Per la prima volta da quando è premier, Giorgia Meloni ha aperto una finestra sul futuro. Quello che ha in mente lei, almeno. Depurata dalle prudenze e dalle scaramanzie di circostanza, una cosa è già chiara: intende restare in sella sino alla fine della legislatura per poi chiedere agli italiani di confermarla alla guida del Paese. Magari con una legge elettorale diversa da quella usata l’ultima volta. Operazione che, se vincente, la confermerebbe a palazzo Chigi sino al 2032.
Dieci annidi Meloni, al termine dei quali l’Italia potrebbe essere davvero una repubblica con un’architettura costituzionale diversa e un capo del governo scelto dal popolo: per la sinistra, l’incubo perfetto. Al giornalista di Repubblica che le chiede se escluda di candidarsi alle prossime elezioni politiche, lei risponde che certe domande sono «soprattutto dei desiderata, piuttosto che dei modi per capire come la penso». Ribadisce che quello che sta facendo dall’ottobre del 2022 è un lavoro «faticosissimo» e che lei, non essendo «abbarbicata alla poltrona», deciderà quando sarà il momento, «valutando i risultati» ottenuti. In ogni caso la sua regola aurea non cambia: «Se posso essere utile, cerco di essere utile». E resta l’ambizione di essere il primo presidente del consiglio a guidare un governo che dura l’intera legislatura, riaffermata anche ieri dai toni netti con cui ha respinto ogni ipotesi di rimpasto, fosse pure per riportare «l’ottimo» Matteo Salvini al Viminale: «Non penso che questa cosa sia all’ordine del giorno».
Gran parte delle altre risposte date in conferenza stampa le dedica al credito politico che intende accumulare da qui al 2027, col quale si presenterebbe di nuovo al giudizio degli elettori. Un’agenda di metà mandato in cui ci sono alcuni degli «obiettivi di legislatura» annunciati nell’estate del 2022, prima del voto, e non ancora raggiunti. Ma ci sono pure priorità nuove, che si sono imposte in questi due anni. Una è la questione dei carabinieri e poliziotti iscritti nell’albo degli indagati «per atto dovuto» ogni volta che, per difendere se stessi o altri, feriscono o uccidono un delinquente. L’ultimo episodio è quello del carabiniere Luciano Masini, che ha sparato, ammazzandolo, a un egiziano di 23 anni che aveva accoltellato quattro persone e si stava avventando su di lui. La premier fa sapere di aver chiesto all’Arma di sostenere le spese legali per la difesa di Masini, e che chiederà al capo dei carabinieri di conferirgli «un riconoscimento per il suo valore». Non accetta che le forze dell’ordine, «per aver fatto bene il loro lavoro, si trovino in un calvario giudiziario». Serve quindi «un approfondimento sulle norme», ossia una riscrittura delle leggi.
Ne parlerà presto con Matteo Piantedosi e i vertici delle forze di sicurezza. È un argomento incandescente, lo si vede ogni volta che i reparti anti-sommossa vengono a contatto con i manifestanti. Materiale di scontro politico per le battaglie che verranno. Il «piano carceri» era invece nel programma presentato dal centrodestra nell’estate del 2022. Non è l’unica soluzione contro il sovraffollamento dei penitenziari: ci sarebbero pure i provvedimenti di clemenza per i detenuti, chiesti da papa Francesco per il Giubileo. È la strada che indica la sinistra, ma Meloni ha scelto la direzione opposta: ampliare la capienza delle carceri (settemila posti in più entro la fine della legislatura), mandare nelle comunità di recupero più detenuti tossicodipendenti e aumentare il numero di stranieri condannati che scontano la pena nel Paese d’origine. Ci sono le riforme costituzionali in mezzo al guado parlamentare. La separazione delle carriere dei magistrati ora pare correre, a differenza del premierato. E ad attendere tutte e due, alla fine del percorso, c’è il referendum confermativo, che le metterà nelle mani degli italiani.
L’ambizione della premier è condurle in porto ambedue prima del voto. «Vorrei arrivare alle prossime elezioni con la riforma del premierato approvata, e questo comporta una legge elettorale tarata sul premierato», spiega. Riconosce, però, che non sarà semplice, e avverte: «Se il premierato non dovesse arrivare in tempo, allora ci si interrogherà sull’attuale legge elettorale, se sia la migliore oppure no». Si potrebbe andare ai seggi con regole diverse da quelle del 2022, insomma: argomento da ultimo anno di legislatura, e la dice lunga che già abbia ragionato su questo passaggio.
C’è la classe media da aiutare. Sinora, ammette Meloni, la «priorità oggettiva» è stata «mettere in sicurezza soprattutto i redditi che non potevano farcela». Ora, però, vuole pensare anche agli altri: «Risorse permettendo» bisogna dare «un’attenzione riconoscibile al ceto medio», iniziando già da quest’anno. Varare norme importanti per la sicurezza, avviare la riscrittura della Costituzione e ridurre il carico fiscale sui redditi medi: basterebbe questo per fare di Giorgia Meloni, più che la candidata naturale del centrodestra nel 2027, la candidata inevitabile.
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