demografia (Figura 1).
Figura 1 – I driver di trasformazione del mercato del lavoro da qui al 2030 nelle attese delle imprese
Il cambiamento tecnologico sarà il driver più rilevante
L’ampliamento dell’accesso alle tecnologie digitali è la tendenza più rilevante, indicata dal 60% dei soggetti intervistati. I tre ambiti dai quali ci si attende il più grande impatto sul mercato del lavoro sono l’intelligenza artificiale e i software per l’elaborazione delle informazioni, i robot e i sistemi autonomi, la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di energia.
Le imprese dovranno confrontarsi con l’incertezza economica e la frammentazione geopolitica
A inizio 2025, le prospettive economiche globali combinano cauto ottimismo e incertezze persistenti. L’inflazione è in calo ma resta alta nei servizi e colpisce duramente i paesi a basso reddito, aggravata da shock climatici e tensioni geopolitiche. Il costo della vita e l’inflazione (50% degli intervistati) e la ridotta crescita economica (42%) sono tra i principali fattori di trasformazione per il mercato del lavoro dal punto di vista delle aziende.
Sul fronte della geopolitica, invece, le tensioni crescenti minacciano il commercio globale, con le economie emergenti ad essere particolarmente vulnerabili. I governi rispondono aumentando restrizioni, sussidi e politiche industriali, mentre la frammentazione commerciale potrebbe ridurre la crescita economica globale. Il Future of Jobs Survey rivela che circa un terzo (34%) dei datori di lavoro intervistati vede l’intensificarsi delle tensioni geopolitiche e dei conflitti come un fattore chiave della trasformazione organizzativa. Al contempo, poco più di un quinto delle organizzazioni intervistate identifica l’aumento delle restrizioni al commercio e agli investimenti (23%), così come i sussidi e le politiche industriali (21%), come fattori che stanno rimodellando le loro attività.
La transizione ecologica tra i fenomeni sotto osservazione
Nonostante un panorama sempre più complesso per i negoziati climatici globali, la transizione verde rimane una priorità per molte organizzazioni a livello mondiale. Quasi la metà dei datori di lavoro intervistati (47%) prevede un aumento degli sforzi e degli investimenti per ridurre le emissioni di carbonio come fattore chiave per la trasformazione organizzativa. Allo stesso modo, il 41% si aspetta che un maggiore impegno per adattarsi ai cambiamenti climatici porti a cambiamenti significativi nelle organizzazioni.
La duplice sfida delle evoluzioni demografiche
Il mondo sta vivendo due cambiamenti demografici fondamentali: una popolazione in età lavorativa che invecchia e diminuisce nelle economie ad alto reddito e che, al contrario, cresce in molte economie a basso reddito. Non stupisce, dunque, che saranno queste ultime, nei prossimi anni, a fornire quasi due terzi dei nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Si profilano quindi due sfide speculari: nei paesi in declino demografico, da un lato, le imprese fanno più fatica a reperire i talenti di cui necessitano sul mercato del lavoro e spesso mettono in campo strategie per far fronte alla mancanza di lavoratori (come re-skilling e automazione); i paesi che godranno di un dividendo demografico, invece, dovranno fare importanti sforzi per creare nuove opportunità di impiego e assorbire così la crescente forza lavoro disponibile.
…e i loro impatti sull’occupazione
L’impatto complessivo: 170 milioni di posti di lavoro creati da qui al 2030
L’indagine stima che la creazione di nuovi posti di lavoro guidata dai macro-trend sopra evidenziati raggiungerà i 170 milioni di posti, pari al 14% dell’occupazione totale odierna (Figura 2). Questa crescita sarà bilanciata dalla perdita di 92 milioni di posti di lavoro attuali, pari all’8% dell’occupazione totale, portando a una crescita netta di 78 milioni di posti di lavoro entro il 2030 (pari al 7% dell’occupazione totale attuale).
Figura 2 – I posti di lavoro creati e distrutti nei prossimi 5 anni
Al risultato aggregato concorrono in maniera differenziata i diversi macro-trend analizzati.
La rivoluzione tecnologica è il driver più divergente. L’impatto sul lavoro dipenderà fortemente dall’equilibrio tra automazione e collaborazione uomo-macchina
Il cambiamento tecnologico emerge come il driver di trasformazione del mercato del lavoro più divergente: sono oltre 30 milioni i nuovi posti di lavoro attesi, mentre ammontano a circa 25 milioni quelli spiazzati, per un effetto netto positivo di circa +7 milioni di posti di lavoro entro il 2030.
L’entità e la natura dell’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro dipenderà molto da come i nuovi strumenti verranno integrati nel sistema produttivo e dal risultante equilibrio tra pura automazione e collaborazione uomo-macchina. Le task eseguite prevalentemente da esseri umani sono attese contrarsi dal 47% attuale al 33% entro il 2030, con gran parte della riduzione (82%) che va a vantaggio della pura automazione. Questo pone interrogativi sulla distribuzione del valore creato: quanto più rilevante sarà la collaborazione uomo-macchina all’interno dei processi aziendali, quanto più i lavoratori potranno beneficiare dei frutti della rivoluzione tecnologica.
La frammentazione geoeconomica non distrugge lavoro ma cambia l’organizzazione incentivando il reshoring
In media, i partecipanti si aspettano che le tensioni geopolitiche, l’aumento delle restrizioni al commercio e agli investimenti e i sussidi e le politiche industriali non abbiano un impatto netto negativo sui posti di lavoro: al contrario, ci si attende un saldo netto positivo pari a 5 milioni di posti di lavoro entro il 2030, principalmente nei settori della logistica, della sicurezza e della strategia. D’altro canto, tutte e tre le tendenze geoeconomiche analizzate sembrano favorire maggiormente il reshoring: in particolare, i partecipanti che si aspettano una trasformazione del proprio business a causa dell’aumento delle restrizioni al commercio e agli investimenti globali sono il 50% più inclini rispetto alla media globale a pianificare il ricollocamento di parte delle loro attività.
Il green spinge con forza l’occupazione
Le imprese intervistate si attendono che l’adattamento ai cambiamenti climatici e la loro mitigazione abbiano un impatto netto positivo da qui al 2030 che si attesterebbe vicino ai 9 milioni di posti di lavoro aggiuntivi.
Le figure professionali in crescita e quelle in declino: guida l’innovazione tecnologica
I profili professionali in più rapida crescita entro il 2030, in termini percentuali, tendono ad essere trainati dagli sviluppi tecnologici, che sono anche i principali responsabili della contrazione delle figure professionali in declino. Le tre figure professionali in più forte ascesa saranno gli specialisti di big data, gli ingegneri nel campo fintech e gli specialisti di intelligenza artificiale e machine learning. Sul fronte opposto, gli intervistati si attendono un marcato arretramento dei posti di lavoro per impiegati del servizio postale, cassieri bancari e impiegati addetti alla raccolta di dati (Figura 3).
Figura 3 – I profili in più rapida ascesa e in declino
I fabbisogni di nuove competenze portano al centro la formazione
Secondo le aspettative delle imprese, le competenze tecnologiche sono previste crescere in importanza più rapidamente di qualsiasi altro tipo di competenza nei prossimi cinque anni. Tra queste, l’intelligenza artificiale e i big data occupano il primo posto come le competenze in più rapida crescita, seguite da networks e cybersecurity e dall’alfabetizzazione tecnologica. A completare queste competenze tecnologiche, il pensiero creativo e due atteggiamenti socio-emotivi – resilienza, flessibilità e agilità, insieme a curiosità e apprendimento continuo – sono anch’essi considerati in aumento di importanza.
Secondo gli intervistati, su 100 lavoratori, 41 non avranno bisogno di una formazione significativa entro il 2030; 11 non avranno accesso alla formazione di cui necessitano nel prossimo futuro e 29 richiederanno formazione e saranno riqualificati all’interno dei loro ruoli attuali. Inoltre, i datori di lavoro prevedono che 19 lavoratori su 100 avranno bisogno di formazione e saranno riqualificati e ricollocati all’interno della loro organizzazione entro il 2030 (Figura 4).
Figura 4 – I fabbisogni di formazione della forza lavoro da qui al 2030
Il Report completo è disponibile al seguente link.
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