«Nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte». In altre parole: non ci sono prove che Mohammed Abedini abbia compiuto i reati che gli Stati Uniti gli contestano. Questa la motivazione con cui il Guardasigilli Carlo Nordio ha chiesto la revoca degli arresti per l’ingegnere svizzero iraniano, accusato dagli Usa di essere “l’uomo dei droni” di un’organizzazione terroristica legata al regime degli ayatollah. Motivo per cui l’iraniano non sarà estradato negli Stati Uniti, come Washington chiedeva, ma sarà presto libero. E secondo fonti iraniane, tornerà in Iran già nelle prossime ore.
Nessun collegamento
Una mossa attesa, quella del governo, dopo la decisione di Teheran di scarcerare la giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta per 21 giorni nel carcere di Evin. Le due vicende sono apparse fin da subito legate, e così in un primo momento è stato fatto intendere anche dalle autorità iraniane. Anche se il governo, negli ultimi giorni, ha negato un diretto collegamento tra la scarcerazione di Sala e la decisione sul futuro di Abedini, che è stata – almeno formalmente – rimessa al ministero della Giustizia e agli organi competenti.
«In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d’America e il governo della Repubblica italiana – si legge nella nota diffusa da via Arenula – possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente».In particolare, viene spiegato, la prima condotta ascritta al cittadino iraniano di «associazione a delinquere per violare l’Ieepa (International emergency economic powers act – legge federale statunitense) non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano». Motivo per cui non è su quella base che avrebbe potuto essere concessa l’estradizione negli Usa.
Mancanza di prove
Ci sono poi le altre incriminazioni: “associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte” e “fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte”.
Ma a questo proposito, rilevano dal dicastero di Carlo Nordio, «nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari».
Abedini era accusato di aver esportato componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran violando le sanzioni e le leggi sulle esportazioni, rifornendo un’organizzazione terroristica. Quei “Guardiani della rivoluzione islamica” che gli Usa dal 2019 (dopo un netto peggioramento delle relazioni tra i due Paesi) considerano appunto terroristi, ma l’Europa (e l’Italia) no. In particolare, per l’accusa americana, l’ingegnere svizzero-iraniano avrebbe contribuito a produrre i droni utilizzati per uccidere tre militari americani in Giordania all’inizio dell’anno scorso.
Il ricatto
Una decisione, quella di negare l’estradizione, che secondo fonti di governo non è dunque da considerare come una contropartita rispetto al ritorno in Italia di Cecilia Sala. Tra via Arenula e Palazzo Chigi nelle scorse settimane il dossier è stato approfondito con giuristi ed esperti di diritto internazionale. E la conclusione è stata che c’erano solidi appigli per giustificare con l’alleato una mancata estradizione, facoltà concessa dall’ordinamento italiano proprio al ministro della Giustizia. Una copertura giuridica che può sembrare dettaglio, in una vicenda in cui era implicata una connazionale. Ma non lo è. Perchè il governo, d’accordo con la Casa Bianca, aveva tutta l’intenzione di non consegnare al mondo l’immagine di uno scambio di prigionieri, che avrebbe fatto pensare a un cedimento di fronte al ricatto. Diverso è il caso di una mancanza di prove rispetto alle accuse elencate dagli Stati Uniti. E così il caso di Cecilia Sala, almeno per quanto riguarda le azioni da intraprendere da parte dell’esecutivo, può dirsi chiuso.
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