Illegittima la condanna per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti qualora manchi il dolo specifico di evadere le tasse

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La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 46479 depositata il 19 dicembre 2024, intervenendo in tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ha statuito il principio secondo cui integra il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’utilizzazione, nella dichiarazione ai fini delle imposte dirette, di fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi, che costituisca di fatto lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera, realizzata in violazione dei divieti di cui al previgente d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, sostituito dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, trattandosi di fatture relative a un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente intercorso tra le parti, attinente ad un’operazione implicante significative conseguenze di rilievo fiscale (Sez. 3, n. 45114 del 28/10/2022, Testa, Rv. 283771).”

La vicenda ha riguardato l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata accusato del reato di cui all’articolo 2 del d.lgs. n. 74/2000 per aver annotato in contabilità e riportato ad indebito abbattimento dell’i.v.a. dovuta le fatture, soggettivamente inesistenti in quanto due dipendente della società emittente delle fatture false venivano ritenuti invece dipendenti della srl, fatture che venivano indicate nella dichiarazione Unico. Il Tribunale all’esito del giudizio abbreviato riconosceva colpevole del reato ascritto l’amministratore. La Condanna veniva confermata dalla Corte di appello. Il condannato impugnava la sentenza di appello con ricorso per cassazione fondato su otto motivi.

I giudici di legittimità annullavano la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.

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Per gli Ermellini la simulazione del contratto di appalto in luogo del contratto dissimulato di somministrazione di mano d’opera “integra certamente gli estremi del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, il quale si configura ogni qualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni realmente non effettuate, non rilevando la circostanza che la falsità sia ideologica o materiale (Sez. 3, 6360 del 25/10/2018, dep. 2019, Capobianco, Rv. 275698).

Rispetto alla fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, considerata dall’art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000, intercorre perciò un rapporto di specialità reciproca, in quanto, accanto ad un nucleo comune costituito dalla presentazione di una dichiarazione infedele, il delitto di cui all’art. 2 presuppone l’utilizzazione di fatture o documenti analoghi relativi ad operazioni inesistenti, mentre il secondo, richiede una falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie nonché l’impiego di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e il raggiungimento della soglia di punibilità (cfr. Sez. 3, n. 6360 del 25/10/2018, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 13364 del 14/02/2024, Dusini, Rv. 286134, in motivazione). Ne consegue che il discrimine tra le due fattispecie è costituito dalle diverse modalità di documentazione dell’operazione economica, poiché alla particolare idoneità probatoria delle fatture corrisponde una maggiore capacità decettiva delle falsità commesse utilizzando tali documenti (Sez. 3, n. 10916 del 12/11/2019, dep. 2020, Bracco, Rv. 279859-03). 

Per il Supremo consesso la sentenza di appello ha errato nella sussistenza del dolo specifico, infatti ha rammentato che il dolo specifico considerato dalla fattispecie al vaglio è costituito dal “fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto”; esso rappresenta la finalità che deve animare la condotta dell’agente, il cui concreto conseguimento, tuttavia, non è necessario per la consumazione del reato, né essa deve necessariamente esclusiva, ben potendo concorrere con altre, e, come ogni reato a dolo specifico, affianca – e non sostituisce – il dolo generico, il quale abbraccia la condotta.”

Pertanto, per i giudici di piazza Cavour, i giudici di merito devono, nel caso di specie, chiarire il fine dell’utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti utilizzate nella dichiarazione fiscale.

Precedenti

Cass., sentenza n. 37131 depositata l’ 8 ottobre 2024 (Per ogni reato a dolo specifico, l’elemento soggettivo è composito dal dolo generico e dal necessario dolo specifico, che non sostituisce il dolo generico, ma ad esso si affianca)

Cass., sentenza n. 41891 depositata il 14 novembre 2024

Cass. sentenza n. 26520 depositata il 5 luglio 2024 (A norma dell’art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 74 del 2000 gli acquisti effettuati in riferimento a beni utilizzati per l’attività di impresa non possono ritenersi costituire «operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte» solo perché i prezzi corrisposti sono superiori, eventualmente anche di moltissimo, a quelli di mercato. Nell’ipotesi descritta, infatti, si è verificata una operazione di compravendita di “quei beni” per “quel prezzo”)



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