«Le risorse montane sfruttate senza restituire nulla ai territori»

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La Calabria affronta una delle crisi idriche più gravi della sua storia recente. Con un sistema infrastrutturale fragile e il clima che non concede tregua, l’estate del 2024 ha mostrato i limiti di una regione stretta tra emergenze ricorrenti e scelte politiche discutibili. Al centro del dibattito c’è la diga del Menta, un’opera monumentale che avrebbe dovuto garantire la fine della “grande sete” di Reggio Calabria senza tagliare fuori i comuni grecanici, ma che invece testimonia un sistema incapace di rispondere alle esigenze di un territorio complesso anche a causa di una rete di distribuzione che probabilmente anche Tutankhamon avrebbe classificato come “vetusta”.

Tra i protagonisti di questa battaglia, il sindaco di Roccaforte del Greco, Domenico Penna, rappresenta la voce di chi vive quotidianamente gli effetti di scelte miopi del passato. «Nonostante la vicinanza alla diga del Menta, il nostro comune non beneficia di una goccia d’acqua della stessa», racconta. Un paradosso che sintetizza gli errori di un approccio che ha sfruttato le risorse montane senza restituire nulla ai territori.

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La diga del Menta e la grande sete di Reggio

Inaugurata ufficialmente nel 2018 dopo decenni di ritardi, di proclami e di attese, la diga del Menta avrebbe dovuto risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico per la città di Reggio Calabria e i comuni della zona grecanica. Con una capacità progettuale di 18 milioni di metri cubi d’acqua, la struttura è stata per anni il simbolo delle grandi incompiute italiane: un’opera imponente, ma incapace di rispondere pienamente alle esigenze del territorio.

«La diga è stata concepita per servire Reggio Calabria, ignorando completamente i comuni circostanti», sottolinea Penna. «Roccaforte del Greco, nonostante sia a pochi chilometri dalla struttura, non riceve nulla. Una scelta che ha aggravato la marginalizzazione delle aree interne». A complicare il quadro ci sono le condutture obsolete: «Dell’acqua che parte dal Menta a quella che arriva nei rubinetti dei Reggini si perde un litro d’acqua su due a causa di falle nella rete», aggiunge il sindaco. L‘invaso del Menta, a pieno regime, potrebbe infatti soddisfare ben due città dello Stretto. Ed invece, complice anche una crisi idrica senza precedenti, la grande sete di Reggio continua.

L’estate 2024: l’emergenza al culmine

Il 2024 è stato un anno drammatico. La diga del Menta, ridotta al 15-20% della sua capacità, non ha potuto garantire l’approvvigionamento necessario. Comuni come San Lorenzo sono rimasti senz’acqua per oltre due mesi, mentre la Valle dell’Amendolea, un tempo rigogliosa, ha visto uliveti e altre coltivazioni inaridire con un rischio concreto per la sopravvivenza del bergamotto che, a breve, dovrebbe essere riconosciuto Indicazione Geografica Tipica.

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«Le immagini della scorsa estate sono state raccapriccianti», ricorda Penna. «Abbiamo visto interi territori privi di risorse idriche, con conseguenze devastanti per le attività agricole e la vita quotidiana dei cittadini». Nonostante piccoli interventi locali, come il ripristino di fonti idriche minori, la gestione è stata emergenziale e insufficiente. «Abbiamo dovuto chiudere l’acqua nelle ore pomeridiane per garantire una distribuzione minima», spiega il sindaco.

Gli errori del passato e le sfide del presente

La crisi idrica in Calabria non è solo una questione climatica. «Paghiamo decenni di scelte politiche sbagliate», denuncia Penna. L’idea di sfruttare le risorse montane senza investire nei territori ha portato allo spopolamento delle aree interne, privandole di opportunità economiche e infrastrutture adeguate. «Siamo stati visti solo come fornitori di risorse, ma senza ricevere nulla in cambio», sottolinea il sindaco.

Il cambiamento climatico ha aggravato il problema. Negli ultimi due anni, la Calabria ha registrato inverni quasi privi di neve, una risorsa fondamentale per il ripristino delle riserve idriche montane. La scarsità di piogge ha ulteriormente ridotto la disponibilità d’acqua, mettendo a rischio non solo le aree rurali, ma anche la città di Reggio Calabria.

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Il futuro: una strategia per evitare il disastro

«Non possiamo affrontare un’altra estate come quella del 2024», afferma Penna. Tra le soluzioni proposte, il sindaco evidenzia la necessità di un intervento strutturale sulle reti idriche, che devono essere modernizzate per evitare sprechi. Inoltre, serve un piano strategico per valorizzare le risorse montane, con la creazione di nuove fonti e l’utilizzo sostenibile di quelle esistenti.

«La Regione Calabria deve assumersi la responsabilità di coordinare gli interventi», aggiunge Penna, chiedendo un impegno maggiore anche al governo nazionale ed europeo. La Protezione Civile è intervenuta durante l’emergenza, ma la situazione richiede investimenti di lungo termine. «È vergognoso che una regione ricca di risorse idriche come la nostra debba vivere queste crisi», conclude il sindaco.

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La necessità di un cambiamento

L’acqua è un bene prezioso, ma anche una responsabilità condivisa. «Dobbiamo educare la popolazione al rispetto delle risorse idriche», afferma Penna. Sprecare acqua oggi significa compromettere il futuro delle generazioni che verranno. «La goccia che salviamo oggi sarà quella che ci salverà domani», conclude.

L’infrastruttura idrica della Calabria, il ruolo delle aree interne e il cambiamento climatico sono i temi centrali di una sfida che non riguarda solo questa regione, ma l’intero Paese. Il futuro dell’acqua è una questione non solo tecnica ma soprattutto culturale e politica. Un cambio di passo è ormai indispensabile e non più rimandabile: ne va letteralmente della sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone.



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