Libano: Joseph Aoun è il nuovo presidente della Repubblica. La nomina dopo due anni di stallo politico

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Dopo quasi due anni il Libano ha un nuovo presidente della Repubblica: si tratta del 60enne generale Joseph Aoun, comandante dell’esercito libanese. Con questa nomina si dovrebbe sbloccare la grave crisi politica, economico e finanziaria che da anni attanaglia il Paese dei Cedri.

(Foto ANSA/SIR)

Dopo quasi due anni il Libano ha un nuovo presidente della Repubblica: si tratta del generale Joseph Aoun, comandante dell’esercito libanese. Secondo l’ordinamento libanese la carica spetta a un cattolico maronita. Aoun, che domani compirà 61 anni, è stato eletto dopo la seconda seduta parlamentare, quando era sufficiente una maggioranza semplice di 65 voti (su 128). Nella prima seduta Aoun aveva ottenuto 71 preferenze senza raggiungere la soglia richiesta di 86 voti (maggioranza qualificata di due terzi). Al secondo scrutinio i voti sono stati 99, ben oltre i 65 richiesti, sufficienti a garantire l’elezione. Il parlamento libanese, diviso a metà tra musulmani e cristiani dopo gli accordi di Ta’if del 22 ottobre del 1989, ha trovato un accordo sulla figura del generale ricomponendo i dissensi al suo interno che di fatto avevano bloccato questa importante nomina: da un lato il gruppo politico di Hezbollah e dei suoi alleati filoiraniani e dall’altro i partiti cristiani e anche musulmani ostili al partito di Dio. Quest’ultimo uscito molto indebolito dalla guerra contro Israele. A favorire questa elezione, oltre alla pressione internazionale, anche il ritiro dalla corsa presidenziale del candidato proposto da Hezbollah, Suleiman Frangieh. Aoun, sostenuto anche dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita, tra i principali finanziatori del Libano, è il quinto capo delle Forze armate eletto presidente. Il generale ha dalla sua un curriculum di tutto rispetto, vantando, come vari analisti riferiscono, una solida immagine e ottimi risultati conseguiti in veste di capo dell’esercito libanese, carica che ricopre dal 2017.

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(Foto ANSA/SIR)

Rinasca il dialogo. Con Aoun si dovrebbe sbloccare la crisi politica del Paese. Tra le prerogative del presidente della Repubblica c’è, infatti, anche quella di nominare un primo ministro, oggi carica ad interim, per dare, così, vita ad un nuovo governo che, tutti nel Paese, si augurano stabile e autorevole. Ma non sarà facile perché il sistema politico libanese è su base settaria e prevede la distribuzione delle cariche più importanti ad esponenti delle principali confessioni religiose: il presidente deve sempre essere un cattolico maronita; il premier un sunnita e il presidente del parlamento, uno sciita. Per completare il quadro, le cariche del vicepresidente del Parlamento e del vice Premier vanno ai cristiani greco-ortodossi. La speranza è che rinasca il dialogo tra le varie parti e si dia il via a quelle riforme chieste dalla comunità internazionale necessarie per uscire dalla grave crisi economica e finanziaria in cui versa il Libano. A dare una spinta al nuovo presidente è il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il Libano, Jeanine Hennis-Plasschaert: “Occorre nominare un premier e formare un governo senza rinvii. Ora è il momento per ogni responsabile delle decisioni di porre gli interessi del Libano al di sopra di ogni considerazione personale o politica”. Parole che trovano una pronta risposta nelle prime dichiarazioni di Aoun riportate dal giornale libanese L’Orient Le Jour: “Lancerò rapidamente le mie consultazioni per la formazione di un governo. Con Parlamento e governo raddrizzeremo l’amministrazione per ridare prestigio allo Stato e mettere in piedi un’amministrazione moderna ed efficiente”.

(Foto L’Osservatore Romano (www.photo.va) / SIR)

Appello dei vescovi maroniti. Ancora ieri, i vescovi maroniti riuniti in assemblea nella loro sede di Bkerke, sotto la presidenza del patriarca card. Bechara Boutros Rai, avevano invocato “un risveglio parlamentare nazionale” per permettere l’elezione di un Presidente della Repubblica, capace di “riunire i suoi figli e le sue figlie nel quadro dell’unità nazionale, della solidarietà e del percorso di riforme, per ridare al Libano il suo ruolo di guida nella Regione”. Al tempo stesso avevano ribadito la necessità di “guidare il Libano verso una neutralità attiva capace di tenere il Paese fuori dai conflitti”. Da anni, il patriarca maronita sostiene che

“la neutralità è la garanzia dell’unità del Paese e della sua collocazione storica, soprattutto in questo periodo di cambiamenti geografici e costituzionali. Un Libano neutrale, può contribuire alla stabilità della regione, difendere i diritti dei popoli arabi e la pace, e ad instaurare ‘relazioni giuste e sicure’ tra i Paesi del Medio Oriente e l’Europa, grazie al suo posto sulla riva del Mediterraneo”.

A beneficiarne non sarebbe solo l’unità, la sicurezza e la stabilità del Libano ma anche la sua economia. Sul fronte economico, secondo i vescovi maroniti, “a trarne beneficio sarebbero i settori finanziari, medici e turistici, ma anche il comparto della scuola e della formazione”.





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