Dopo oltre mille giorni dall’inizio del conflitto scatenato dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, le ostilità non sembrano essere cessate. Il ritorno della guerra nel vicinato europeo ha profondamente trasformato l’architettura securitaria del continente mettendo in discussione la sua stabilità e la sicurezza. È stato quindi necessario adottare una risposta tempestiva che ha portato l’Unione Europea a esprimere totale solidarietà politica e pieno sostegno alla popolazione dell’Ucraina condannando con fermezza la brutale guerra di aggressione perpetrata dalla Russia. Tale condanna si è concretizzata in una linea rigida, chiara e unitaria che ha portato all’adozione di una serie di sanzioni economiche contro Mosca.
Con l’avvicinarsi del terzo inverno di ostilità, il Consiglio europeo ha ribadito la sua posizione contro la Russia evidenziando la chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite. Ancora una volta viene riconfermato il sostegno alla sovranità, all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Ucraina attraverso misure di carattere politico, umanitario e militare per tutto il tempo e l’intensità necessaria. I successivi paragrafi analizzano nello specifico quali strumenti sono stati adottati dall’Unione Europea per cercare di garantire il sostegno militare all’Ucraina considerando anche come l’esistenza di alcuni limiti strutturali e decisionali ostacolano l’azione europea in questo ambito.
Il sostegno militare dell’Unione Europea all’Ucraina
Sin dall’inizio del conflitto su vasta scala in Ucraina, gli stati membri dell’Unione Europea hanno incrementato il sostegno militare a favore delle forze armate ucraine per rafforzare le capacità di resilienza e proteggere la popolazione civile. Si stima che tra il 2022 e il 2024 l’Unione Europea ha stanziato 43,5 miliardi di euro: 37,4 miliardi sotto forma di contributi bilaterali degli stati membri e 6,1 miliardi tramite l’European Peace Facility (EPF) per sostenere il settore militare e della difesa di Kyiv. Con una dotazione di oltre 17 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, l’EPF finanzia azioni nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) con l’obiettivo di consolidare la capacità europea di preservare la pace e rafforzare la sicurezza e la stabilità internazionale. Attraverso questo strumento l’UE ha fornito materiali militari e un supporto infrastrutturale e tecnico. È previsto inoltre l’invio di forniture e attrezzature militari, carburante, munizioni e missili. L’EPF è costituito da due pilastri di finanziamento per facilitare le procedure decisionali: il primo destinato alle operazioni nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e il secondo indirizzato alle misure di assistenza per incrementare le capacità militari e di difesa in funzione del sostegno alla pace. Nel presente anno, l’Unione Europea ha incrementato il finanziamento di questo strumento di cinque miliardi di euro, per un totale che ammonta a 11,1 miliardi di euro, attraverso l’istituzione di un apposito Fondo europeo di assistenza per l’Ucraina.
Il 15 novembre 2022 l’Unione Europea ha adottato un’ulteriore missione di assistenza e sostegno, l’EUMAM Ucraina, che si pone come obiettivo principale il rafforzamento delle capacità militari attraverso la fornitura di equipaggiamenti e una costante formazione delle truppe. Questo strumento è fondamentale per garantire il sostegno militare a Kyiv e assicurare maggiore resilienza delle forze armate, la salvaguardia dell’integrità territoriale e la protezione della popolazione civile in seguito all’aggressione militare da parte della Russia. Con una dotazione in bilancio di 409 milioni di euro, il Consiglio ha preso la decisione di prorogare il mandato di questa missione per altri due anni (14 novembre 2024 – 15 novembre 2026). Questa operazione rappresenta una risposta diretta alla richiesta di sostegno da parte dell’Ucraina e mira a fornire formazione individuale, collettiva e specializzata alle forze armate dispiegate sul terreno di scontro. Sono state individuate come aree di intervento: l’assistenza medica, la difesa chimica, biologica, radiologica e nucleare (CBRN), la logistica e le comunicazioni, la manutenzione e la riparazione delle infrastrutture. A livello operativo vengono incluse attività di addestramento, pianificazione e conduzione di esercitazioni con fuoco vivo che si svolgono presso il Comando Multinazionale di Addestramento Combinato (CAT-C) con sede in Polonia.
Fino a questo momento l’EUMAM, finanziata nel quadro dello strumento europeo per la pace (EPF), ha completato la formazione di 64 mila soldati, equivalenti a dieci brigate. È prevista la formazione di altre 15 mila unità entro la fine di questo inverno. Gli obiettivi futuri della missione saranno costantemente aggiornati in termini di risorse e competenze in relazione all’evoluzione del conflitto.
In marzo del 2023 il Consiglio ha adottato una strategia per promuovere l’acquisizione congiunta di munizioni e missili per l’Ucraina per far fronte alla grave carenza emersa soprattutto nelle prime fasi del conflitto durante il primo anno di guerra. Attraverso il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (ASAP) sono stati stanziati 500 milioni di euro per incrementare le capacità di fabbricazione e di produzione di munizioni terra-terra, munizioni di artiglieria e missili.
Limiti all’azione: criticità esistenti nella difesa europea
L’invasione russa ha fatto emergere i limiti della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) evidenziando ancora una volta le debolezze strutturali dell’Unione Europea in qualità di attore nella difesa. Uno dei principali ostacoli è la mancanza di adeguati meccanismi di coordinamento tra le politiche di difesa nazionali degli Stati membri che implica una perdurante centralità della NATO nella difesa del territorio europeo. L’assenza di una visione unitaria e la definizione di una nuova architettura di sicurezza europea complica ulteriormente il quadro di riferimento. L’azione dell’UE diventa ancora più difficile e vulnerabile nel momento in cui si trova ad affrontare conflitti su larga scala, ad alta intensità e per un periodo di tempo prolungato. Sebbene siano state adottate diverse misure per far fronte a questa situazione di crisi, manca una politica estera forte finalizzata all’adozione di una risposta unitaria, autonoma e indipendente per diverse ragioni.
In primis, il sistema istituzionale dell’UE presenta un processo decisionale lungo e complesso che richiede il raggiungimento dell’unanimità per questioni relazionate al settore della difesa, su cui grava in aggiunta un certo grado di protezionismo industriale e forti divergenze politiche. Di fronte ad un’apparente unità di intenti, si celano differenti sensibilità da parte degli stati europei sulla condivisione di una strategia di medio-lungo periodo verso la Russia e nella definizione di una nuova architettura securitaria nel continente. La difficoltà di raggiungere un allineamento politico in vista della condivisione di interessi comunitari rende ancora più tortuosa la strada per raggiungimento di una politica estera comune nel settore della difesa.
Un ulteriore elemento di instabilità riguarda l’accentuata frammentazione industriale che comporta forti ricadute sul mercato europeo della difesa. L’Unione Europea accusa di una grave dispersione di risorse nella ricerca e nello sviluppo nel campo della difesa a causa dell’esistenza di una struttura militare diversificata. Rispetto agli Stati Uniti, l’UE dispone di una varietà di sistemi d’arma significativamente superiore senza raggiungere però lo stesso livello di efficienza e capacità operativa. Questo si traduce in un netto svantaggio competitivo e tecnologico rispetto alle altre grandi potenze. A causa dell’esistenza di differenti sistemi d’arma, ministeri della difesa e basi militari nei vari paesi europei, si registra una spesa inefficiente che non consente di applicare la logica che deriva dalle economie di scala. L’Europa è quindi caratterizzata dalla duplicazione delle forze armate derivanti da capacità industriali molto spesso fondate su mercati nazionali relativamente ristretti.
Secondo gli ultimi dati, nel 2024 la spesa totale europea destinata alla difesa si aggira attorno all’1,9% del PIL, pari a 326 miliardi di euro. Questa percentuale non raggiunge comunque l’obiettivo stabilito in sede NATO nel 2014 che poneva l’asticella al 2%. Ancora oggi, non tutti i paesi membri dell’UE sono in grado di raggiungere questa soglia soprattutto a causa di un limitato bilancio nazionale destinato al settore della difesa. Come emerso nel conflitto ucraino, la frammentazione della difesa europea comporta ulteriori problemi a causa della mancanza di standardizzazione e di interoperabilità degli armamenti, sottolineando con chiarezza la capacità e la superiorità della NATO nel portare a termine compiti vitali in funzione di difesa collettiva e deterrenza.
A complicare ulteriormente il quadro di riferimento si aggiungono una serie di ostacoli normativi come, per esempio, l’articolo 296 del Trattato sulla Comunità Economia (attuale articolo 346 TFUE) che limita il trasferimento di beni militari tra i paesi comunitari privilegiando la tutela degli interessi nazionali in materia di sicurezza a scapito della cooperazione. Questo articolo non rappresenta l’unica eccezione nell’ambito comunitario in quanto è necessario considerare anche gli articoli 30, 39, 46 e 297 del Trattato CEE (articoli 36, 45, 52, 347 TFUE) poiché riconoscono il carattere peculiare della sicurezza nazionale prevedendo ulteriori clausole di esclusione che intralciano la creazione di un mercato comune della difesa.
Considerando tutti questi fattori e osservando da vicino la guerra in Ucraina risulta evidente la difficoltà della base industriale e tecnologica europea nell’affrontare le conseguenze di un conflitto di tale portata nel continente.
Verso una strategia europea per il futuro?
La guerra in Ucraina ha rafforzato la consapevolezza della necessità di un’Europa più autonoma, capace e pronta a rispondere alle crisi. Tra le numerose lezioni imparate in questo scenario, risulta di primaria importanza stimolare la competitività dell’industria europea per incrementare le sue capacità nel campo della sicurezza e della difesa. Sono state individuate delle linee guida per cercare di conseguire maggiore autonomia strategica al fine di rilanciare quel ruolo geopolitico che l’UE ha spesso ambito ma non ancora completamente realizzato. Il conflitto ha sottolineato, inoltre, in maniera inequivocabile l’eccessiva dipendenza dell’Europa dall’esterno. Nel lungo termine, l’UE ha accusato di gravi carenze: la scarsità di scorte di mezzi militari a disposizione e di sistemi d’arma pronti all’uso non hanno permesso di fornire le risorse necessarie per far fronte alle varie esigenze emerse nel corso del conflitto.
Perciò, il raggiungimento di una reale dimensione di difesa per l’Unione Europea richiederà un lungo percorso volto alla realizzazione di una politica intesa concretamente in senso comune. Il conflitto ha sottolineato l’esigenza di incrementare estera la difesa europea a livello di capacità operative e di snellire i processi decisionali e le strutture organizzative. Lo sviluppo di questi punti deve avvenire all’interno di due direttrici complementari che vedono l’UE impegnata sia all’interno della NATO sia come attore autonomo e capace nel campo della sicurezza internazionale. Si tratta di questioni strategiche cruciali e determinanti per affermare la sua posizione come attore globale nell’ambito della difesa. Infatti, nonostante l’adozione di nuovi strumenti e strategie, come dimostrato durante questi anni di guerra, gli sforzi per promuovere una base industriale e tecnologica della difesa europea sono ancora limitati e non consentono il consolidamento di una politica estera europea.
Considerando la costante evoluzione dell’attuale scenario geopolitico internazionale, caratterizzato da una visione sempre più multipolare e da minacce crescenti, la difesa riveste più che mai un ruolo fondamentale nella protezione degli interessi europei.
Considerazioni finali
Il conflitto in Ucraina ha fatto emergere due realtà contrastanti che riguardano da vicino l’Unione Europea quando si trova a gestire situazioni di crisi. Da un lato, l’UE si pone sempre in prima linea nel cercare di fornire il supporto e l’assistenza necessaria attivando diversi strumenti ed iniziative per far fronte alle necessità imminenti. Questa intraprendenza fa trapelare una forte volontà di azione e partecipazione in diversi scenari complessi a livello globale. Dall’altro lato, sono presenti una serie di vincoli strutturali che limitano l’affermazione di una politica estera unitaria e autonoma ostacolando la proiezione dell’Unione Europea come vero e proprio attore nella difesa.
Tuttavia, stiamo assistendo a una serie di cambiamenti finalizzati al superamento o quanto meno al contenimento dell’impasse decisionale nell’attuale architettura istituzionale. Quest’anno sono state adottate alcune decisioni che rappresentano un primo punto di svolta, per esempio, per la prima volta in assoluto, la Commissione europea ha nominato la figura di commissario UE per la difesa insieme all’istituzione di un Consiglio di sicurezza dell’UE. Questa presa di posizione insieme all’elaborazione della prima strategia industriale europea per la difesa (EDIS) evidenziano la volontà di cambiare rotta per adattarsi e reagire davanti all’insorgere di nuove sfide e minacce attraverso maggiore integrazione e cooperazione.
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