Il professore Giovanni Ceschi: “Il Trentino torni agli esami di settembre” – Cronaca

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TRENTO. L’intervento sull’Adige di Giovanni Ceschi, insegnante di italiano, greco e latino al Liceo “Prati” sugli esami di riparazione. “Siamo appena rientrati in classe dopo le vacanze e per la scuola trentina è già notte prima degli esami (di riparazione). È notte fonda perché, a fronte dei proclami sulla necessità di modificare un sistema – quello delle carenze formative – fallimentare alla nascita (nel 2007) in quanto residuato dei debiti formativi, nulla affiora all’orizzonte del fantomatico gruppo di lavoro che dovrebbe riformarlo. Coperto dalla massima segretezza come neanche l’Area 51, salvo per un aspetto: che non vi è l’ombra di un docente, e quindi le voci di chi va in classe ogni giorno non saranno udibili se non quando il mistero della terza via sarà svelato.

Ultimo a tornare sul tema, il dirigente scolastico dell’Itet Fontana (l’Adige del 2 gennaio): lo fa a partire da un dibattito che su queste colonne è vivo da oltre un decennio, e sulla base d’interventi ospitati sempre più spesso dalla stampa nazionale, da quando l’Italia ha cominciato a rendersi conto che il Trentino è un pianeta dell’assurdo.

Nel più recente, sul Domani, ho messo in luce le peculiarità locali, ripetendo pari pari quanto scrissi su l’Adige – in tempi già sospetti – nel dicembre 2013. Da allora la situazione è andata solo peggiorando. L’intervento di Santoli è molto interessante, anzitutto perché ammette le criticità, e poi perché tocca un paio di aspetti che ci vedono pure d’accordo.

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Anzitutto, vi fa riferimento alla normativa nazionale, per la quale all’esame di Stato «sono ammessi tutti i candidati che nello scrutinio finale hanno una valutazione complessivamente sufficiente»; osservando che la tabella di attribuzione del credito scolastico del quinto anno prevede un punteggio anche in caso di media inferiore a 6/10. Orbene: una simile normativa è comprensibile alla fine delle superiori, quando non esiste più un esame a settembre (o si consegue il diploma o si ripete l’ultimo anno), mentre non ha senso alcuno nel percorso, dov’è indegno trascinarsi carenze non sanate per uno, due, tre, quattro anni.

Come avviene da noi. In secondo luogo, rileva che a livello nazionale gli studenti con giudizio sospeso negli esami di riparazione sono poi promossi a settembre, per la stragrande maggioranza. Preciso io la percentuale: tasso di promozione del 94%. Quindi il 6% non viene ammesso alla classe successiva (più di uno studente su 20 rimandati: non proprio una percentuale infinitesimale) mentre in Trentino il 100% degli studenti con carenze ha la promozione in tasca a giugno, anche a fronte d’impegno nullo nei mesi a venire. A scanso d’equivoci: il ragionamento delle centinaia d’insegnanti che reclamano a gran voce di sanare l’anomalia non si focalizza compiaciuto sulla presunta severità del sistema nazionale (i numeri attestano che tale non è) ma sull’assurdità di un meccanismo locale che pone chi s’impegna sullo stesso piano di chi abbandona una o più materie. Tanto il diploma è assicurato!

Il fatto che lo stesso dirigente constati un «reiterarsi pandemico negli anni di insufficienze nelle medesime discipline» merita riflessione. Urge superare la distinzione tra rigorosi e tolleranti: l’arma distrattiva di massa è proprio la polarizzazione del confronto. Un’analisi intellettualmente onesta, da punti di vista anche distanti, approda alla conclusione che non esistono terze vie inesplorate: l’unico modo di uscirne è quello di condizionare di nuovo la promozione alla necessità d’impegnarsi per superare le proprie difficoltà. Richiesta ineludibile, pedagogica per la scuola e per la vita.

È difficile comprendere, se non all’interno di una «ragion di provincia» che prevale sull’onestà del percorso, quale paura si dovrebbe avere a ripristinare il sistema nazionale, migliorandolo – se proprio si vuole e ci si riesce – sul piano regolamentare, per prevenire eventuali abusi o estremismi, che peraltro la collegialità dello scrutinio già adesso scongiura: viceversa, non è stato estremistico e irresponsabile legarsi le mani da soli per vent’anni di fronte a insufficienze che in alcuni casi sfiorano l’analfabetismo e che consentono comunque di ottenere il diploma? Terze vie cerchiamole dov’è possibile davvero differenziarsi in meglio: su questo campo la partita è persa, come dimostrano i tortuosi tentativi di mantenere la promozione tout court a giugno.

Si tratta di una battaglia di retroguardia che non merita di essere combattuta, se non per interessi di soggetti esterni alla scuola, in conflitto con quelli preminenti degli allievi: che in realtà, fingendo d’includere, decidiamo d’illudere.

L’ipotesi di richiedere il superamento delle carenze solo al secondo anno di ciascun biennio, ad esempio, non tiene conto (o è cinicamente fin troppo consapevole?) del carattere orientativo di prima e terza superiore: sono gli anni in cui si fondano le basi per un effettivo successo del percorso e per le scelte future.

Dato per perso ciò che perso è già, la via d’uscita migliorativa esiste: ed è quella ipotizzata dal disegno di legge Degasperi, che ripristina l’esame a settembre come l’unico dei mondi possibili facendo tesoro di un aspetto su cui tutti concordano, che con lievi e circoscritte carenze si va avanti e si cerca di rimediare in corsa, perché le carenze – lievi e circoscritte, appunto – lo consentono in modo onesto e dignitoso. Andate a rileggervelo: c’è da chiedersi perché finora abbia compattato, nel no, tutta la politica di casa nostra”.

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