SCENARIO TRUMP/ 2. Minacce e bluff, il messaggio “criptato” di Donald all’Europa

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Altro che dottrina Monroe! Il prossimo 20 gennaio, quando Donald Trump ritornerà nello “studio ovale” della Casa Bianca, il messaggio di James Monroe pronunciato il 2 dicembre 1823 potrebbe venire ampiamente superato dalle intenzioni pronunciate in questi giorni dal “tycoon” diventato 47esimo presidente degli Stati Uniti.



Monroe, quinto presidente, espresse l’idea della supremazia USA nel continente americano. Trump, due secoli dopo, allarga quella supremazia con un controllo o una minaccia di annessione della Groenlandia, del Canale di Panama, del Canada come 51esimo stato dell’Unione. Quasi senza freni, Donald Trump, al suo ritorno alla Casa Bianca, spara bordate in tutte le direzioni nel nome dell’America First. In una conferenza stampa a Mar-a-Lago, con queste e altre dichiarazioni, sulla situazione delle guerre in corso, dall’Ucraina al Medio Oriente, ha messo in allarme tutte le cancellerie del mondo.

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Il mutamento della politica americana, secondo quello che ha detto Trump, provocherebbe un’epoca tanto nuova che bisognerebbe rimettere mano alle carte geografiche. Tanto per dire l’ultima, dopo una “sparata” contro i messicani, Trump ha aggiunto che il Golfo del Messico dovrebbe diventare Golfo d’America.

Trump è imprevedibile, è probabilmente anche un grande bluffatore a fini politici, ma le sue sono comunque le parole del presidente degli Stati Uniti, che sta ritornando alla Casa Bianca dopo essere stato sconfitto da Joe Biden tra tumulti in cui Trump venne definito come un golpista che incitava la folla dei suoi supporters ad assaltare Capitol Hill.



Il personaggio è stato “esaminato” diverse volte e giudicato negativamente, ma, volenti o nolenti, ha vinto le elezioni americane in un modo che nessuno immaginava.

Con tutta probabilità, in Europa e in tante altre parti del mondo, non si è tenuto conto del “mal d’America” che si è sviluppato in questi anni, di una palpabile decadenza, che alla fine gli americani non hanno accettato affidandosi all’uomo che, dichiarando l’America First, si è messo contro tutti, lanciando sfide che sconvolgono la situazione mondiale, rilanciando il nazionalismo, quello americano certamente, ma che sta contagiando, a quanto sembra, gran parte del mondo, e sgretolando addirittura il globalismo economico che seguiva l’Europa, dimenticandosi però di una vera coesione politica.

Per ora quelle di Trump, sembrano parole di inaudita aggressività, magari per promettere minacce che poi sarebbe difficile realizzare. Ma non c’è dubbio che, ai suoi discorsi, qualche fatto Trump lo farà seguire.

Facendo un primo quadro della situazione, pare che sia Zelensky con la sua Ucraina a rimetterci di più. In effetti, tra promesse di conquiste e aggressività a tutto campo, Trump ha promesso di far finire la guerra in Ucraina, parlando prima con Putin (e il colloquio è stato accettato) e poi con il leader ucraino.

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Si è subito pensato a un’ipotesi di “cessate il fuoco” permanente di tipo coreano. Ma è un’ipotesi che, a quanto pare, Putin non accetta. L’altra proposta è quella di congelare le conquiste fatte dall’avanzata russa, sia in Crimea che in altre quattro zone dell’Ucraina. Ma a questo punto è Zelensky che si oppone. Forse ci si aggrapperà a un’altra ipotesi che è quella di lasciare l’Ucraina fuori dalla Nato.

Una serie di possibilità, di ipotesi, che sconfessano tutta la politica europea di questi anni, tranne alcuni Stati o partiti dissidenti, che comunque ridimensionerà ancora di più il ruolo dell’Europa.

Poi c’è la situazione nel Medio Oriente, dove Trump ha già spiegato, quasi urlando, di essere al fianco della politica di Netanyahu. Insomma tutto quello intorno a cui si è lavorato, non proprio con una grande capacità diplomatica, viene sinora “spazzato via” dal decisionismo aggressivo di Trump con le sue dichiarazioni.

Uno dei bersagli principali di Trump resta proprio la politica dell’Europa, perché le spese militari dei Paesi dell’UE non raggiungono il 5 per cento del proprio pil che pretende Trump e che già a fatica l’Europa aveva previsto intorno al 2 per cento.

Mancano otto giorni all’insediamento di Trump ed evidentemente le preoccupazioni si moltiplicano, perché Donald Trump non dimentica anche una politica di commercio internazionale con l’applicazione di dazi pesanti.

Che cosa si può ribattere a Trump in una simile circostanza? Forse bisognerebbe che l’Europa cercasse una maggiore coesione e cercasse di stabilire un colloquio costruttivo anche con un uomo di destra come Trump, non relegandolo a leader della grande “svolta a destra” del mondo occidentale.

Trump a prima vista, guardando alle sfide geopolitiche di questi anni, sembra impegnato sopratutto a limitare l’influenza cinese nel mondo e l’espansione dal Mediterraneo al Pacifico del nuovo “impero cinese” e dei suoi alleati. Forse l’Europa dovrebbe tenere conto di questa realtà e, pur criticando la politica di Trump, dovrebbe tenere le distanze dall’espansionismo cinese.

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Forse Trump non avrebbe più scuse a lanciare le sue minacce e a cercare un dialogo con la Russia, anche in chiave anti-cinese, nonostante alcune false apparenze. Nella grande confusione, una linearità occidentale potrebbe essere utile e potrebbe calmare l’aggressività di un probabile bluffatore che vuole solo misurarsi con la Cina per rilanciare il “sogno americano”. Anche se i tempi sono cambiati.

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